Casino Massimo Lancellotti (in Villa Giustiniani Massimo) a Roma è un raffinato edificio di inizio Seicento. Ne ripercorriamo la storia.
CASINO MASSIMO LANCELLOTTI A ROMA: LA STORIA
Il Rione Esquilino rappresenta uno di quei contesti urbanistici romani, in cui lo sconvolgimento del paesaggio operato dopo l’Unità d’Italia, risulta più evidente. Dopo il piano regolatore del 1873, infatti, il quartiere della Capitale perse il suo aspetto bucolico da cui spiccavano il capannone della stazione e il campanile di Santa Maria Maggiore; la Roma umbertina, divenuta capitale del Regno, necessitava di sviluppare aree residenziali adatte alla nuova classe borghese giunta in città per popolare gli uffici e le istituzioni governative.
Particolare sull’amore di Angelica e Medoro. Stanza di Ariosto, Casino Massimo Lancellotti
Iniziarono così a sorgere palazzi più o meno signorili, alcuni dei quali firmati dal fiore degli architetti del tempo, del calibro di Gaetano Koch, Pio Piacentini, Giulio Podesti, giusto per citarne alcuni. Ed è a fine Ottocento che in quest’area in trasformazione vengono realizzate anche importanti ed imponenti opere architettoniche come l’Acquario Romano (edificio in stile eclettico che oggi ospita la Casa dell’Architettura) o il complesso francescano in via Merulana.
Il tessuto urbano dell’Esquilino gravitava, e gravita ancora, su piazza Vittorio Emanuele, polo di irraggiamento stradale e chiaro esempio di architettura sabauda. La serrata ed imponente edificazione tuttavia, sebbene abbia cancellato per sempre le ville e il verde delle stampe rinascimentali e barocche, che oggi rappresentano patrimonio d’archivio di una Roma sparita e irrecuperabile, il fascino di perdersi tra i palazzi dell’Esquilino, sta proprio nello scovare quei relitti di un paesaggi antico, sopravvissuti al cemento e alle lottizzazioni, disseminati inaspettatamente e timidamente come a volersi nascondere da una città che li ha fagocitati.
Ne costituiscono un esempio la Porta alchemica di piazza Vittorio, che i romani chiamano “porta magica”, che fu l’ingresso di una villa Seicentesca, oppure edifici raffinati come il Casino Massimo Lancellotti.
LE STANZE DEI NAZARENI NELLA VILLA DI CAMPAGNA
Se si percorre via Matteo Boiardo con la testa immersa nei propri pensieri, probabilmente il Casino Massimo Lancellotti rischia di passare inosservato, ignorato dalla frenesia quotidiana, mimetizzato dalla ripetitività di edifici imponenti, che inghiottono tutto con la loro egocentricità metropolitana.
Ma può accadere che, voltando lo sguardo verso la piccola villetta di inizio Seicento, smarrita in un contesto ad essa estraneo, i sensi vengano rapiti da una dolce distonia visiva.
La storia di questo edificio risale alla prima metà del XVII secolo, quando il marchese Vincenzo Giustiniani, come era d’uso tra le casate nobili romane, desideroso di un “buen retiro” che gli permettesse delle piccole fughe dal palazzo di famiglia (che si trova presso il Pantheon, oggi nelle pertinenze del Senato della Repubblica), acquistò un “pezzo di terra” tra via Merulana e la Basilica di San Giovanni e vi fece costruire una piccola villa.
Particolare del volto di Orlando nella Stanza di Ariosto, Casino Massimo Lancellotti
Un edificio già di per se raffinato ma che negli anni successivi, Andrea Giustiniani, figlio di Vincenzo, arricchì ancor di più facendovi incastonare sulle facciate materiale archeologico di epoca romana: medaglioni, rilievi, sarcofagi.
Quando nel 1802 la villa venne ceduta, il nuovo proprietario Carlo Massimo, la trasformò in un vero e proprio cantiere pittorico di cui si parlò molto nella Roma dell’Ottocento e che conferì al Casino l’aspetto che più o meno è stato consegnato ai posteri e che possiamo ammirare oggi.
