Nel cuore di Milano, nella trafficata Corso Magenta, sorge la chiesa di San Maurizio. Da fuori la sua anonima facciata rinascimentale, in pietra grigia di Ornavasso, non fa minimamente supporre che all’interno possa schiudersi un vero e proprio scrigno pittorico.
SAN MAURIZIO A MILANO: LA CAPPELLA SISTINA LOMBARDA
San Maurizio, l’interno della Chiesa
In San Maurizio si può entrare per caso, ma di certo se ne esce estasiati, tale è la bellezza e la ricchezza delle decorazioni al suo interno. Definita, non a torto, la Cappella Sistina lombarda, la chiesa, dedicata a San Maurizio Martire, fu costruita a partire dal 1503 da due importanti architetti dell’epoca: il Dolcebuono e l’Amadeo, anche attivi nel cantiere del Duomo, in Santa Maria delle Grazie, nonché nella Certosa di Pavia.
Le diverse agiografie riferiscono che Maurizio nacque a Tebe, in Egitto, intorno al 250 d.C. Poco si sa della giovinezza, qualcosa di più, invece, sulla scelta di abbracciare la carriera militare.
In poco tempo il suo coraggio e la sua dedizione lo portarono a scalare i vertici nell’esercito romano, fino a ottenere il prestigioso comando della Legione Tebana, nota in tutto l’impero non solo per il valore ma anche per essere composta da tutti cristiani, a partire dal suo valente generale. Proprio la fede religiosa fu il motivo del martirio di Maurizio e di moltissimi dei suoi commilitoni.
Ad Agaunum in Raetia (l’attuale Saint Maurice en Valais in Svizzera) nel 287 d.C. il generale, alla testa della sua legione, fu ucciso per volere dell’imperatore Massimiano per non aver eseguito l’ordine di uccidere dei cristiani. Scrisse Maurizio:
«Imperatore, noi siamo soldati, ma nello stesso tempo ci gloriamo di confessarlo altamente, siamo servi di Dio (…). Non ridurci ad offenderlo e ci troverai sempre pronti a seguire i tuoi ordini. Al contrario, sappi che ubbidiremo a Lui piuttosto che a te».
La lettera che Maurizio indirizzò a Massimiano fu inutile. L’imperatore, inferocito per quel rifiuto, fece sterminare buona parte della Legione, a partire dal suo coraggioso comandante.
Nel 1580 il pittore spagnolo El Greco rappresentò quell’inopinato massacro in uno splendido olio, oggi conservato nel Monastero de El Escorial a Madrid.
L’INTERNO DELLA CHIESA DI SAN MAURIZIO
Ma torniamo alla chiesa milanese. Sorta sulle rovine di un precedente edificio religioso, San Maurizio fu annessa al monastero delle benedettine, uno dei più ricchi e vasti di tutta la città, demolito nel 1798 per decreto della neocostituita Repubblica Cisalpina.
Dopo aver salito i pochi gradini della chiesa a aver varcato l’ingresso, ecco che lo stupore assume i contorni della meraviglia. L’interno della chiesa di San Maurizio si presenta a unica navata, bipartita in due spazi da un tramezzo che divide la struttura in due aule aventi differenti funzioni. La prima era destinata alla devozione pubblica, la seconda, invece, a quella privata delle monache.
Non c’è un lembo di questo spazio interno, in ossequio al principio dell’horror vacui, che non sia stupendamente affrescato. Lo sguardo dell’attonito turista, ignaro di un simile capolavoro, corre lesto, scorgendo frammenti di un’infinita bellezza che, in tempi passati, estasiarono visitatori del calibro di Ruskin e Stendhal.
La superficie, oltre quattromila metri quadrati, conserva uno dei più importanti cicli di affreschi del Cinquecento lombardo, in gran parte realizzati da alcuni protagonisti di quel proficuo periodo, quali Bernardino Luini, i figli Aurelio, Evangelista e Giovan Pietro ma anche pittori quali Paolo Lomazzo, Ottavio Semino, Callisto Piazza, Antonio Campi e Simone Peterzano, che nella sua bottega tenne un giovanissimo Caravaggio.
