La basilica di Santa Sabina è un luogo religioso che si lega al culto delle prime comunità cristiane che si andavano formando a Roma, quando la nuova religione cominciava a diffondersi tra le classi colte dell’Impero. Nonostante l’atteggiamento di tolleranza dei Romani nei confronti degli altri culti, il cristianesimo iniziò ad essere avvertito sin da subito come una religione pericolosa perché sovvertiva le basi su cui si fondava la civiltà romana: l’osservanza delle tradizioni ed  il rispetto delle istituzioni e della struttura sociale. La religione rivelata da Gesù Cristo, infatti, non faceva distinzione tra gli uomini, offrendo anche ai diseredati la possibilità di un riscatto, ed i suoi adepti si rifiutavano di adempiere a quegli obblighi richiesti dai Romani come quelli di svolgere il servizio militare e di onorare come una divinità l’imperatore.

BASILICA DI SANTA SABINA, COSA VEDERE

Esterno della basilica di Santa Sabina a Roma

Esterno della basilica di Santa Sabina a Roma

Come spiega lo storico Mauro Pesce, rispetto alle altre fedi, “i cristiani avevano un un chiaro atteggiamento missionario e manifestavano apertamente la loro critica antidolatrica”(1). Proprio sul luogo dell’Aventino dove oggi è ubicata la basilica di Santa Sabina si trovava la domus della nobile Sabina, convertitasi al cristianesimo grazie all’intervento della sua ancella Serapia. Nella sua casa si svolgevano le riunioni segrete delle prime comunità cristiane e quando l’aristocratica romana venne scoperta si rifiutò di abiurare, finendo decapitata.

La notizia che qui sorgeva la casa della nobile Sabina ce la fornisce un’agiografia del IV secolo, una fonte non ritenuta attendibile, visto che il nome di Sabina non compariva nei martirologi cristiani. La stessa fonte, però, fornisce alcune notizie utili a chiarire come si svolgesse la vita dei primi cristiani nel II secolo d.C., informandoci che Sabina venne giustiziata sotto l’imperatore Adriano e che le sue spoglie furono seppellite all’interno di un titulus. Di cosa si tratta? Prima dell’editto di Milano (313 d.C.) che consentiva a tutti i Romani di seguire liberamente la propria religione e che poneva fine alle persecuzioni, i cristiani erano costretti a riunirsi clandestinamente all’interno di case private (le cosiddette domus ecclesiae) per nascondere il proprio credo. Dopo l’editto promulgato da Costantino, quelle stesse abitazioni private vennero trasformate in tituli, cioè parrocchie edificate sopra le domus dove finalmente era consentito professare il proprio culto senza più la necessità di nascondersi. Nei primi anni del V secolo, nel luogo indicato come titulus Sabinae, venne costruita la basilica paleocristiana di Santa Sabina che, di quella nobile dimora, conserva ancora la pavimentazione geometrica visibile da una grata posta all’ingresso ed una colonna di granito accorpata al muro della navata destra. Composta da tre navate suddivise da due file di dodici colonne corinzie appartenenti ad un tempio dedicato a Giunone, la basilica di Santa Sabina subì nei secoli profondi cambiamenti che modificarono l’aspetto medievale che possedeva un tempo. I rimaneggiamenti di Domenico Fontana nel ‘500 e di Francesco Borromini nel secolo seguente ne alterarono gli interni, lasciando un segno profondo su tutto l’impianto strutturale della basilica ma nei primi anni del ‘900 Antonio Muñoz rimise mano alla chiesa, rimuovendo quanto era stato aggiunto nei secoli precedenti e riportando la basilica alle forme originarie.

Il portale della Basilica di Santa Sabina a Roma

Il portale della Basilica di Santa Sabina a Roma

Il portale (V secolo d.C.), situato lungo il lato sud, è costituito da 18 delle 28 formelle lignee originali su cui sono scolpite scene tratte dal Nuovo e dal Vecchio Testamento, in una comparazione continua tra la figura di Mosè e quella di Cristo. In alto, nel primo riquadro a sinistra è raffigurata la Crocefissione, la prima rappresentazione del supplizio nell’arte cristiana. L’interno a tre navate ricalca l’impianto basilicale e sopra il portale si trova ciò che è rimasto di un mosaico con l’iscrizione a lettere d’oro attribuita a Paolino da Nola, che ricorda il nome del fondatore della basilica di Santa Sabina, Pietro d’Illiria, e del papa sotto il cui pontificato venne costruita, Celestino I. Nel pavimento sono presenti alcune tombe tra cui, nella navata centrale, quella a mosaico  del domenicano Munio da Zamora. La schola cantorum venne ricomposta dal Muñoz nel 1936 e conserva ancora alcune parti realizzate tra il V ed il IX secolo.

Proprio qui cominciò a predicare Domenico di Guzman, fondatore dell’ordine domenicano, la cui presenza è ricordata, in prossimità del portale, da una piccola colonna su cui è poggiata una pietra nera. Secondo la legenda il santo era solito appartarsi nei pressi di un sepolcro contenente alcuni resti di martiri per dedicarsi alla preghiera ed il diavolo, infastidito dalla sua presenza e dal suo zelo, scagliò contro di lui una pietra ovale di basalto nero. Nell’atrio della basilica, dove sono raccolti materiali di spoglio, si trova un’altra particolarità che si lega alla storia del santo. Dal foro ovale che si apre lungo il muro è possibile osservare l’arancio di San Domenico che, secondo la leggenda, sarebbe il primo esemplare della pianta di agrume, allora sconosciuto a Roma, e portato dal Portogallo dallo stesso fondatore dei Domenicani.

(1) Augias – Pesce, Inchiesta su Gesù, Mondadori, 2006



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