Alle spalle del Colosseo, sulle pendici del colle Celio, si trova uno dei numerosi tesori nascosti della Roma sotterranea, un piccolo scrigno perlopiù sconosciuto dell’antica città imperiale, andata perduta e poi riscoperta grazie agli interventi di scavo effettuati tra il XIX ed il XX secolo. Il sito archeologico delle case romane del Celio si apre al di sotto della basilica dei Santi Giovanni e Paolo, eretta nel IV secolo sul luogo del martirio dei due soldati romani uccisi quando a Roma regnava Giuliano l’Apostata, l’imperatore che cercò di restaurare la religione pagana scalzata oramai da quella cristiana.

CASE ROMANE DEL CELIO, LA STORIA

Gli archi del Clivo di Scauro e la basilica dei Santi Giovanni e Paolo al Celio

Gli archi del Clivo di Scauro e la basilica dei Santi Giovanni e Paolo al Celio

I resti degli antichi edifici, delle botteghe e delle domus romane del Celio vennero integrate ed inglobate successivamente nelle costruzioni paleocristiane dell’alto Medioevo. È una Roma davvero splendida ed insolita quella che andremo a visitare e che riempirà gli occhi di meraviglia. Siamo a due passi da Villa Celimontana e, passeggiando lungo il Clivo di Scauro, proprio al di sotto degli archi che scaricano all’esterno il peso della chiesa, troviamo l’accesso al sito delle domus. Ci troviamo proiettati da subito nei sotterranei della basilica dei Santi Giovanni e Paolo e la cosa è del tutto evidente quando davanti ai nostri occhi svettano le fondamenta della chiesa del IV secolo che, possenti e vigorose, tagliano la vista dei muri delle antiche dimore romane, poggiando saldamente sui pavimenti delle domus. Qui nel 1887 il rettore della basilica, padre Germano di San Stanislao, scoprì i venti ambienti ipogei che andremo ad esplorare, una delle tante testimonianze della stratificazione architettonica e della trasformazione urbanistica avvenuta a Roma tra il II ed il V secolo d.C.

In un labirinto di stanze disposte su più piani, con pareti ancora oggi affrescate, veniamo introdotti negli ambienti sotterranei della Roma imperiale interessata da una profonda evoluzione, una città alle prese con l’introduzione del culto orientale del cristianesimo e soggetta ad una radicale trasformazione del quartiere che da area residenziale divenne, in un periodo relativamente breve, una zona dominata da una singola domus, mutata poi in una ecclesia, un luogo di culto privato per i primi adepti del cristianesimo.

Il primo isolato, sorto nel II secolo d.C. tra il Clivus Scauri e la via che conduceva al tempio di Claudio, era costituito da edifici che ospitavano sia abitazioni private che attività commerciali. Ma già nel secolo successivo avvenne la prima importante trasformazione che vide la costruzione di una grande insula (struttura edilizia a più piani in grado di ospitare numerosi residenti) che incorporò gli edifici del secolo precedente. Tra la fine del III secolo e l’inizio del IV si assistette ad un ulteriore cambiamento che ben dimostra i fenomeni sociali e demografici in evoluzione. La popolazione romana, infatti, in quel periodo ebbe una flessione e sul Celio, in questo quadrante, si verificò un mutamento strutturale del quartiere che passò dalle abitazioni ad alta densità alla presenza di una singola domus di circa 500 metri quadri, appartenente ad un unico proprietario. Vennero così modificate le aperture esterne dell’insula, fu cambiata la destinazione d’uso di alcuni locali, le pareti furono decorate ed i pavimenti sostituiti da mosaici policromi.

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DOMUS ROMANE DEL CELIO, GLI AFFRESCHI

Case romane del Celio, particolari degli affreschi

Case romane del Celio, particolari degli affreschi

L’esplorazione delle case romane del Celio ci conduce in una Roma monumentale e segreta, ci apre spazi e visioni di luoghi vissuti e poi abbandonati, seppelliti dalla coltre della terra e dei secoli. Ci mostra le meraviglie di una città che non smette di stupire e che cela gelosamente nel sottosuolo labirinti di vicoli, case, pareti decorate, magazzini. Le domus romane del Celio racchiudono numerosi ambienti che portano i segni e le tracce del passaggio dal periodo aureo di Roma alla fine dell’impero, con la trasformazione e la ristrutturazione del quartiere che segue la mutazione che si rese manifesta in quell’arco temporale.

La Stanza dei Geni affrescata nel III secolo d.C. ne è un esempio vivo, con le sue tre pareti riccamente decorate e la quarta purtroppo celata dalla presenza del muro di fondazione della chiesa sovrastante. Gli affreschi della stanza sono distribuiti su due registri: in quello inferiore si trovano adolescenti che, avvolti da mantelli che scendono lungo il corpo, sostengono una ghirlanda floreale sorvolata da uccelli. Nella parte superiore, invece, osserviamo figure di amorini che raccolgono frutta su uno sfondo bianco.

Bellissima è anche la Stanza dell’Orante che deve il suo nome alla presenza di una figura femminile ritratta con le braccia aperte. Sulle pareti ricorrono decorazioni e riquadri che incorniciano due maschere di sileno, maschere teatrali e mostri marini. È interessante vedere poi come il vicus, la strada un tempo ricoperta da basolato, sia stato trasformato prima in un criptoportico poi nel fulcro della domus ed utilizzato come elemento di collegamento tra le due parti della casa.

Case romane del Celio: la Stanza dell'Orante

Case romane del Celio: la Stanza dell’Orante

Nella seconda metà del IV secolo in questa ricca abitazione vennero traslati o comunque deposti i corpi che secondo la tradizione sarebbero appartenuti a due soldati romani uccisi per la loro fede cristiana. La domus, divenuta un luogo di culto per i fedeli che giungevano qui a pregare sulle tombe, subì un’ulteriore modifica necessaria per i momenti di silenzio e di raccoglimento. Tra le pareti venne così ricavata una nicchia rettangolare da alcuni ritenuta una confessio, posta in corrispondenza della tomba dei martiri su cui campeggiano sette scene di non facile attribuzione ma interpretate da alcuni studiosi come pitture di natura cristiana e databili alla fine del IV secolo.

Case romane del Celio: il Ninfeo

Case romane del Celio: il Ninfeo

Alla domus non poteva mancare di certo il luogo scenografico dedicato alle divinità celesti, terrestri ed acquatiche: il ninfeo su cui campeggiano le vasche e l’affresco che alcuni archeologi ritengono rappresenti il ritorno di Proserpina dall’Ade o che, secondo altri, potrebbe raffigurare Venere e Bacco. In questo ambiente oscuro e sotterraneo, sulla parete campeggiano due figure femminili sdraiate e una maschile in piedi, avvolte da un tripudio di colori come l’azzurro, il rosso e l’ocra. In questo ambiente marino si affacciano poi degli amorini che pescano o che sono impegnati nella navigazione. Al di sotto di questa stanza si possono vedere i resti di quelle che un tempo furono le terme e che sono poste su un piano di calpestìo ben al di sotto di quello in cui ci troviamo. Tra la fine del IV secolo e l’inizio del V le stratificazioni edilizie terminarono con la costruzione del titulus Pammachii, cioè di quell’edificio che sarebbe divenuto l’attuale basilica, concludendo quel processo di transizione tra la religione pagana e la religione cristiana iniziata nel secolo precedente.

Per informazioni: www.caseromane.it



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