Per Leonardo da Vinci, come ricordato dal professor Paolucci, la pittura non era un fine, ma piuttosto un mezzo, uno strumento per decifrare il grande libro della natura, per leggere quell’intricato e affascinante mondo.
ADORAZIONE DEI MAGI DI LEONARDO: OLIO SU TAVOLA
Leonardo da Vinci dipinse poche opere nella sua vita, ma tutte uniche. Una di queste è l’Adorazione dei Magi che, pur mai completata, è ugualmente e meravigliosamente leonardesca. La storia di questo dipinto inizia nel 1481. Leonardo non ha ancora trent’anni ma ha già alle spalle diverse straordinarie opere.
Fra questi L’Annunciazione del 1472, La madonna del Garofano del 1473, La Madonna Benois, cominciata nel 1478 e conclusa quattro anni dopo, il San Girolamo penitente, e principalmente il Ritratto di Ginevra de’ Benci. Dipinta a cavallo fra gli anni 1475 e 1478, questa tavola, conservata alla National Gallery of Art di Washington, fu commissionata a Leonardo dal padre della ragazza, il ricco banchiere Amerigo de’ Benci.
La bellezza dell’opera è indubbia e, nonostante le decurtazioni successive, mostra, come sottolineato dallo storico dell’arte Antonio Natali, “il confronto con la pittura fiamminga, in particolare nel colorismo analitico, e la specifica resa leonardesca del paesaggio secondo le regole della prospettiva”. Quel paesaggio che sarà uno dei tratti peculiari del genio toscano. Giorgio Vasari a proposito di questo ritratto, lo definì “una cosa bellissima”.
Tre anni dopo aver terminato il Ritratto di Ginevra de’ Benci, Leonardo ricevette una nuova committenza. I monaci agostiniani di San Donato a Scopeto, monastero fiorentino quasi completamente distrutto nel 1529, durante l’assedio di Firenze condotto dalle forze imperiali di Carlo V, chiesero a Leonardo di realizzare una pala da collocare sull’altare maggiore, raffigurante il tema dell’adorazione dei magi.
Leonardo si impegnò a completare il dipinto in trenta mesi, in modo che i canonici potessero esporlo in occasione dell’Epifania. Si trattava di una proposta allettante, visto che in quella chiesa fiorentina avevano già operato pittori importanti come Neri di Bicci e soprattutto Sandro Botticelli.
Leonardo si mise subito al lavoro. Realizzò prima alcuni disegni preparatori e poi cominciò l’opera vera e propria. Nel 1482 Leonardo lasciò Firenze per Milano, dove avrebbe lavorato alla corte di Ludovico il Moro, una proposta che l’artista non poteva certo rifiutare. La tavola così rimase incompiuta, proprio come in precedenza era accaduto per il San Girolamo Penitente, oggi conservato alla Pinacoteca Vaticana.
L’Adorazione dei Magi è uno splendido non finito. Si tratta di un disegno perfetto, a cui manca solo la pittura, quel prezioso strato di colore, che avrebbe armoniosamente completato il tutto. Leonardo realizzò tutte le figure che componevano la scena, perfettamente delineate, minuziosamente descritte, così come il paesaggio retrostante. Tutto costruito con un suggestivo monocromo fatto di ocra e di nero, che già permetteva di esaltare il gioco di luci e ombre, altra cifra artistica di Leonardo.
ADORAZIONE DEI MAGI: IL DISEGNO DEL GENIO
A sinistra l’Adorazione dei Magi. A destra l’autoritratto di Leonardo da Vinci
Il tema dell’adorazione dei Magi è uno dei più ricorrenti nella storia dell’arte, basti pensare a Giotto, a Gentile da Fabriano e specialmente a Sandro Botticelli che, pochi anni prima, aveva terminato una splendida tavola su commissione di Gaspare Zanobi del Lama per la sua cappella funebre in Santa Maria Novella e oggi conservata agli Uffizi.
