Palazzo Doria Pamphili, elegante edificio nobiliare ancora oggi adibito a dimora privata dell’omonima famiglia, è una storica residenza patrizia che si affaccia con la sua imponente facciata su Via del Corso a Roma. Il palazzo si sviluppa su vari corpi di fabbrica succedutisi nell’arco di quattro secoli, un lungo periodo che ha visto numerosi ampliamenti della sua struttura. Quel che attrae ed incanta quanti visitano la dimora nobiliare è la Galleria Doria Pamphili, nata per volere di papa Innocenzo X, l’esponente più illustre del casato, che nel 1651 nominò il nipote Camillo quale erede delle opere d’arte appartenenti alla famiglia, un gesto oculato e lungimirante che obbligava il giovane a conservare i beni ricevuti. Con quell’atto si dava vita al progetto di blindare il patrimonio artistico ed archeologico della famiglia Pamphili.
Bisogna poi ricordare che quattro anni prima, nel 1647, avvenne qui uno degli eventi cruciali della famiglia:il principe Camillo, dopo avere rinunciato alla carica di cardinal nipote, convolava a nozze con Olimpia Aldobrandini. L’unione tra i due casati accrebbe la già cospicua collezione di arte, grazie all’apporto delle tele appartenenti alla famiglia fiorentina. Ma vediamo quali sorprese riserva il meraviglioso palazzo Doria Pamphili.
PALAZZO DORIA PAMPHILI A ROMA: LE SALE
Palazzo Doria Pamphili, interni
Dopo avere percorso lo scalone centrale, si accede al piano nobile dell’antica dimora e si entra nella prima stanza del palazzo, il Salone di Poussin, una camera completamente ricoperta da tele e quadri realizzati dal pittore Gaspard Dughet, cognato di Nicolas Poussin. Camillo Pamphili commissionò nel 1661 un’enormità di opere per ricoprire le pareti della stanza. A farla da padrona è la moda del momento, quel gusto ed quella passione seicentesca per la pittura di paesaggio come genere a sé stante, con panorami ed ambienti en plein air, reali o inventati.
Si prosegue la visita e si arriva alla Sala dei Velluti, caratterizzata dalla presenza del pregiato tessuto lavorato tutto rigorosamente a mano e proveniente da Genova, città in cui ha vissuto fino al 1760 l’altro lato della famiglia, quello dei Doria. Le parti più consumate del velluto rosso, visibili lungo le pareti in cui sono poggiate le sedie, risalgono al ‘600 e della stessa epoca è la realizzazione del pavimento costituito da mattonelle in terracotta.
Il salone è ammobiliato riccamente con pregiati mobili quali alcune consolle dorate risalenti al ‘700 ed è arricchito dalla presenza di due busti scolpiti dall’Algardi, quello di Innocenzo X e quello di suo fratello, Pamphilio Pamphili.
Si entra, quindi, nella Sala da Ballo, creata nel 1903 dall’unione di due piccole stanze, appositamente per il debutto in società di una giovane appartenente alla famiglia nobiliare romana. Le pareti sono tutte rivestite di seta preziosa e lungo tutto il perimetro della stanza corrono numerose applique in cristallo. Nello spazio riservato all’orchestra risulta di notevole interesse un’arpa doppia costruita tra il ‘600 ed il ‘700, uno strumento raro perché costituito da una doppia fila di corde.
Infine, scopriamo il luogo più intimo e raccolto del palazzo Doria Pamphili, uno spazio adibito a luogo di culto per consentire momenti di raccoglimento e di preghiera degli appartenenti alla famiglia. Stiamo parlando della Cappella progettata dall’architetto Carlo Fontana tra il 1689 ed il 1691, che ha subito numerose trasformazioni nel corso dei secoli. Il luogo ospita due reliquie: il cadavere di Santa Teodora e quello di San Giusto, entrambi probabilmente riesumati dalle catacombe di Roma.
GALLERIA DORIA PAMPHILI: LE OPERE
Galleria Doria Pamphili: il ritratto di Innocenzo X e il busto di Olimpia
Dopo esserci deliziati gli occhi con questi ambienti finemente decorati, entriamo finalmente nella Galleria Doria Pamphili nata, come già accennato in precedenza, dal progetto lungimirante di papa Innocenzo X, che trasmise a suo nipote Camillo la collezione di opere d’arte, collezione successivamente arricchitasi con l’estinzione del ramo Pamphili e l’acquisizione da parte del ramo dei Doria di altre tele e di arazzi. Nella Galleria Doria Pamphili ci accoglie la prima versione del busto di Innocenzo X, realizzato da Gian Lorenzo Bernini, opera che l’artista dovette scolpire nuovamente per un’imperfezione del marmo, ben visibile all’altezza della barba.
