L’iscrizione di San Clemente si trova nella parte inferiore della omonima basilica romana. Rappresenta uno dei primi documenti scritti che attesta il passaggio dall’utilizzo del latino al volgare italiano. Il ciclo di affreschi che narra la leggenda di Sisinnio è stato dipinto intorno al decennio 1090-1100, poco dopo l’incendio appiccato nel 1084 dalle truppe normanne di Roberto il Guiscardo.

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L’ISCRIZIONE DI SAN CLEMENTE

Tutta la basilica inferiore di lì a poco sarà destinata all’oblio per sette secoli. La struttura verrà seppellita dal pietrame e fungerà da fondamenta per il nuovo edificio di culto costruito nel XII secolo. Riemergerà dalle viscere e dal silenzio soltanto nel 1857 grazie all’opera di scavo condotta dall’allora priore del convento.


Divisa in tre navate, la basilica paleocristiana conserva degli affreschi risalenti ai secoli IX ed XI. Tra questi occorre soffermarsi su quella che è stata definita l’iscrizione di San Clemente, di notevole suggestione perché si lega direttamente alla nascita della nostra lingua.

L’affresco ci riporta nella Roma del I secolo d.C. e narra la leggenda di Sisinnio, pretore romano. Nella parte alta della pittura si assiste al tentativo di arresto di San Clemente papa ad opera del funzionario romano davanti agli occhi dei vescovi e della moglie di lui, Teodora, convertitasi alla religione cristiana.

Nella fascia sottostante il papa è dipinto in casa di Sisinnio, dove il santo si era recato per guarirlo. La scena ritrae l’ira dell’uomo che ordina ai suoi tre sottoposti di cacciare il pontefice. Gli uomini del prefetto, credendo di avere tra le braccia l’ospite sgradito, nella realtà si trovano a sollevare una pesantissima colonna di marmo.

“FILI DE LE PUTE, TRAITE”

Le parole che escono dalle loro bocche sono le attestazioni scritte del volgare parlato alla fine dell’anno Mille e la trascrizione di quel parlare comune è uno dei primi documenti scritti della nostra lingua.

Albertellus: Falite dereto co lo palo, Carvoncelle.

Sanctus Clemens: Duritiam cordis vestris saxa traere meruistis.

Sisinium: Fili de le pute, traite.

Gosmarius: Albertel trai.

(traduzione)

Albertello: Carvoncello, spingi da dietro con il palo.

San Clemente: A causa della durezza del vostro cuore, avete meritato di trascinare sassi.

Sisinnio: Figli di puttana, tirate!

Gosmario: Albertello, spingi!

Iscrizione di San Clemente

L’iscrizione di San Clemente è uno dei primi esempi di volgare italiano

La lingua parlata da Sisinnio e dai suoi due uomini è chiaramente un esempio di volgare italiano. Si noti la presenza di preposizioni articolate che in latino non erano presenti: co lo palo e de le pute.

Ad ulteriore conferma della contaminazione del latino si osservi la frase del santo, l’unico ad esprimersi nella lingua di Cicerone, seppur degenerata. Il verbo trahere ha perduto la h e, in luogo dell’ablativo duritia, si è utilizzato l’accusativo duritiam.

Pur volendo sottolineare la distanza culturale e di ceto dei protagonisti raffigurati si evidenzia un chiaro ravvicinamento del latino alla lingua parlata al giorno d’oggi da tutti noi.

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