Difficile definire in poche battute Anna Magnani, ancor più complicato delinearne il carattere ed il temperamento con rapide pennellate. È stata l’attrice che ha segnato un passaggio nell’Italia della guerra e del dopoguerra, un temperamento sanguigno, impetuoso, estremo che è passato attraverso i fotogrammi delle pellicole di una società inquieta. C’è l’Anna dispotica, capricciosa, dagli occhi profondi e ardenti, la donna bisognosa di protezione, l’amante appassionata, c’è l’Anna dal profilo deciso che interpreta il popolo, la povertà, la voglia di riscatto, l’Anna fiera, amante degli animali, quella innamorata, delusa, ferita e poi c’è lei: l’Anna Magnani che tira il carretto su una strada lungo gli archi dell’acquedotto, Anna che è Mamma Roma nella periferia sud della città, Anna che dice a Pasolini che in quell’ultima scena la parrucca non la vuole proprio mettere, che in quelle battute drammatiche finali in cui le viene rivelato che il figlio Ettore è morto lei vuole recitare con la sua faccia, con i suoi capelli, senza nulla di più. Insomma vuole essere se stessa.
ANNA MAGNANI: AMORI E CARRIERA DI UNA DIVA FRAGILE
Nata a Roma nel marzo del 1908, Anna Magnani cresce in una famiglia piena di donne dove però manca, e continuerà a mancare per tutta la sua vita, la presenza femminile più importante: quella della madre che la affida alla nonna quando è ancora molto piccola. Anna è il frutto di una relazione passeggera tra una donna bella e nubile ed un uomo di origini calabresi che non conoscerà mai. «Ho capito che ero nata attrice. Avevo solo deciso di diventarlo nella culla, tra una lacrima di troppo e una carezza di meno. Per tutta la vita ho urlato con tutta me stessa per questa lacrima, ho implorato questa carezza», la voglia di riscatto e la ricerca di attenzioni si tracciano nella mente di una bambina che vuole essere amata e vezzeggiata. Frequenta il liceo, impara a suonare il pianoforte e poi nel 1927 si iscrive alla scuola di arte drammatica Eleonora Duse diretta da Silvio D’Amico.
Anna Magnani comincia a muovere i suoi primi passi sul palcoscenico, recitando anche nel teatro di rivista. Il cinema arriva negli anni Trenta con alcune interpretazioni di carattere minore. «Ho scelto questo mestiere perché volevo essere amata, per ricevere quell’amore sempre mendicato», un amore che nella sua vita privata si rivela tumultuoso e difficile. Litigi, scenate, schiaffi riempiono la vita sentimentale di Anna Magnani che ama, si infuria, perdona e riama.
«L’amore è la pioggia, il vento, è il sole e la notte. L’amore è respiro e veleno. Certi giorni mi dico: Anna, stai attenta, questa è la cotta che ti ammazza. Perché, sì, di carattere sono eccessiva, smodata. Non mi so fermare, e ogni volta che amo mi impelago fino ai capelli. Che strazio, poi, uscirne vivi. Scappare». Così, dopo la fine del matrimonio con il regista Alessandrini, Anna Magnani inizia una relazione tormentata con l’attore Massimo Serato, l’uomo che le darà nel 1942 il suo unico figlio, Luca, e che la lascerà appena venuto a conoscenza della gravidanza.
ANNA MAGNANI, LE DELUSIONI SENTIMENTALI E LA FAMA MONDIALE
La vita privata e quella professionale si intrecciano nella biografia di Anna Magnani, attori e registi con cui lavora diventano figure importanti per lei che però non riesce ad avere una vita sentimentale stabile. La ripetizione del ruolo della donna abbandonata ritorna nel 1948 quando termina anche la storia d’amore con il regista che l’ha portata alla ribalta, Roberto Rossellini, che una mattina dice ad Anna di scendere con i cani e non torna più.
Sotto l’hotel Excelsior lo attende una macchina con direzione aeroporto. Il volo è diretto negli Stati Uniti e ad aspettare il regista ci sarà la bellissima attrice svedese Ingrid Bergman. Anna ha conosciuto Roberto qualche anno prima ed il regista l’ha immortalata nella scena celebre di Roma città aperta (1945), quella in bianco e nero che vede una Anna Magnani correre sconvolta mentre grida ‘Francesco’, alla vista dei Tedeschi che caricano su un camion il marito, scena che l’attrice prova e riprova più volte, sbucciandosi braccia e gambe pur di realizzare una ripresa realistica dell’evento.
