Ad Agnone le campane suonano praticamente da sempre, da quando nel paesino molisano furono fusi quei singolari strumenti musicali che in poco tempo vibreranno in moltissime chiese italiane e non solo, definendo la sinfonia del cristianesimo.
Questa è la storia della Pontificia Fonderia Marinelli e delle sue meravigliose campane, un racconto davvero vibrante.
BREVE STORIA DELLA CAMPANA, DA OGGETTO PAGANO A SIMBOLO CRISTIANO
Le prime tracce delle campane, o meglio delle loro progenitrici, ci portano nella sterminata Cina, nel 3000 a.C dove esistevano i gong, dischi in rame che se percossi con appositi battenti, producevano un tipico suono.
Dalla Cina alla fertile Mesopotamia il passo è breve. Nella terra dei due fiumi sono usati dei campanelli in metallo, il più antico è datato 1000 a.C., oggetti che si diffondono anche nel vicino regno di Israele, come testimoniato dallo scrittore Flavio Giuseppe che nelle sue Antichità giudaiche, riferisce come il mitico re Salomone (974-937 a.C.) avesse numerose campane d’oro sul tetto del suo tempio con il preciso scopo di allontanare gli uccelli.
Agnone
In Occidente, invece, le prime tracce di campane risalgono al VII secolo a.C., come confermato da alcuni campanelli in bronzo rinvenuti nei pressi della leggendaria Sparta.
Anche fra i romani si diffondono questi oggetti che vengono chiamati tintinnabulum, onomatopeico riferimento al suono prodotto all’atto della percussione.
Il termine campana ha un’origine controversa. Per alcuni deriverebbe dalla sua forma a campana, per l’appunto, per altri, invece, proverrebbe dalla regione Campania, dove si ricavava dell’ottimo bronzo, il materiale principe per la loro realizzazione che, ben presto, soppiantò il meno versatile ferro, come testimoniato anche da Plinio il Vecchio.
Etimologia a parte, è di certo in età medievale che la campana assume e definitivamente non solo la tipica forma a calice che rimpiazza definitivamente quella a ciotola, ma, soprattutto, la sua funzione essenziale.
È in questo periodo, infatti, che la campana diventa l’oggetto attraverso il quale l’istituzione ecclesiastica scandisce non solo il tempo liturgico ma, inevitabilmente, anche quello civile. I rintocchi delle campane segnano la giornata dell’uomo medievale, sillabando non solo il tempo della preghiera ma anche quello del lavoro e dell’agognato riposo.
IL SUONO DELLE CAMPANE
La campana, in buona sostanza, fa il suo sonoro ingresso nella società comunale, divenendo un imprescindibile oggetto di comunicazione di massa. Perfettamente inserita nell’architettura dei bellissimi campanili che svettano accanto a chiese e cattedrali, la campana fa da acustico contraltare ai grandi orologi che spiccano nelle piazze comunali. La prima scandisce il tempo religioso, l’altro quello civile, entrambi, in un affasciante, storico afflato, il tempo dell’uomo.
A riprova della centralità delle campane ecco giungere anche il primo testo di riferimento: il De diversis artibus.
Scritto dal monaco tedesco Teofilo, questo trattato, una vera e propria enciclopedia ante litteram sul sapere tecnico medievale, delinea, tra le diverse attività artigianali, anche quella relativa alla produzione delle campane, una attività che aveva già raggiunto importanti livelli di specializzazione, non solo per la lavorazione in sé ma anche per la decorazione, attraverso cui le campane da semplici strumenti musicali si trasformavano sempre più in vere e proprie opere artistiche.
Al medievale De diversis artibus segue, nel XVI secolo, il De Tintinnabulis, del toscano Girolamo Maggi, il trattato per eccellenza sulle campane, una vera e propria Bibbia della campanologia.
CAMPANE DI AGNONE: LA PONTIFICIA FONDERIA MARINELLI
Correva l’anno 1339 quando ad Agnone, dove l’attività di fusione dei metalli era antica di oltre 2500 anni, viene fusa la prima campana di cui si abbia ufficialmente notizia. Non si tratta certo di una novità, visto che nel piccolo paese sannita, che la tradizione vuole sorto sulle rovine di Aquilonia, l’attività fondiaria era rinomata e decisamente radicata.
A mettere la personalissima firma su quella campana è il campanarus Nicodemo Marinelli, ovvero il dominus dell’azienda di famiglia. La campana in questione pesa ben due quintali ed è destinata a una chiesa del frusinate, un’opera significativa che suggella un’attività, quella della realizzazione delle campane che ad Agnone esiste sicuramente già da prima del 1200.
Nel corso dei secoli l’attività della Fonderia Marinelli prosegue senza sosta. Dalla fucina agnonese escono campane di tutte le dimensioni che vanno a riecheggiare in molte chiese italiane e non, diffondendo il loro ineguagliabile suono.
