Aliano, paesino lucano in provincia di Matera, tenacemente arrampicato su colline di argilla, è un luogo dal profilo aspro, un volto corrugato dai calanchi che innervano un territorio con un piede nella tradizione e l’altro nella letteratura, avendo dato i natali a uno dei romanzi più belli e significativi del nostro Novecento: Cristo si è fermato a Eboli, di Carlo Levi.

ALIANO, COSA VEDERE TRA STORIA E CALANCHI

Abbarbicato saldamente alle pietre, Aliano domina da secoli la Val d’Agri, quella porzione della Basilicata compresa fra i monti Sirino e Volturino. La vicinanza con i fiumi Agri e Sinni, fece di Aliano, fin dall’antichità, un punto nodale per gli scambi commerciali, porta d’ingresso di diverse culture, da quella greca a quella etrusca, passando per l’antica civiltà degli Enotri, popolazione dalle remote origini che colonizzò buona parte del Meridione italiano in un tempo antichissimo.

Ma più delle storiche radici, testimoniate anche da una necropoli risalente all’VIII secolo a.C., a colpire di Aliano (il cui toponimo sembrerebbe discendere dal latino Praedium Allianum, cioè podere di Allius) è il paesaggio naturale che circonda questo piccolo borgo lucano, fatto di brulle colline e fascinosi calanchi, quei ripidi pendii originati dalla millenaria erosione delle rocce.

Uno spettacolo che, specie al tramonto, quando la luce crepuscolare accarezza quelle asperità, lascia decisamente senza fiato.

ALIANO, UN PAESE PER CONFINATI

Ancor prima della seicentesca chiesa di San Luigi di Gonzaga o del panoramicissimo santuario della Madonna della Stella, a dar lustro ad Aliano è, senza dubbio, uno dei romanzi più belli e intensi della nostra letteratura contemporanea, quel Cristo si è fermato a Eboli, di Carlo Levi che in questo paesino trovò la naturale, inevitabile genesi.

Calanchi di Aliano

Calanchi di Aliano

Ad Aliano che nella finzione romanzesca diventa Gagliano, da Gagliànë, il nome nel dialetto locale, Carlo Levi arriva un caldo pomeriggio d’agosto del 1935, ammanettato, come il più pericoloso dei delinquenti. In quel lembo di terra lucana deve scontare la condanna al confino, diretta conseguenza della condanna seguita all’arresto avvenuto il 15 maggio 1935, all’indomani della segnalazione fatta dallo scrittore fascista Dino Segre.

Levi, infatti, non è solo un medico, professione, in realtà praticata solo all’inizio ma anche un apprezzato pittore e, soprattutto, un convinto antifascista, posizione che ha maturato, nella natia Torino, frequentando l’amico Pietro Gobetti e il suo gruppo di Rivoluzione Liberale.

Carlo Levi non è l’unico confinato in quel borgo della Basilicata; altri prima di lui sono stati condotti lì da un regime che non tollera alcun tipo di opposizione e che prova a smorzare, con il tedio di un paese quasi assente dalle cartine geografiche, la voce della libertà.

Il confino, d’altra parte, non è una gita, una vacanza premio, generoso regalo fatto da un munifico regime fascista ai suoi oppositori, ma uno strumento terribile, volto ad annullare un essere umano, confinandolo da tutto e tutti.

IMPRESSIONI LUCANE, LEVI E ALIANO

La prima impressione che Levi ha del paese di Aliano è sconvolgente, sgradevole, specie rispetto a Grassano, il primo paese dove era stato confinato e dove aveva, come scrive, «imparato a conoscere la Lucania.»

Aliano gli appare un paese «piccolissimo e lontano dalle strade e dagli uomini» dove questi ultimi non sono considerati come tali ma alla stregua delle bestie da soma, e, talvolta, anche meno delle stesse bestie.

