Huc Tiber ascendit, “fino a qui è cresciuto il Tevere”, recitano molte delle targhe marmoree sparse sui muri delle vie di Roma. Un dito, una barca o una linea indicano il punto massimo toccato dalle inondazioni del Tevere. Accanto al livello delle acque è trascritto un riferimento temporale ed una breve descrizione dell’evento in lingua latina; un ricordo, se mai ce ne fosse bisogno, dell’intreccio e del legame tra la città ed il suo fiume.
INONDAZIONI DEL TEVERE: L’ISCRIZIONE PIÙ ANTICA
La più antica iscrizione commemorativa della piena del Tevere, in Via Arco dei Banchi a Roma
Andando a spasso per Roma molti turisti saranno passati indifferenti davanti alle numerose tabelle marmoree sparse per il centro storico della città. I più attenti e curiosi, invece, si saranno fermati per comprendere quanto queste epigrafi riportano. Si tratta di numerose iscrizioni, targhe ed idrometri posti sui muri a ricordo delle piene del Tevere succedutesi nel corso dei secoli. La più antica iscrizione risale al 1276 ed è posta attualmente all’interno dell’Arco dei Banchi, in prossimità di Castel Sant’Angelo; la lastra rettangolare, un tempo collocata presso la chiesa di San Celso e San Giuliano, ricorda l’inondazione del 6 novembre di quell’anno e l’incisore ha utilizzato una scrittura comprendente caratteri semi-gotici.
LE ALLUVIONI A ROMA TRA IL ‘500 E IL ‘600
Piazza del Porto di Ripetta, particolare delle due colonne che rievocano le inondazioni
Ma la storia di Roma si è intrecciata numerose altre volte con il suo fiume. Il 4 dicembre 1495 il Tevere tracimò così abbondantemente da ricoprire mezza città. Palazzi, abitazioni e chiese subirono ingenti danni ed i detenuti che si trovavano imprigionati nelle carceri di Tor di Nona morirono annegati. Nuovi allagamenti avvennero poi nel 1530 e nel 1557, causando, tra l’altro, il crollo della chiesa di San Bartolomeo all’isola Tiberina.
Santo Spirito in Sassia, a sinistra la targa dell’inondazione del 1598. A destra il lato ovest della chiesa
La più catastrofica alluvione avvenne nel dicembre 1598 quando Roma fu colpita da piogge torrenziali che andarono ad ingrossare il fiume fino a farlo crescere di dieci metri. Il Tevere cominciò a tracimare in molti punti della città, abbattendo numerose case del rione Borgo, dell’isola Tiberina e del porto di Ripetta. Sul lato occidentale del complesso monumentale di Santo Spirito in Sassia una targa rievoca quell’inondazione: “fin qui crebbe il Tevere nella stessa notte della nascita del Signore.”
L’iscrizione a Piazza della Minerva e Ponte Rotto
Fu in questa circostanza che due archi del ponte Emilio crollarono, cambiando di fatto il nome della costruzione in Ponte Rotto. Nove mulini, installati lungo il corso d’acqua, furono distrutti dalla corrente del Tevere; merci, usci, mobili e persino i cadaveri, contenuti nelle tombe di Santa Maria dell’Anima, furono trascinati via dalla furia del fiume. Il ricordo di quell’alluvione si trova oggi in Piazza della Minerva, accanto alla chiesa di Santa Maria.
Nel corso del Seicento il Tevere straripò nuovamente altre tre volte, causando, nel 1647, danni a Ponte Mollo (Ponte Milvio). Crollarono le case a Via dell’Orso e a Via di Monte d’Oro “et in diverse maniere si affogorno carrozza a sei cavalli piene di gente” ricorda Giacinto Gigli nel suo Diario Romano.
LE PIENE DEL TEVERE DALL’OTTOCENTO AI GIORNI NOSTRI
Due targhe che rievocano l’inondazione del Tevere del 1805: a sinistra in Via Canova, a destra in Via dell’Arancio
Le ultime due tragiche alluvioni a Roma si verificarono nel 1805, mentre papa Pio VII si trovava in Francia per l’incoronazione di Napoleone e nel 1870. Tra il 26 ed il 29 dicembre di quell’anno il Tevere superò i 17 metri, allagando il quartiere di Trastevere, Piazza del Popolo e Piazza del Pantheon.
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L’idrometro in Largo S. Rocco dopo l’alluvione del Tevere del 1821
I danni ed il numero delle persone decedute spinsero il Regno d’Italia, che proprio in quell’anno aveva annesso Roma, a studiare una soluzione che ponesse fine alle frequenti alluvioni. Raffaele Canevari progettò i nuovi argini del Tevere, i cosiddetti muraglioni che furono terminati soltanto nel 1926.
Il nuovo sistema di contenimento fu messo a dura prova appena undici anni dopo, nel 1937, quando ingenti ed abbondanti piogge interessarono nuovamente la città di Roma. Nonostante l’intensità dei rovesci e l’allagamento di alcune zone della città, i danni furono contenuti.
Tornando ai giorni nostri, il 12 dicembre del 2008 Roma è stata interessata dall’ultima piena del Tevere (foto in copertina) che ha raggiunto i tredici metri di altezza ma a memoria di questo evento, contrariamente al passato, non è stata posta nessuna targa.
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