Dopo avere parlato delle necropoli etrusche del Lazio più meridionali continuiamo il viaggio tra gli itinerari etruschi nel Lazio puntando verso settentrione. Le sorprese non finiscono perché tirando ancora una linea verso nord ci si può concedere una bellissima e rilassante passeggiata in un bosco della Tuscia, alla scoperta dell’antica città di Norchia (nel comune di Vetralla).
Quasi del tutto sconosciuta ed immersa in un paesaggio suggestivo e lontano nel tempo, Orcla (questo il suo nome originario) fu costruita in posizione elevata per sfuggire alla malaria e per funzioni difensive. Il centro etrusco era circondato da tre corsi d’acqua ed era costituito da uno spazio sufficiente ad ospitare al suo interno la città dei vivi e quella dei morti. Dell’acropoli non è rimasto purtroppo nulla ma numerose sono, invece, le tracce della necropoli costruita sulle pareti di tufo dell’area boschiva.
Si scende attraverso la roccia vulcanica e si osservano da vicino e tombe a dado e a semidado che si poggiano sulle pareti. Si rimane stupiti ed incantati dalla loro bellezza, immerse come sono nella boscaglia.
ETRUSCHI NEL LAZIO: LA NECROPOLI DI NORCHIA
Tutta la struttura delle tombe della necropoli di Norchia era organizzata e predisposta al meglio. Negli ambienti ipogei venivano collocati i corpi delle persone morte insieme al loro corredo funerario; al di sopra invece l’ambiente erano riservati ai congiunti del defunto che potevano banchettare ed onorare il loro caro che passava a nuova vita, avendo varcato quella porta che è scolpita nella parte superiore del dado squadrato.
Alcune tombe della necropoli di Norchia
Ma Norchia racchiude anche un nucleo urbano più vicino a noi nel tempo. Una città medievale che venne abbandonata definitivamente alla metà del Quattrocento a causa di un’epidemia di malaria che falcidiò la popolazione. Passeggiare nel bosco alla scoperta dei ruderi, avvolti dall’ombra e dai rumori della natura è emozionante.
In questo viaggio nel tempo tra gli Etruschi nel Lazio vi troverete a camminare molto probabilmente da soli alla ricerca delle tombe in tufo e della Via Cava, risalirete il crinale per osservare i resti del castello e quelli della chiesa di San Pietro (IX secolo) fino ad incontrare i colombari, affacciati su un balcone naturale che domina il territorio. A Norchia passava la Via Clodia, la strada che, allargando quella etrusca, costruirono i Romani per collegare Roma a Saturnia.
TARQUINIA: IL MUSEO ARCHEOLOGICO E LA NECROLI DI MONTEROZZI
E poi arriva lei, la bella e superba Tarquinia che risplende d’oro con le sue mura, le chiese e le case costruite con i blocchi di macco, una pietra calcarea locale dal caratteristico colore giallo. Con la luce bassa che taglia orizzontalmente il paese le costruzioni si accendono e risplendono di un colore intenso. Le fiere torri quadrate che si alzano verticali, gli affacci sul mare, il panorama che si apre sui campi agricoli, sulle colline, sul Giglio e su Giannutri, la meraviglia romanica di Santa Maria in Castello che primeggia con la sua torre, tutto contribuisce a rendere unica questa città dal cuore etrusco.
I cavalli alati poi rapiscono gli occhi. Due equini dai muscoli torniti, due musi che ti guardano quasi sfidandoti e che richiedono la tua attenzione. Sono il simbolo della città e sono di una potenza incredibile. Custoditi oggi all’interno del Museo Archeologico di Tarquinia, emozionano per la loro incredibile forza e suggestione. Immaginateli per un attimo dove erano collocati originariamente: sul frontone del tempio etrusco costruito nella suggestiva Ara della Regina, l’Acropoli della città.
I due destrieri nobili e possenti erano stati scolpiti per abbellire l’edificio sacro più imponente di Tarquinia. Due animali sublimi che tiravano una biga, oggi andata perduta.
La statua dei Cavalli Alati al Museo di Tarquinia e una delle tombe dipinte della Necropoli di Monterozzi
Ma Tarquinia è anche il mix di colori vitali e potenti della necropoli dei Monterozzi, Patrimonio Mondiale dell’Umanità e prima espressione sublime della pittura antica, come affermò lo stesso etruscologo Massimo Pallottino.
