Se esiste un’ideale categoria di libri di viaggio e da viaggio, La Passione di Artemisia, vi appartiene di diritto. Non solo perché la protagonista fisicamente viaggia moltissimo, specie per l’epoca, da Roma a Londra passando per Firenze, Genova, Venezia e Napoli, ma perché, principalmente, fa viaggiare con la mente, forse il viaggio più bello da compiere. Scritto nel 2001 da Susan Vreeland, La Passione di Artemisia racconta, ricorrendo alle categorie letterarie del vero e del verosimile, tanto care al nostro Manzoni, la vita della pittrice Artemisia Gentileschi. Il libro si apre con la descrizione della pagina più drammatica della vita dell’artista romana: il processo per stupro compiuto ai suoi danni dal pittore Agostino Tassi.
VITA DI ARTEMISIA GENTILESCHI NEL LIBRO DI SUSAN VREELAND
A sinistra “Giuditta che uccide Oloferne”. A destra Artemisia Gentileschi
Una vicenda terribile che mise a dura prova la giovane Artemisia, costringendola a difficili e umilianti giornate processuali, nel corso delle quali dovette, da sola e senza neanche il supporto del padre, difendersi da una società maschilista, retrograda e bigotta come quella della Roma di inizio Seicento, che più che riconoscere le evidenti responsabilità dello stupratore, cercò di addossarle le principali colpe.
Un romanzo storico, dunque, in cui finzione e realtà si fondono perfettamente, offrendo un quadro d’insieme mai banale e noioso. Dimenticate, per carità, la verbosità di certi libri del genere. La Passione di Artemisia è incalzante fin dal suo stesso incipit portando il lettore ad immedesimarsi con la protagonista, vera e propria voce narrante, e a seguirla in quella sua travolgente voglia di dipingere, di emergere in un mondo esclusivamente dominato dagli uomini, pur non rinunciando ad essere fieramente donna e madre.
Susan Vreeland ci conduce senza bussare nella bottega della pittrice, ci fa annusare l’odore acre dei colori, ci svela le sue opere, dalla bianca tela su cui è dipinto soltanto un’impressione al capolavoro finale. Dalla Susanna e i Vecchioni a Cleopatra passando per le diverse versioni di Giuditta che uccide Oloferne, personaggio che forse più di tutti attrasse intimamente la pittrice e che rappresentò il più alto livello del suo talento artistico.
“Cleopatra” di Artemisia Gentileschi
Nel dipingere l’eroina biblica che sgozza il generale assiro, Artemisia Gentileschi scelse di concentrare l’attenzione non su Oloferne, come al contrario aveva fatto Caravaggio in un omonimo dipinto, ma soltanto su Giuditta, trasferendo probabilmente su di lei la sua stessa passione, il suo stesso coraggio di donna, la sua stessa voglia di riscatto e forse anche di vendetta per l’esito di un processo che non solo non le aveva restituito l’onore violato, ma che di fatto l’aveva marchiata per sempre.
Un libro che getta lo sguardo non solo sulle tante opere di Artemisia Gentileschi ma anche su quelle di molti altri straordinari artisti. Eccoci, allora, nel Battistero di Firenze al cospetto della statua lignea della Maddalena penitente di Donatello, che vediamo attraverso il pathos di Artemisia stessa, estasiata davanti a quel corpo emaciato e nudo ricoperto solo dalla folta chioma. Oppure nella Cappella Brancacci di Santa Maria del Carmine a Firenze davanti alla Cacciata dal paradiso del Masaccio, con la disperazione ed il terrore di Adamo ed Eva che scuotono la pittrice intenta ad osservare la parete: “Gli occhi di Eva erano delle ferite vuote, quasi chiusi e dalla bocca spalancata usciva un urlo di angoscia, che riecheggiava nei meandri del tempo e mi risuonava nell’anima.”
La Passione di Artemisia è un libro di arte e passione ma anche di vita, che si legge d’un fiato, che spinge a ricercare le opere descritte per poterle ammirare ancora meglio. Un libro in cui emerge con forza il coraggio di una donna che grazie solo al talento della sua arte cercò di andare oltre la violenza mentale e fisica, oltre l’ignominia, più in là dell’ingiustizia e della delusione per un padre che amava e che, per certi aspetti, venerava ma che non fu in grado di difenderla, tradendo la sua fiducia. Il racconto di una donna che divenne un simbolo delle lotte del mondo femminista ma che volle soltanto vivere di arte.
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