La chiesa di Sant’Andrea al Quirinale di Gian Lorenzo Bernini è oggettivamente non solo una delle più belle chiese di Roma ma, soprattutto, una delle più originali, con quella pianta ellittica, cifra funzionale, prima che stilistica, marchio indelebile del genio dell’architetto napoletano.

Il critico d’arte Sir Sacheverell Sitwell la definì un capolavoro e non sbagliò perché questa chiesa, che fronteggia il lato sud del Quirinale, meglio noto come la Manica Lunga, è unanimemente riconosciuta come una delle perle del Barocco romano.

LA CHIESA DI SANT’ANDREA PRIMA DI BERNINI

Già a partire dall’XI secolo esisteva nello stesso sito dove oggi sorge il capolavoro berniniano, una chiesa dedicata a Sant’Andrea, uno dei primi apostoli di Gesù. Pescatore, al pari del fratello Simone, Andrea è martirizzato, stando al racconto dello storico Eusebio di Cesarea, nel 60 d.C. a Patrasso, in Grecia, appeso a testa in giù, attaccato con delle funi a una croce che la tradizione descrive a forma di x, per questo, in seguito, ribattezzata “Croce di Sant’Andrea”.

La denominazione attuale, legata al toponimo Quirinale, si afferma solo a partire dalla metà del XVI secolo, quando la piccola chiesa si lega alle vicende della Compagnia di Gesù che, in quella zona, aveva eretto il loro Noviziato, nel quale si formano, tra gli altri, Stanistalo Kostka e soprattutto Luigi Gonzaga.

Il potente ordine religioso, fondato da Ignazio di Loyola, decide di restaurare la chiesa affidando i lavori al ferrarese Giovanni Tristano, architetto ma anche gesuita, già noto per alcuni lavori compiuti a Roma, a Napoli e, persino a Perugia.

L’intervento restaurativo operato dal Tristano è talmente rapido che già nel 1568 la chiesa viene ufficialmente consacrata.

Ma all’iniziale soddisfazione dei gesuiti si sostituisce, poco dopo, l’esigenza di ampliare una chiesa che nelle dimensioni appare sempre più inadeguata alla rapida crescita del vicino noviziato.

E a poco servono i diversi interventi volti ad aumentare le cubature di Sant’Andrea. La chiesa deve essere rifatta, ex novo.

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ALESSANDRO VII SCEGLIE IL SUO ARCHITETTO PREDILETTO: GIAN LORENZO BERNINI

Roma, 2 settembre 1658. Gian Lorenzo Bernini incontra papa Alessandro VII al quale mostra il progetto per la chiesa di Sant’Andrea al Quirinale. Bernini, che di lì a qualche mese compirà sessant’anni, è al cospetto del pontefice nella veste ufficiale di incaricato per la riedificazione della chiesa dei Gesuiti.

Il papa, d’altra parte, nel momento di scegliere un nome per quell’impresa non ha avuto dubbi, vista l’ammirazione che nutre per il genio napoletano. Ma pur apprezzando molto Bernini Alessandro VII pone dei paletti ben precisi: la nuova chiesa non dovrà essere maestosa e su questo non transige.

Chiesa di Sant'Andrea al Quirinale

Chiesa di Sant’Andrea al Quirinale. Particolare dello stemma papale


Sulla via Pia, l’attuale via XX Settembre, nessuna costruzione avrebbe dovuto offuscare la maestosità del vicino Quirinale, la residenza papale, motivazione che aveva portato il predecessore di Alessandro VII, papa Innocenzo X, a scartare il progetto per Sant’Andrea presentato dal Borromini.

A papa Chigi la pianta della futura chiesa mostratagli da Bernini piace. Si può partire ma prima occorre un finanziatore per dividere le spese e la scelta papale ricade, inevitabilmente, sul cardinale Camillo Borghese. Sarà lui a versare ben 15000 scudi, ricevendo, in cambio dal Bernini la gloria eterna, incarnata nello stemma dei Borghese posto nella facciata della futura Sant’Andrea al Quirinale.

Il 3 novembre di quello stesso anno viene posta la prima pietra, il sogno di Bernini sta per divenire realtà.

 SANT’ANDREA AL QUIRINALE: UN PICCOLO CAPOLAVORO

Una gradinata semicircolare conduce al protiro, anch’esso semicircolare, sorretto da due colonne ioniche sulle quali insiste il timpano su cui poggia il già citato stemma dei Borghese.

La facciata di Sant’Andrea al Quirinale, così come concepita dal Bernini, è a un solo ordine, con paraste corinzie alle estremità, sorreggenti il frontone triangolare, al di sotto del quale si intravede un finestrone semicircolare.

Si tratta, nel complesso, di una facciata decisamente sobria, quasi grave, «la più controllata – come ha scritto Jake Morrisey – dall’epoca dei disegni per Santa Bibbiana risalenti a quasi tre decenni prima.»

La Chiesa di Sant'Andrea al Quirinale

La Chiesa di Sant’Andrea al Quirinale

Nessun eccesso, tutto è decisamente contenuto, controllato, misurato anche se l’elemento architettonico della curva e del contrasto dei movimenti, ampiamente presenti all’interno, riecheggiano anche nella facciata, i cui richiami alla classicità sono piuttosto evidenti.