Carlo Massimo era un uomo erudito, colto e dal gusto raffinato e soprattutto, in campo artistico, amava sperimentare e non essere per nulla scontato. Il marchese commissionò l’affrescatura di tre sale della villa a un gruppo di pittori tedeschi, noti come i Nazareni, per via del loro “look” molto simile a quello di Cristo, con lunghe barbe e capelli. Erano considerati “dissidenti”, in aperto contrasto con l’accademismo e promotori di una rivoluzione romantica dell’arte europea.
Dal loro tratto pittorico, si percepisce chiaramente l’influenza di Dürer, ma la loro opera è pregna di contaminazioni e riferimenti ai maestri del Rinascimento italiano, come Michelangelo, Raffaello, Luca Signorelli o il Beato Angelico.
JohannFriedrich Overbeck, Joseph Anton Koch, Julius Schnorr von Carolsfeld, Philipp Veit, Joseph Von Führich; questa fu la rosa di artisti a cui Carlo Massimo fece dipingere i poemi archetipici della letteratura italiana: la Divina Commedia di Dante, l’Orlando Furioso di Ariosto, e La Gerusalemme Liberata del Tasso. Un poema per stanza.
L’esperienza unica che avvolge il visitatore, è quella di trovarsi al cospetto di un omaggio all’Italia e all’italianità, perdendosi tra le scene dell’epica conquista di Gerusalemme da parte di Goffredo di Buglione, oppure sognando l’amore con Angelica e Medoro fin nell’Inferno dantesco alla ricerca, prima di tutto, di Paolo e Francesca.
Joseph Anton Koch, “Dante e le tre fiere”, Roma, Casino Massimo Lancellotti (Stanza di Dante)
Alla morte del marchese Massimo, il Casino fu ereditato dal fratello e dalla cognata Cristina di Sassonia. Quest’ultima, molto pudica e integralista, ritenendo indecenti alcune scene di nudo, le fece ritoccare, con la modifica di dettagli suggestivi tra cui la dissoluzione dell’abbraccio tra Paolo e Francesca che, non potendo essere “depurato”, ha visto la cancellazione di Paolo, lasciando Francesca in un avvinghio solitario e incompiuto.
Durante l’occupazione tedesca di Roma nel biennio 1943 – 1944, nel Casino furono alloggiati gli ufficiali dell’apparato di polizia tedesca che operava nell’adiacente caserma di via Tasso (che oggi ospita il Museo Storico della Liberazione).
L’edificio è dal 1947 proprietà della delegazione Francescana di Terra Santa.
Tutto quello che resta della proprietà di campagna dei Giustiniani non è per solo il Casino: per i più curiosi è possibile ancora ammirare il monumentale ingresso alla villa che venne salvato e riposizionato e costituisce oggi l’ingresso al parco di villa Celimontana.
COME RAGGIUNGERE IL CASINO MASSIMO LANCELLOTTI A ROMA
– In metropolitana: scendere alla fermata Manzoni – Museo della Liberazione e procedere su viale Manzoni in direzione via Labicana. Svoltare a sinistra in via Matteo Boiardo.
– Altri mezzi che portano nelle adiacenze di Via Matteo Boiardo: 3 (fermata viale Manzoni), 85 (Piazza S. Giovanni in Laterano), 87 (idem e via Labicana), 16 (idem e via Merulana), 415 (via Merulana), 617 (via Merulana).
ORARI DI APERTURA
Il Casino Massimo Lancellotti a Roma è aperto il martedì e giovedì dalle 9:00 alle 12:00 e dalle 16:00 alle 18:00, la domenica dalle 10:00 alle 12:00.
Per saperne di più:
Nelle vicinanze: Museo Storico della Liberazione, memoria della barbarie nazista a Roma Leggi anche: Villa Farnesina a Roma: lo splendore degli affreschi di Raffaello