Un florilegio di ricchezza, storie, figure e rimandi all’aldilà. Porte che aprono al mondo dei morti, banchetti, allegri suonatori di flauti, Charun che traghetta l’anima dei defunti, i demoni azzurri, le tavole imbandite. E poi l’antico porto di Gravisca (oggi Porto Clementino) con le saline, una distesa azzurra di 170 ettari in cui oggi che non si produce più il sale convivono uccelli migratori e stanziali come i fenicotteri rosa, le garzette, gli aironi, i cavalieri d’Italia.
Infine, un volto su tutti: quello celebre della Fanciulla Velca, ritratta di profilo, con il viso dolce e gentile ed impreziosito dai monili. Un volto che è diventato iconico, contornato da un ricco diadema ed impreziosito da un girocollo e da eleganti orecchini.
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ITINERARI ETRUSCHI NEL LAZIO: IL FASCINO DI TUSCANIA
E proprio sulle tracce degli Etruschi raggiungiamo la vicina Tuscania, il borgo medievale che mostra tutta la sua impareggiabile bellezza con un affaccio incredibile dal Parco Torre di Lavello. Da qui si ammirano i resti del castello, la chiesa di Santa Maria Maggiore e la sagoma dolce e maestosa di una perla, una costruzione incredibile che regala suggestioni: la chiesa di San Pietro a Tuscania che si erge sull’omonimo colle, catturando l’attenzione di quanti vengono nel parco a passare il loro tempo nella contemplazione di una vista favolosa. Un tratto della Via Clodia è ancora visibile sulla strada che dal borgo conduce al colle San Pietro e questo fa comprendere bene come in passato la città fosse considerata importante.
Tuscania, rosone della Basilica di San Pietro
Il ritrovamento di numerosi sarcofagi nelle necropoli sparse sul territorio ha conferito a Tuscania il soprannome di città dei sarcofagi etruschi. I reperti ritrovati si trovano all’interno del Museo Archeologico di Tuscania.
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MAREMMA LAZIALE: VULCI
Siamo giunti ora all’ultima tappa del viaggio immersivo dell’Etruria meridionale alla ricerca degli Etruschi nel Lazio. Siamo nella Maremma laziale, al confine con la Toscana, in un territorio in cui possiamo godere della visione suggestiva ed ammaliatrice dell’uomo che ha saputo amalgamarsi ed integrarsi con quello della terra. Le distese di erba, le dolci colline, la presenza arborea partecipa alla bellezza incantata del ponte dell’Abbadia e del castello costruito lungo l’alveo del fiume Fiora.
E poi si apre il placido e tranquillo pianoro su cui si sviluppava l’antica città etrusco-romana di Vulci. Affascinante gli incontri suggestivi delle emergenze archeologiche che si susseguono: le fondamenta del grande tempio, la meravigliosa domus del Criptoportico, la strada lastricata romana, gli edifici in laterizio e poi le necropoli, il tutto immerso in un paesaggio pastorale che vedono imporsi su tutto le mucche maremmane al pascolo.
Vulci. Castello dell’Abbadia (foto di Nicola Pino)
Degna di nota è sicuramente la tomba François, appartenente ad una delle più importanti famiglie aristocratiche di Vulci e scoperta nella necropoli di Ponte Rotto alla metà dell’Ottocento. I suoi preziosi affreschi furono staccati nel 1863 per essere trasferiti a Roma, prima all’interno di Palazzo Torlonia alla Lungara e poi nella Villa Albani-Torlonia, dove ancora si trovano.
Infine un’interessante veduta sul placido lago del Pellicone, formato dal fiume Fiora che compie qui un salto per superare una pendenza del terreno. La roccia vulcanica, la folta vegetazione, le acque del lago offrono un bel panorama finale per quanti giungono qui ad osservare le bellezze di Vulci e di quest’ultimo lembo del Lazio.
Seconda e ultima parte dell’articolo di Alessandra La Ruffa “Sulle orme degli Etruschi” pubblicato a ottobre 2021 sulla rivista cartacea “Viaggi e Cammini” (trimestrale – anno 3 – n. 10).
Per approfondire:
Leggi anche: Le necropoli etrusche nel Lazio (prima parte)