Ma se sobrio è l’esterno, un «semplice incorniciamento di un protiro estroflesso» come suggerito da Paolo Portoghesi, portentoso è, al contrario, l’interno che, nelle intenzioni di Bernini, non dovrà solo accogliere il fedele ma stupirlo, togliendogli, letteralmente, il fiato.

E questo, di fatto, avviene.

Entrando nella chiesa gesuita è impossibile non rimanere meravigliati dalla magnificenza che si para dinnanzi. Marmi policromi, audacemente accostati tra loro; stucchi e dorature, magistralmente eseguiti da Giovanni Maria Baratta; colossali pilastri ma, soprattutto, la celebre pianta ellittica, cifra assoluta della meraviglia berniniana, perfetta sintesi della sua concezione del Barocco.

Così lo storico dell’arte Piero Adorno sulla geniale pianta della chiesa del Bernini:

«La piccola chiesa di Sant’Andrea al Quirinale riprende, nella pianta, la forma ellittica che Bernini, contemporaneamente, sta applicando al Colonnato di San Pietro. È dunque una forma berniniana. L’ellisse infatti nasce dal cerchio. Ma il cerchio è una figura geometrica che simboleggia la perfezione; pur dilatandosi in ogni direzione, è dominato dal centro perché tutti i punti perimetrali sono equidistanti da esso e vi si raccordano; è la pianta del rinascimento, rappresenta “l’idea”, è “vera” come avrebbe detto Michelangelo. L’ellisse invece esprime tensione, dinamismo; è, perciò, la pianta barocca.»

Insomma nel creare gli spazi interni della chiesa Bernini stupisce davvero e, per usare le parole ancora di Morrisey, «abbaglia, come una serie di fuochi d’artificio accuratamente scanditi nel tempo.»

Ma la meraviglia non si ferma qui, proseguiamo nella descrizione di un capolavoro.

LA CUPOLA, L’ALTARE MAGGIORE E LE CAPPELLE LATERALI

Se geniale è la pianta ellittica, nondimeno è la cupola sovrastante, riproducente l’ellitticità del pavimento sottostante. Questa è suddivisa in dieci spicchi decorati da un motivo a cassettoni esagonali e culmina, in un climax tipicamente barocco, nella piccola lanterna, tutta ornata da cherubini in stucco, opera di Ercole Antonio Raggi, autore anche di altre decorazioni e statue presenti nella chiesa.

Posizionato sull’asse corto della pianta ellittica, all’opposto dell’ingresso, troviamo l’altare maggiore, inquadrato da quattro colonne di marmo rosato e realizzato in bronzo dorato e lapislazzuli nel 1697, su disegni dello stesso Bernini.

L’elemento di più grande rilievo dell’altare maggiore è, senza dubbio, la grande tela raffigurante il martirio di Sant’Andrea, opera di Guillame Courtois, italianizzato in Guglielmo Cortesi ma decisamente più noto con il toponimo il Borgognone.

Fratello del più celebre Jacques Courtois, il Borgognone esegue la tela d’altare tra il 1668 e il 1671, rappresentando l’apostolo nell’atto di essere definitivamente legato alla croce.

Non meno suggestive sono le quattro cappelle laterali di Sant’Andrea al Quirinale che, pur completate in taluni in tempi diversi, seguono quell’unicum narrativo voluto dal Bernini, teso a offrire ai novizi, ai quali era destinata la chiesa, una medesima struttura didattica.

La prima di queste, a destra dell’ingresso, è la cappella dedicata a San Francesco Saverio, missionario gesuita morto nel 1552, in Cina. La decorazione viene affidata al Baciccio, al secolo Giovanni Battista Gaulli, autore di ben tre tele dedicate al santo spagnolo.

A seguire ecco la cappella della Passione, in cui spiccano le tre opere realizzate da Giacinto Brandi e raffiguranti tre momenti della passione di Cristo: la Deposizione, al centro, mentre ai due lati il racconto della flagellazione e quello della salita al Calvario.

Le restanti due cappelle, a sinistra dell’altare maggiore, sono dedicate a San Stanislao, con tele di Carlo Maratta e Ludovico Mazzanti e ai Santi Fondatori, Ignazio di Loyola, Luigi Gonzaga e Francesco Borgia, i primi canonizzati della Compagnia di Gesù.

Il progetto di Sant’Andrea al Quirinale, come ha scritto lo storico Paolo Balmas, alla fine riesce a mettere d’accordo tutti, dal papa al munifico mecenate, passando, ovviamente, per i gesuiti. Ma soddisfa, soprattutto, il suo artefice primo, Gian Lorenzo Bernini.

Di quella chiesa, una delle poche committenze per cui, volontariamente, non riceve denaro, l’autore di capolavori quali Apollo e Dafne è talmente soddisfatto da andarci spesso, ammirandola nel più totale silenzio.

Al figlio Domenico che un giorno trova il padre, ormai anziano, assorto dentro Sant’Andrea al Quirinale, così spiega quell’amore immutato per quella sua creatura:

«Figlio, di questa sola Opera di Architettura io sento qualche particolare compiacenza nel fondo del mio cuore, e spesso per sollievo delle mie fatiche io qui mi porto a consolarmi col mio lavoro.»

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