La seconda versione della scultura si può osservare poco più avanti, in una stanzetta ospitata alla fine del primo braccio della Galleria Doria Pamphili, un piccolo spazio che racchiude due opere. La prima opera è il ritratto di Innocenzo X di Diego Velázquez, il quadro che ha consegnato alla storia la fisionomia del papa Pamphili che, su uno sfondo rosso, guarda verso lo spettatore, in una rappresentazione così realistica da avere suscitato sgomento nel pontefice stesso che disse: “È troppo vero”. Innocenzo X è seduto sul trono, la sua presenza è viva, corporea, la cura per i dettagli è notevole: l’anello della mano destra, lo sguardo altero, la lettera che stringe e su cui il pittore spagnolo ha apposto la sua firma.
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L’altra opera presente nella stanza è la seconda versione del busto berniniano di Innocenzo X dai forti dettagli realistici. Si notino la fronte corrugata, le pieghe della mantellina, le rughe che solcano gli occhi del pontefice. È necessario qui fare un piccolo inciso: purtroppo, nonostante la contemporaneità del papa Pamphili con l’artista più geniale del barocco, non sono presenti nella collezione altre opere di Bernini e questo non perché il pontefice non fosse consapevole dell’importanza che l’artista ricopriva, ma perché aspri furono i dissidi tra la famiglia dei Barberini e quella dei Pamphili.
Alla sua elezione, Innocenzo X mise al bando la famiglia rivale, quella che aveva portato sul soglio pontificio un suo esponente, papa Urbano VIII, e che fu accusata di avere dilapidato il patrimonio pontificio. Con l’allontanamento della famiglia Barberini da Roma, anche i favoriti di papa Urbano VIII caddero in disgrazia e Bernini, che aveva ottenuto numerose commissioni da questa famiglia, venne relegato ad un ruolo di comprimario.
Ma torniamo alla Galleria Doria Pamphilj dove ci troviamo dinanzi ad un susseguirsi continuo di opere pregiate, in uno scorrere incessante di quadri di artisti famosi che hanno fatto la storia della pittura europea: Tiziano con i suoi luminosi accordi cromatici, Brueghel con il gusto per il dettaglio, il Guercino con il suo barocco teatrale e poi Correggio, Raffaello, il classicismo di Annibale Carracci e di Guido Reni, Paolo Veronese, Giovanni Bellini, Domenichino con i suoi paesaggi idealizzati nonché il manierismo elegante del Parmigianino.
LA GALLERIA DEGLI SPECCHI
Galleria degli Specchi. Sullo sfondo la seconda versione del busto di Innocenzo X realizzata da Bernini
Il secondo braccio della Galleria Doria Pamphili ospita uno degli ambienti più affascinanti del palazzo: la Galleria degli Specchi, l’unico corridoio ad avere finestre su entrambi i lati, uno spazio così luminoso e sfarzoso da ricordare la Reggia di Versailles, costruito nel ‘700 ed abbellito con specchi pregiatissimi con cornici d’oro provenienti da Venezia. Il soffitto è decorato con scene di Ercole dipinte nel 1733 dal bolognese Aureliano Milani, mentre ai lati si trovano sculture di interesse archeologico appartenenti alla famiglia Doria Pamphili.
IL BUSTO DI OLIMPIA MAIDALCHINI E LE ULTIME SALE DEL PALAZZO
Proseguendo la nostra visita alla galleria si trovano altre opere pittoriche e nel quarto braccio si può ammirare anche una scultura dell’Algardi, il busto di Olimpia Maidalchini, moglie di Pamphilo Pamphili e madre di Camillo.
L’opera venne realizzata tra il 1646 ed il 1647 e lo scultore bolognese seppe tratteggiare quello sguardo superbo e quel cipiglio severo di colei che si mormorava fosse l’amante del papa, la donna che seppe convincere Innocenzo X ad abbandonare la riscossione delle tasse dei bordelli e che ricordò al cognato papa quanto fosse immorale per lo Stato Pontificio prendere quelle imposte sporcate dalla lussuria dei postriboli.
Fu così che gli introiti vennero riscossi direttamente da Olimpia Maidalchini, andando a confermare quello che già si diceva a Roma di lei, cioè che fosse una donna dissoluta e spregiudicata e che, per tale motivo, si meritò il soprannome di Pimpaccia.
Entriamo, quindi, nell’ultima sala, quella più antica: la Sala Aldobrandini, il cui soffitto crollò nel 1956 dopo un’abbondante nevicata. Qui si trovano le sculture antiche che un tempo ornavano i giardini di Villa Pamphili e qui oggigiorno sono state collocate alcune tele importanti per la storia dell’arte italiana, tra cui la Salomè di un giovane Tiziano (1511-1515) e due quadri della prima fase di Caravaggio: il Riposo durante la fuga in Egitto e la Maddalena penitente, acquistati da Camillo Pamphili.
Nelle due tele caravaggesche è evidente che la modella ritratta dal pittore sia la stessa per i due quadri: la donna presenta, infatti, la medesima posa e lo stesso sguardo, in una sovrapposizione ed un mescolamento tra la figura della Madonna e quella della Maddalena. Per chi fosse interessato, ricordiamo che c’è la possibilità di acquistare anche il biglietto per effettuare la visita agli appartamenti privati, che offre l’opportunità di entrare nella Sala del Trono e nelle varie stanze che devono il loro nome ai colori predominanti con cui sono arredate e decorate.
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