A pochi chilometri dalla meravigliosa Reggia di Caserta, adagiato sul pendio del monte Virgo, che domina una vasta vallata che scruta il mare, sorge un piccolo borgo, quello di Casertavecchia, vero e proprio nucleo storico della città di Caserta. Il nome di questo borgo, di origine longobarda, deriva dal latino Casam hirtam, letteralmente villaggio in altura, e proprio la posizione privilegiata, 401 metri sul livello del mare, fu il motivo essenziale della nascita del borgo.

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CASERTAVECCHIA: LE ORIGINI

Casertavecchia

Casertavecchia. Da sinistra il campanile, il duomo e uno scorcio del borgo


Nella seconda metà del 9° secolo dopo Cristo, dopo la distruzione della fiorente Capua ad opera dei saraceni, i pochi abitanti scampati alle distruzioni perpetrate dagli eserciti arabi, trovarono rifugio sulle colline circostanti, creando piccoli borghi fra cui quello di Casa Irta. Proprio in questo periodo iniziò la costruzione del castello per volontà di Pandone il Rapace, conte di Capua, anche se con finalità essenzialmente di natura difensiva. Sotto la dominazione normanna prima, e sveva poi, la struttura venne ampliata, assumendo carattere residenziale. Il castello, circondato di un ampio fossato, era perimetrato da diverse torri di avvistamento. Di queste, purtroppo, sopravvive soltanto quella principale, il cosiddetto Maschio. Alto 32 metri, con un diametro di 10, la struttura prevedeva spesse mura, oltre i quattro metri, capaci di resistere anche ai più violenti assalti.

A questa torre si accedeva attraverso due ponti levatoi, non più esistenti. All’interno del maschio sorgevano tre grandi ambienti sovrapposti alla sommità dei quali si trovava un grande terrazzo. Il castello fu abitato per molti secoli dalle diverse dominazioni che si susseguirono. Nel corso del Settecento, a seguito dell’inglobamento dello Stato di Caserta nei possedimenti borbonici, il maniero iniziò ad essere gradualmente abbandonato. Con la caduta del Regno delle due Sicilie e l’annessione della provincia di Caserta allo stato italiano, il castello conobbe il suo periodo peggiore, divenendo oggetto di saccheggi di ogni tipo, alimentati, anche, dalla leggenda, mai confermata, che all’interno dello stesso si trovasse un antico tesoro.

IL DUOMO

L’edificio di maggiore interesse di Casertavecchia è indubbiamente quello del duomo. La costruzione della chiesa ebbe inizio nel 1129 per volontà del vescovo Rainulfo,  per essere terminata diversi decenni dopo. La facciata, stilisticamente riconducibile alle basiliche lombarde dell’epoca, presenta tre portali in marmo bianco di Luni, di cui quello centrale ovviamente di dimensioni maggiori, impreziositi da sculture zoomorfe e antropomorfe, che riproducono esternamente la tipologia interna a tre navate. Il timpano è decorato con una serie di archetti ciechi intrecciati che poggiano su sei colonnine di marmo bianco.

Il duomo di Casertavecchia, dedicato a San Michele Arcangelo, presenta una pianta a croce latina, divisa in tre navate, scompartite da diciotto colonne, elementi di spoglio come i capitelli di precedenti edifici romani, che sorreggono archi a tutto sesto. Il transetto, rialzato rispetto al piano della chiesa, si caratterizza per la presenza di tre absidi affiancate. L’interno nella sua totalità risulta sostanzialmente spoglio, in virtù dell’opera di restauro intervenuta agli inizi del secolo scorso per opera dell’architetto Gino Chierici, che ha voluto riportare la chiesa al suo originario aspetto medievale, eliminando i diversi interventi, specie in epoca barocca, interessanti la chiesa e che, purtroppo, avevano già distrutto gli affreschi della scuola di Pietro Cavallini.

Oggi dell’originario apparato decorativo interno del duomo di Casertavecchia permangono, seppur molto deteriorati, gli affreschi della cappellina di destra, subito dopo l’ingresso, dove è anche presente una scultura policroma che raffigura Maria Regina. Degno di nota è anche l’affresco quattrocentesco, raffigurante la Vergine con il bambino, collocato in prossimità del transetto.

Ma l’elemento di maggiore interesse del duomo di Casertavecchia è senza dubbio la cupola. Eretta nel corso del XIII secolo per volontà del vescovo Stabile, la struttura, nascosta da un tiburio ottagonale, risente in modo evidente degli influssi siculi e a sua volta arabeggianti, già presenti nella coeva cattedrale di Salerno.

Significativo è anche il campanile del duomo, un’imponente costruzione di 32 metri di altezza per 8 di larghezza, elevato circa un secolo dopo la fondazione della chiesa, probabilmente nel 1234. Il campanile originariamente terminava con una struttura piramidale che andò persa, tuttavia, nel corso del Seicento a causa di un devastante fulmine.

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IL BORGO 

Caserta vecchia cosa vedere

Scorci del borgo di Casertavecchia

Ma il borgo di Casertavecchia non si limita solo al castello e al duomo. A colpire il visitatore sono i piccoli e folcloristici vicoli, impreziositi dagli abitanti con singolari allestimenti, spesso ricavati da oggetti di riuso, ma anche le botteghe artigianali, alcune delle quali riproducono le fattezze di uno dei simboli del piccolo paese: lo spiritello di Casertavecchia.

La leggenda narra che Mazzamuriello, chiamato anche Spiritello (credenza diffusa in molte altre città italiane seppur con altri nomi, a Napoli, ad esempio si chiama Munaciello), fosse un folletto particolarmente dispettoso, secondo alcuni un angelo cacciato dal paradiso per le eccessive biricchinate, con le fattezze da fanciullo e delicati capelli biondi e ricci ma con occhietti particolarmente furbi.

I Mazzamurielli erano soliti entrare di soppiatto nelle case e dare vita a diversi dispetti. Si rendevano responsabili di sparizioni di oggetti, di rottura di piatti, di spostamenti di mobili ma anche della sturatura delle botti di vino per la disperazione dei contadini locali. In realtà gli spiritelli non arrecano solo piccoli danni ma erano in grado anche di cambiare in modo molto positivo la vita di coloro che li “ospitavano”.

La leggenda narra, infatti, che fossero depositari di importanti segreti circa l’ubicazione di preziosi tesori. Tali informazioni, però, erano elargite raramente e solo a coloro che gli spiriti reputavano degni della loro simpatia.

Oltre a sperare di entrare nelle grazie dei Mazzamurielli c’era un altro modo per strappare le preziose informazioni sul luogo dei tesori: rubare il cappello dello spiritello, senza il quale il folletto diventava inaspettatamente buono. Il Mazzamuriello, pur di riavere il cappello, scendeva a compromessi con i ladri, arrivando anche a sverare l’ubicazione degli ambiti tesori.

Nella tradizione popolare lo spiritello casertano altro non era che “la rappresentazione folcloristica della possibilità del cambiamento della propria condizione di vita”, la personificazione del fatidico pozzo dei desideri.

Insomma non resta che visitare Casertavecchia e sperare chissà di rubare il magico cappello.



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