Anna Magnani in una scena del film “Campo de’ fiori” di Mario Bonnard
Poi arrivano altri film come L’onorevole Angelina (1947), Bellissima di Luchino Visconti (1951), La rosa tatuata (1955) che le frutterà un premio Oscar. Anna Magnani racconta così, con il suo modo scanzonato quella telefonata alle 5.30 del mattino in cui le viene comunicata l’assegnazione del premio cinematografico. «Ho creduto che fosse uno scherzo e alla fine ho detto ‘Sentite lasciatemi dormire perché a quest’ora francamente gli scherzi non sono divertenti’». E la sua vita che continua negli Stati Uniti infilandosi in nuove storie d’amore con uomini più giovani: Gabriele Tinti e poi Anthony Franciosa, allora fidanzato.
Quindi il ritorno a Roma ed il rifiuto di interpretare il ruolo da protagonista ne La ciociara per stare accanto al figlio. Una donna diventata così famosa da lasciar correre via un’opportunità lavorativa così importante, così conosciuta in tutto il mondo da essere salutata dall’astronauta Juri Gagarin durante la sua impresa spaziale di completamento dell’orbita ellittica della Terra nel 1961. Nei suoi 88 minuti di volo intorno al nostro pianeta il russo saluta «la fraternità degli uomini, il mondo delle arti e Anna Magnani».
ANNA MAGNANI, L’INCONTRO CON PASOLINI
Poi Anna Magnani incontra Pasolini, un connubio difficile tra i due ma appassionante, anche se denso di polemiche. Dopo l’uscita del film lei invece lo accusa di averla usata per portare la pellicola al successo, il poeta risponde che lei è troppo borghese per interpretare una donna del ceto basso. È il 1962 e Anna è diventata Mamma Roma, la prostituta redenta che perde un figlio durante la sua detenzione in carcere.
Pasolini ritaglia addosso ad Anna Magnani il ruolo di una meretrice desiderosa di riscattarsi per amore del ragazzo, la sua espressione drammatica si adatta perfettamente al volto della popolana di borgata. Ma gli attriti, in fase di lavorazione della pellicola, si fanno sentire. I due posseggono differenti modi di concepire la realizzazione cinematografica. Pasolini lavora molto con il montaggio, fa inquadrature brevi, di pochissimi minuti ed interviene spesso mentre gli attori recitano, indicando loro cosa devono dire o fare. Anna Magnani, invece, è abituata a riprese più lunghe ed articolate, è attrice drammatica che sa già cosa fare e non un’interprete di strada.
Prima di girare si confrontano spesso sul modo in cui affrontare le riprese e l’attrice rimbecca il regista perché «tu funzioni con degli attori che prendi e plasmi come una materia grezza. Essi […] sono come dei robot nelle tue mani; ora, io non sono un robot» e ancora «cominciare dalla fine mi scombussola un pochino perché non so com’è, come deve essere l’inizio.Certo tu lo sai però, da attrice cosciente, vorrei saperlo anch’io».
Nonostante i dissapori, Pasolini si esprime con dolcezza quando parla di lei e descrivendo un episodio specifico: la conversazione avuta tra i due poco prima della ripresa della scena finale, quella in cui Mamma Roma esprime tutto il suo strazio ed il suo dolore per la perdita del figlio. Anna voleva recitare quella scena senza la consueta parrucca ed il regista ricorda «Voleva chiedermi solamente questo e l’ha fatto con un’aria talmente infantile, talmente sospesa, che mi ha commosso. Aveva capito perfettamente il mio desiderio di vederla ingenuamente così com’è – quasi senza trucco, con la sua faccia vera – nel momento più tragico e doloroso del film».
Quindi l’ultima apparizione nel film Roma (1972) di Federico Fellini, un cameo in cui Anna Magnani viene descritta dalla voce fuori campo del regista come il simbolo della città, una lupa vista come vestale, aristocratica e straccionesca. Lei apre il portone per rientrare a casa, si gira e risponde «A Federì, ma vedi d’annà a dormì».
Foto di copertina: Anna Magnani in Roma, città aperta (fotogramma) di Roberto Rossellini, Public domain, via Wikimedia Commons
Foto interna: Anna Magnani in una scena del film Campo de’ fiori di Mario Bonnard / Giuseppe La Torre, Public domain, via Wikimedia Commons
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