In paese manca praticamente tutto, eccezione fatta per il lutto che domina cromaticamente ogni angolo di strada e la «noia secolare» che al pari dell’avidità rende molti malvagi, specie «quella classe degenerata che incapace di fuggire, deve, per vivere poter dominare i contadini, e assicurare in paese i posti remunerati di maestro, di farmacista, di prete, di maresciallo dei carabinieri, e così via.»

E, poi, non mancano mai i filtri magici che a detta del loquace, giovane e ambizioso podestà, la maggioranza delle donne in paese è in grado di fare e, soprattutto, di utilizzare, inserendoli dappertutto «nelle bevande, nella cioccolata, nei sanguinaccio, magari anche nel pane.»

In quel luogo, in cui sembra precipitato come una pietra in uno stagno, Levi trascorrerà un anno, dodici mesi che lo cambieranno, per sempre.

Le iniziali, pessime impressioni lasceranno, giorno dopo giorno, il passo a emozioni sempre più forti che alcuni anni dopo, nella clandestinità fiorentina, daranno vita al suo capolavoro: Cristo si è fermato a Eboli, efficacissimo titolo che Levi prende in prestito da una frase che gli abitanti del piccolo paese lucano ripetono spesso, espressione «di uno sconsolato complesso di inferiorità» ma anche e soprattutto di un’incontrovertibile, cocente verità.

LA MEMORIA DI CARLO LEVI NEL BORGO LUCANO

La figura di Carlo Levi ad Aliano rivive in quattro luoghi chiave, posti che eternano la memoria dello scrittore piemontese. Innanzitutto, la casa dove visse, un’abitazione «modesta, costruita in modo economico e non bella, perché non aveva carattere, non era signorile né contadina» ma che avrebbe permesso a Levi di stare solo e poter lavorare nell’assoluta tranquillità.

Oggi quella casa modesta e non bella, dopo un adeguato restauro, è stata lasciata volutamente vuota perché, grazie alla tecnologia, consistente in un impianto multivisione, composto da diversi proiettori, sulle pareti opportunamente bianche vengono proiettati immagini e documenti dell’epoca, strumenti preziosi attraverso i quali si rinnova non solo la figura di Carlo Levi ma rivive anche la vita del paese di Aliano.

Aliano e Carlo Levi

Aliano e Carlo Levi

Punto nodale della casa dove visse Levi è senza dubbio il terrazzo, da cui lo scrittore godeva di una vista impareggiabile sulle infinite distese di aride argille, «ondulanti nel sole a perdita d’occhio, fin dove, lontanissime, parevano sciogliersi nel cielo bianco.»

Altra tappa imprescindibile nel percorso della memoria di Carlo Levi, è il Museo della Civiltà contadina, un luogo dove rivive quel mondo agreste che lo scrittore aveva raccontato con dovizia di particolari nel suo Cristo si fermato a Eboli.

La terza sosta nel paese di Aliano alla scoperta di Levi ci porta alla Pinacoteca, situata in Palazzo Defranchi, dove sono esposte 13 delle 23 che Carlo Levi lasciò poco prima di morire all’amministrazione del comune lucano.

 

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Infine, eccoci al cimitero comunale, dove si trova il quarto e ultimo luogo legato alla memoria di Carlo Levi, ovvero il monumento funebre dedicato allo scrittore. Si tratta di una semplice e disadorna tomba, recentemente restaurata, suggestivamente affacciata su uno dei tanti strapiombi che circondano Aliano, uno di quegli scenari tanto cari a Levi e che lo ispirarono e non poco nella realizzazione delle tante tele che dipinse in quell’anno di confino.

«In questa terra oscura, senza peccato e senza redenzione, dove il male non è morale, ma è un dolore terrestre, che sta sempre nelle cose, Cristo non è disceso, Cristo si è fermato a Eboli.»

Ringrazio Francesca Lanza per le bellissime foto e per avermi proposto di scrivere questo articolo.

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