Gli affreschi, restaurati a partire dal 1985, furono finanziati dalla ricca e potente famiglia dei Bentivoglio, originaria di Bologna ma che in seguito legò il proprio nome alla ricca e potente città di Milano.
GLI STRAORDINARI AFFRESCHI DI SAN MAURIZIO
Aurelio Luini,”Storie dell’arca di Noè”
Descrivere tutti gli affreschi presenti nella navata è impresa davvero improba. Impossibile non apprezzare l’affresco di Bernardino Luini raffigurante il martirio di San Maurizio posto sul tramezzo, ma anche quello che descrive l’Arca di Noè che, oltre alla bellezza stilistica, presenta una curiosa particolarità. Fra le coppie di giraffe, elefanti, istrici, svariate specie di uccelli e moltissimi altri animali, si notano anche due candidi ed eleganti unicorni.
Bellissimo è anche il cielo stellato posto sotto il coro. Fra le numerose figure di santi e sante (i volti di queste ultime probabilmente riproducono i visi di alcune monache del convento), compaiono anche i committenti stessi della chiesa: Alessandro Bentivoglio e sua moglie Ippolita Sforza, dipinti in sfarzosi vesti e con fattezze giovanili, nonostante all’epoca avessero già superato i sessant’anni.
Imperdibili sono gli affreschi della cappella Besozzi, opera di Bernardino Luini e di alcuni suoi allievi, che raffigurano la decapitazione di Santa Caterina da Siena. In realtà, stando al racconto del vescovo Matteo Badello, il volto della santa altro non sarebbe che quello della bellissima Bianca Maria Gaspardone, meglio nota come contessa di Challant. La donna, figlia del ricco mercante Giacomo Gaspardone, rimasta vedova dal primo marito, Ermes Visconti di Somma, andò in seconde nozze in sposa al conte Renato di Challant. Un matrimonio decisamente infelice, solo in parte mitigato da alcune relazioni extraconiugali, intessute durante le ripetute assenze del marito. Una di queste, però, costò cara alla donna, accusata di aver commissionato l’uccisione di uno dei suoi amanti: Ardizzino Valperga, conte di Masino. Per questo motivo il 20 ottobre 1526, al pari di Santa Caterina, venne decapitata sul rivellino del Castello Sforzesco.
La tragica fine della nobildonna ispirò numerosi scrittori, fra cui il noto librettista di Puccini, Giuseppe Giacosa. Questi scrisse La signora di Challant, dramma in cinque atti che, in occasione della prima rappresentazione il 14 ottobre del 1891 al Teatro Carignano di Torino, vide la grande Eleonora Duse nei panni della sventurata fedifraga.
“Il ritorno del figliol prodigo” di S. Peterzano, “Sant’Agata”di B. Luini, la “Deposizione di Cristo dalla croce” di A. e G.P. Luini, l’organo della chiesa di San Maurizio
Non solo opere del Luini nello scrigno di San Maurizio. Degni di nota sono anche gli affreschi del Peterzano, posteriori a quelli del Luini, che il maestro di Caravaggio realizzò fra il 1572 e il 1573. Fra questi Il ritorno del figliol prodigo, Mosè che spezza le tavole della legge, Gesù che scaccia e La Benedizione di Giacobbe.
Nella monumentalità di certe figure, nonché nella raffinatezza dei diversi paesaggi dipinti, alcuni critici hanno visto l’influenza di Raffaello e di Leonardo da Vinci.
Oltre agli affreschi a impreziosire la chiesa milanese c’è anche un magnifico organo, opera di Gian Giacomo Antegnati. Collocato al centro del coro delle monache, il cinquecentesco strumento a trasmissione meccanica, colpisce, oltre che per sua imponenza anche per le due ante laterali del pittore di Francesco de’ Medici da Seregno.
CHIESA DI SAN MAURIZIO, ORARI DI APERTURA
La chiesa di San Maurizio è visitabile dal martedì alla domenica, con ingresso gratuito, dalle 9.00 alle 19.30.
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