Le campane di Agnone
A riprova dell’importanza delle campane di Agnone prodotte dalla Fonderia Marinelli, ad oggi la più antica fonderia di campane italiana e tra le più antiche al mondo, nel 1924 arriva l’imprimatur papale, probabilmente il riconoscimento più importante per quella millenaria fabbrica.
In quell’anno papa Pio XI concesse ai Marinelli il privilegio di potersi effigiare dello stemma pontificio. Da quel momento in poi la fabbrica agnonese divenne la Pontifica Fonderia Marinelli, un unicum in un mondo in cui la tradizione la fa ancora dà padrone.
La produzione campanaria, almeno ad Agnone, è un’attività rimasta pressoché immutata, con i suoi ritmi ben precisi, le tecniche ereditate dal passato, i riti senza tempo che accompagnano la nascita di sonori capolavori. Perché oggi come mille anni fa, le campane Marinelli si creano sempre allo stesso modo, attraverso un percorso fatto di perizia ma anche di passione che, ieri come oggi, lascia letteralmente esterrefatti.
COME NASCE UNA CAMPANA: DALL’ANIMA ALLA COLATA DI BRONZO
La catena produttiva di una campana è una lunga, complessa attività, scandita dal tempo e da una serie di fasi, tappe imprescindibili che portano al prodotto finale, alla campana. La prima di queste consiste nella creazione della cosiddetta “anima”, ovvero del modello della campana stessa, realizzata in mattoni e successivamente ricoperta di argilla, tanta quanto lo spessore desiderato per la futura campana.
Terminata questa fase si passa alla realizzazione della falsa campana, consistente nell’apposizione sulla superfice, in precedenza accuratamente levigata, delle dediche, delle immagini e dei fregi artistici, elementi apposti utilizzando della comune cera.
Interno del Museo della Campana: le fasi di realizzazione
L’ultimo stadio di formatura della campana consiste nel preparare il mantello che si ottiene sovrapponendo strati successivi di argilla. Questa viene applicata a pennello in strati sottili e uniformi, lasciando essiccare l’argilla tra un’applicazione e l’altra.
L’essiccazione si ottiene mediante carboni accesi, sistemati all’interno dell’anima di mattoni, che vi rimangono fino all’approntamento del mantello.
Durante questa fase di essiccazione lo strato di cera si scioglie lentamente e viene assorbito completamente dall’argilla. A questo punto terminata la formatura, si procede al sollevamento del mantello nonché alla distruzione della falsa campana, da cui emerge l’originaria anima su cui viene ricollocato il mantello.
Tra l’anima e il mantello rimane, tuttavia, lo spazio prima occupato dalla falsa campana e sarà proprio questo spazio a essere riempito dal bronzo fuso, a una temperatura di 1150°, nel corso della fase più affascinante di tutta la produzione: la colata.
Dopo di che bisogna attendere che il bronzo si raffreddi, solo allora, infatti, la campana grezza verrà liberata del mantello e dell’anima, nonché delle eventuali sbavature della colata.
La campana è pronta, non resta che lucidarla e collaudarla, per udirne il suo suono, una pratica che spetta a veri e propri maestri di musica che con appositi strumenti rilevano la tonalità della neonata e della sua inimitabile voce.
COSA VEDERE AD AGNONE: IL MUSEO DELLA CAMPANA
A suggellare questa storia millenaria la Pontificia Fonderia Marinelli decise, nel 1999, di creare un vero e proprio museo della campana, intitolato a papa Giovanni Paolo II che, nel 1995, visitò la fonderia rimanendone, non poteva essere diversamente, molto affascinato.
Nelle diverse sale del museo si ripercorre la storia non solo della campana e della Pontificia Fonderia Marinelli ma si apprendono anche le inveterate e complesse tecniche che portano alla produzione delle campane e che vengono opportunamente spiegate dal mastro campanaro che accompagna l’ospite durante la visita al museo e alla fucina.
Si tratta di un’esperienza davvero imperdibile, visto che si tocca con mano il lavoro di decine di straordinari artigiani, vedendo in diretta la meraviglia che su cela dietro un’attività millenaria, fatta di duro lavoro, di passione, di storie da raccontare e dell’incanto del prodotto finito.
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Camminare nei luoghi che hanno visto nascere campane come le quattro che ancora oggi si trovano nella Abbazia di Montecassino, installate nel 1950 in sostituzione di quelle distrutte dal terribile bombardamento del 15 febbraio 1944 o come la Campana del Giubileo, è un’esperienza irripetibile.
Proprio la Campana del Giubileo è uno dei vanti della Pontificia Fonderia Marinelli, una creatura di cinque tonnellate, per due metri e mezzo di altezza e per un diametro di oltre sei metri, donata dalla Regione Molise in previsione dell’Anno giubilare.
Consegnata al pontefice il 26 dicembre 1999, la campana risuonò con il suo sol per la prima volta il 2 gennaio 2000, in occasione del Giubileo dei Giovani, un rintocco che, come ebbe a dire Pasquale Marinelli, proprietario della fonderia, avrebbe annunciato il nuovo millennio.
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