Non sono molte le chiese a Roma, specie quelle meno note, che possono vantare al proprio interno una serie di inestimabili capolavori, firmati da artisti illustri quali Raffaello, Caravaggio, Bernini, Guercino o Lanfranco. Una di queste è sicuramente la Chiesa di Sant’Agostino.
A due passi da Piazza Navona, dietro il complesso dei palazzi del Senato, si trova Sant’Agostino in Campo Marzio, questo il suo nome completo, anche se, in verità, il rione storico in cui sorge è quello di Sant’Eustachio.
CHIESA DI SANT’AGOSTINO, LA COSTRUZIONE
Le origini della chiesa di Sant’Agostino a Roma risalgono alla fine del XIV secolo quando l’ordine monastico degli agostiniani, che già officiava la vicina chiesa di San Trifone in Posterula (costruita nel IX secolo e definitivamente demolita nel corso del XVIII), decise di costruire una chiesa da dedicare al loro santo fondatore, Agostino, vescovo di Ippona, uno dei più grandi dottori della cristianità.
L’interno della Chiesa di Sant?Agostino
La chiesa fu conclusa nel 1420 ma risultò, fin da subito, troppo piccola per le esigenze della comunità monastica. Per questo nel 1479, grazie alla munificenza del cardinale Guillaume d’Estouteville, appartenente a una ricca famiglia di origine normanna, si iniziò la costruzione di una nuova e più grande chiesa, affidata all’architetto Giacomo da Pietrasanta, che a Roma aveva già curato la progettazione di Palazzo Venezia, della vicina chiesa di San Marco, nonché della Loggia delle Benedizioni in San Pietro.
L’architetto toscano, che di fatto inglobò nella nuova chiesa la precedente (l’originario abside corrisponderebbe all’attuale cappella dedicata a San Tommaso da Villanova), si ispirò per la maestosa facciata alla chiesa fiorentina di Santa Maria Novella, rivestendola con il travertino che, secondo la tradizione, fu direttamente ricavato dal Colosseo.
Colpiscono della facciata la scalinata, totalmente rifatta nel 1666, il grande rosone centrale, il timpano sovrastante il portone centrale, all’interno del quale è scolpito lo stemma di famiglia del generoso finanziatore e principalmente le due grandi volute ai lati dell’ordine superiore.
Questi ultimi due elementi architettonici furono introdotti per dare più movimento all’imponente facciata ma anche per coprire i contrafforti laterali, ancora visibili sul fianco prospiciente via dei Pianellari.
Nel corso del Settecento la chiesa di Sant’Agostino fu oggetto di un ampio programma di restauro. Il progetto venne affidato a Luigi Vanvitelli, ma i lavori furono eseguiti da Antonio Rinaldi e da Carlo Murena, due allievi dell’architetto napoletano, nel frattempo impegnato nella costruzione della Reggia di Caserta.
Il restauro interessò l’intero complesso dell’edificio e, in particolare, il campanile cuspidato, trasformato in una torre quadrata e la grande cupola emisferica. Quest’ultima, primo esempio di cupola rinascimentale a Roma non inclusa in un tiburio, venne decisamente modificata, grazie all’introduzione dell’ampia lanterna e della volta a catino.
Nella seconda metà dell’Ottocento la basilica di Sant’Agostino in Campo Marzo fu nuovamente sottoposta a dei lavori, questa volta, però, di tipo esclusivamente decorativo.
A capo di questo ampio progetto fu messo il romano Pietro Gagliardi, già autore delle decorazioni nella Cappella di San Sebastiano nella Villa Aldobrandini a Frascati. Gagliardi provvide a riaffrescare buona parte della superficie interna della chiesa. In particolare, dipinse la cupola, la volta, l’abside, alcuni pilastri della navata centrale e le cappelle laterali del transetto, fra cui quella dedicata a Santa Monica, la madre di Sant’Agostino, le cui spoglie erano state traslate nel corso del Quattrocento dall’originaria chiesa di San Aurea, nel borgo di Ostia Antica.
Si trattò di un intervento all’epoca molto apprezzato, al punto tale che lo stesso Pio IX volle complimentarsi con Pietro Gagliardi per il lavoro realizzato.
I CAPOLAVORI ALL’INTERNO DELLA CHIESA
Entrare dentro la chiesa di Sant’Agostino, i cui rimandi all’architettura gotica sono evidenti e legati all’origine francese del committente, il cardinale d’Estouteville, equivale a sfogliare un manuale di storia dell’arte, tante sono le opere in essa contenute.