Protagonisti sono quei Magi di cui, in modo scarno in verità, parla solo l’evangelista Matteo. Figure, invece, decisamente più tratteggiate dai vangeli apocrifi e dalla tradizione cristiana, con tanto di nomi e indicazione dei doni recati dai tre al piccolo Gesù.
Leonardo decise di raffigurali in modo semplice, spogliandoli di tutti quegli orpelli tradizionalmente associati ai Magi, al contrario di Benozzo Gozzoli che nell’affresco nella Cappella dei Magi in Palazzo Medici li mise al centro di un lungo e trionfale corteo, ostentazione di ricchezza e potere.
Leonardo, al contrario, li raffigura come tre vecchi che inginocchiati tributano a Maria e al suo neonato figlio i loro onori. Pur nel suo stato germinale, l’Adorazione dei Magi riflette tutto il genio di Leonardo.
Ancora Antonio Natali: “le figure sono intensamente caratterizzate nei volti e nei gesti e, grazie ai sottili passaggi chiaroscurali, si annulla ogni netta demarcazione tra i personaggi e lo spazio circostante”. Un’opera che nella sua incompletezza è tuttavia di una bellezza unica. Se lo spettatore si pone davanti a questa tavola, oggi esposta agli Uffizi, e rimane per qualche istante in rigorosa contemplazione, avverte probabilmente la sensazione, come sottolineato dallo storico dell’arte Antonio Paolucci, “di una grande scarica elettrica che attraversa questo dipinto da un capo all’altro, tale è innervato di forza vitale”.
La scena è dominata dalle figure dei tre magi prostrati ai piedi della Madonna e da quel Bambino Gesù, raffigurato da Leonardo nell’atto di allungare la manina per afferrare il dono che offre uno dei re Magi. Tutti intorno un gorgo di presenze umane che incornicia la scena principale senza, tuttavia, offuscarla. Sono figure che pur ammirate e incuriosite, rimangono a debita distanza, per rispetto, per umana devozione.
Dietro a questa messe di personaggi si stagliano edifici in rovina ma anche in fase di ricostruzione, simboli del vecchio mondo pagano e di quello nuovo cristiano, sorto insieme alla nascita di Gesù. E poi cavalli imbizzarriti e scene di vigorosi combattimenti, che preannunciano quelli ancor più intensi che Leonardo realizzò nel 1503 nella celebre Battaglia di Anghiari, opera, purtroppo, andata completamente distrutta.
Impossibile non notare sulla parte sinistra della tavola la figura di un uomo pensoso, forse il profeta Isaia, colui che più di ogni altro preannunciò la futura nascita del Messia e di quel tempo di definitiva pace in cui “il lupo dimorerà insieme con l’agnello, la pantera si sdraierà accanto al capretto; il vitello e il leoncello pascoleranno insieme e un fanciullo li guiderà. La vacca e l’orsa pascoleranno insieme; si sdraieranno insieme i loro piccoli. Il leone si ciberà di paglia, come il bue. Il lattante si trastullerà sulla buca dell’aspide; il bambino metterà la mano nel covo di serpenti velenosi” (Is 11,6-8). Passo che San Tommaso aveva legato a quello di San Paolo che, nella lettera dei Galati, affermava: “Non c’è più giudeo né greco; non c’è più schiavo né libero; non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù” (Gal 3,26-28).
L’Adorazione dei Magi è un dipinto fortemente intriso di sapienza biblica, la conferma di quanto Leonardo studiasse, non solo l’aspetto iconografico delle sue opere, ma anche quello teologico. In Leonardo, come in altri pittori, d’altra parte, nulla è mai lasciato al caso.
Quindici anni dopo l’incarico a Leonardo i monaci agostiniani di San Donato, volendo comunque avere la loro pala, si rivolsero al pratese Filippino Lippi, già artista affermato. Filippino Lippi realizzò una tela, anch’essa conservata agli Uffizi, che in qualche modo riprendeva alcuni temi leonardeschi, senza, però, quel carico emozionale e quelle vibrazioni caratterizzanti l’incompiuto di Leonardo.
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