La Madonna dei Pellegrini di Caravaggio, Il Profeta Isaia di Raffaello e la Madonna del Parto di Sansovino
Tralasciando la Madonna dei Pellegrini di Caravaggio, nella prima cappella di sinistra, di cui abbiamo già ampiamente scritto in un precedente articolo, la prima opera in cui ci si imbatte, a destra del portale centrale, è una grande scultura che da secoli la devozione popolare ha ribattezzato come la Madonna del Parto.
Realizzata nel 1516 dallo scultore Jacopo Sansovino, su commissione della famiglia fiorentina dei Martelli, il gruppo scultoreo mostra la Vergine assisa in trono con il piccolo Gesù in piedi. A partire dall’Ottocento questa Madonna con il bambino fu considerata, in virtù anche della cinta in argento posta proprio sotto il seno, tipica delle donne in stato interessante, la protettrice delle partorienti.
Nel 1822 papa Pio VII, come attestato dall’iscrizione posta sul basamento, venendo incontro alla volontà popolare, concesse una particolare indulgenza a chi avesse baciato il piede sporgente della Vergine. La devozione fu tale che in poco tempo il piede della Madonna fu del tutto consumato, tanto da necessitare la sua sostituzione con uno in argento.
Un altro dei capolavori presenti all’interno di questa chiesa è sicuramente la bellissima pala nella Cappella di Sant’Agostino, a destra dell’altare centrale. Dipinta dal Guercino fra il 1637 e il 1638 e commissionata dall’agostiniano Ippolito Gaudenzi, in cambio di un compenso di ben 258 scudi, la tela ritrae Agostino, in mezzo a San Giovanni Battista e a Paolo Eremita, nel tipico gesto della adlocutio, il solenne discorso che nel modo antico tenevano persone importanti, a partire dagli imperatori.
IL PROFETA ISAIA DI RAFFAELLO
Ma probabilmente l’opera più straordinaria presente nella chiesa, insieme alla Madonna dei Pellegrini, è il Profeta Isaia di Raffaello. Collocato sul terzo pilastro di sinistra della navata centrale, l’affresco va letto nella sua completezza, considerando, quindi, anche la scultura sottostante, ovvero la Madonna col bambino e Sant’Anna di Andrea Sansovino.
Le due opere costituivano l’altare Goritz, dal nome del committente, il cardinale Lussemburghese Johan Goritz, importante e raffinato umanista.
Il cardinale nel 1512 chiamò per la realizzazione del suo altare due artisti molto apprezzati: Raffaello Sanzio e Andrea Sansovino. Al primo, che da poco aveva terminato gli affreschi della Stanza della Segnatura in Vaticano, affidò l’esecuzione del profeta Isaia; allo scultore, invece, un gruppo marmoreo raffigurante Maria con il Bambino Gesù e sua madre Anna.
Nel dipingere il profeta il pittore urbinate fu influenzato e in modo piuttosto evidente, dagli affreschi della volta della Cappella Sistina, in particolare dai personaggi dei profeti e dalle sibille. Raffaello fu, infatti, fra i primi a poter ammirare il capolavoro di Michelangelo e rimase particolarmente colpito dalla potenza plastica di quelle figure, che sembravano proiettarsi al di fuori dello spazio bidimensionale delle pareti affrescate, per invadere quello dell’osservatore.
Strettamente connesso all’affresco è la scultura sottostante realizzata nel medesimo periodo da Andrea Sansovino. Inserita in una nicchia vera, l’opera raffigura Maria, con in grembo un sorridente Gesù e Sant’Anna, che avvolge in un tenero abbraccio la figlia e il nipote. L’unicità di queste due opere è esaltata anche dai piedi di due dei protagonisti dell’affresco e del gruppo scultoreo. Quello di Isaia, che sconfinando dall’affresco sembra quasi creare una tridimensionalità e quello sottostante di Maria.
Ma nella chiesa di Sant’Agostino c’è anche la firma di un altro protagonista della storia dell’arte: Gian Lorenzo Bernini. Sua, infatti, è la progettazione dell’altare maggiore e della Cappella di Sant’Anna, quella immediatamente successiva alla cappella dove si trova la celebre tela del Caravaggio.
Un particolare ringraziamento alla dottoressa Maria Clara Bartocci di Bell’Italia 88 che lo scorso 14 dicembre ci ha condotti fra le meraviglie di Sant’Agostino, mostrandoci il volto di una chiesa che è davvero uno scrigno d’arte.
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