La Fornarina, uno dei volti femminili più belli e celebri di tutta la storia dell’arte, fu uno degli ultimi dipinti realizzati da Raffaello Sanzio, un’opera tutta da vedere alla quale il pittore urbinate era affezionatissimo, tanto da conservarla nel proprio studio fino alla morte, avvenuta il 6 aprile 1520.

CHI ERA LA FORNARINA? SULLE TRACCE DI UNA DONNA MISTERIOSA

Chi sia la donna che Raffaello immortala in una delle tele più note di sempre, è ancora oggi un mistero. Per Giorgio Vasari quel volto apparteneva a una giovane ragazza di cui pittore, «persona molto amorosa et affezionata alle donne» si era invaghito, al punto tale da farla diventare «amata sua» e volendola sempre accanto mentre dipingeva la Loggia di Villa Farnesina a Roma per volontà del banchiere Agostino Chigi.

Secondo lo storico dell’arte Antonio Forcellino, invece, alla base della scelta di Raffaello di volerla vicino a sé non ci sarebbe stato tanto «l’incapacità di separarsene per poche ore come vuole la leggenda» quanto l’intento da parte del pittore originario di Urbino di strappare quel misterioso fascino e «trasporlo sul muro» da affrescare.

Intensa passione amorosa o interesse artistico, sta di fatto che di quella ragazza dipinta da Raffaello probabilmente nel 1520, poco tempo prima dell’improvvisa morte dell’artista, non si sa molto, almeno fino al XVIII secolo quando su quella bella donna, su cui era «inutile saperne di più» come scrive Gustave Flaubert, si cominciò a scoprire qualcosa.

Per alcuni si tratterebbe di Margherita Luti, la figlia Francesco Luti, di professione fornaio, la cui bottega era situata in via di Santa Dorotea, nel popolare quartiere romano di Trastevere.

Secondo altri, invece, nell’appellativo “fornarina” usato per la prima volta nel 1772 dall’incisore Domenico Cunego, si celerebbe il nome d’arte di una cortigiana romana, le cui doti erano ben altre rispetto a quelle della figlia di un fornaio trasteverino, noto in città come il Senese, dalla città d’origine.

Ipotesi disparate a parte rimane la bellezza magnetica di un volto che molto probabilmente ispirò Raffaello anche per La Velata o per il personaggio di Galatea che compare nell’affresco di Villa Farnesina e forse anche il Lorenzetto per la realizzazione della Madonna del Sasso, la splendida scultura che, commissionata da Raffaello stesso, veglia l’eterno riposo del grande artista marchigiano nella circolare immensità del Pantheon.

L’INCONTRO TRA RAFFAELLO E LA GIOVANE DAL VISO GENTILE

Raffaello Sanzio e La Fornarina

Raffaello Sanzio e La Fornarina

Su quel volto di una bellezza spiazzante si è scritto molto, così come sull’eventuale rapporto fra quella ragazza e l’autore di capolavori come La Scuola di Atene, uno degli affreschi più iconici di sempre.

Quella giovane dal viso gentile, dallo sguardo penetrante, più o meno da sempre, è ritenuta la musa ispiratrice di Raffaello Sanzio, la sua modella prediletta, forse, anche l’amante perfetta, capace di conquistare il genio urbinate al primo sguardo.

Ai racconti innervati di romanticismo che, specie nell’Ottocento, descrissero la bella Fornarina e l’appassionata relazione con Raffaello, secondo alcuni addirittura suggellata da un misterioso sposalizio, fece da contraltare la narrazione meno poetica di Giorgio Vasari.

Per il pittore aretino, autore della celebre Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori, e architettori, il primo fatale incontro fra la ragazza e Raffaello avvenne a Roma nei pressi del Tevere, dentro il quale la giovane era piacevolmente immersa.

La nudità della donna, unita al suo magnetico fascino furono i fatali elementi che scatenarono nell’artista un’inesauribile bramosia, un’insaziabile voglia di possesso di quella popolana romana che si narra abitasse non lontana da piazza Navona, nella centrale via del Governo Vecchio, dove una targa tramanda ai posteri l’imperitura memoria di quel celebre domicilio:

«qui abitò colei che ebbe fama per essere stata amata da Raffaello Sanzio»

LA FORNARINA A ROMA, DALLO STUDIO DI RAFFAELLO A PALAZZO BARBERINI

Se incerte rimangono le generalità della modella, nonché la committenza, molto di più si sa sui passaggi che portarono quella tela dallo studio di Raffaello all’attuale collocazione in Palazzo Barberini.

Le peregrinazioni del dipinto a cui il pittore urbinate era molto legato, stando alla testimonianza di Giulio Romano, uno dei suoi più grandi allievi, cominciarono alcuni anni dopo la morte di Raffaello.

Nel 1595 quel dipinto, definito in un documento dell’epoca come quello di «una donna nuda ritratta dal vivo, mezza figura di Raffaele», arricchiva sicuramente la collezione di Caterina Nobili Sforza di Santa Fiora, aristocratica, originaria di Montepulciano che poteva vantare tra gli illustri avi anche papa Giulio III, fratello della nonna paterna.

Alla morte della nobildonna, la tela passò di mano, diventando prima proprietà di Giovanni Buoncompagni, genero di Caterina Nobili Sforza e poi dei Barberini che la ereditano insieme alla ricca collezione presente all’interno della dimora degli Sforza, oggi più nota come Palazzo Barberini.

ANALISI DI UN CAPOLAVORO

La Fornarina è un olio su tavola di medie dimensioni, 87 x 63 cm, la cui protagonista assoluta è una ragazza, ritratta di tre quarti, a seno scoperto e coperta, sotto la cintola, da una sensuale veste trasparente che conferisce ancora più malizia a tutta la figura, la cui inconsueta rappresentazione fa supporre una committenza destinata a una collocazione decisamente privata.

La Fornarina a Roma

La Fornarina a Palazzo Barberini a Roma

La giovane donna, i cui richiami alla statuaria classica sono piuttosto evidenti, si pensi solo alla cosiddetta Venere pudica, si contraddistingue per una serie di imperdibili particolari, affascinanti accessori che conferiscono bellezza e mistero.

Innanzitutto il pregiato turbante che avvolge, secondo la tradizione romana, il capo della Fornarina; poi il prezioso pendaglio, fissato a un cerchio dorato che ricorda quello di altra misteriosa donna dipinta da Raffaello: La Velata.

Infine la latineggiante firma dell’artista, quel Raphael Urbinas che campeggia su un bracciale dorato cingente una delle due braccia. Si tratta, come ha colto la critica, più che di un segno autografo, dello stigma del possesso da parte dell’artista, la tangibile certificazione dell’intimo, inscindibile legame fra la creatura e il suo creatore.

Dietro la Fornarina si staglia uno sfondo scuro composto da un cespuglio di mirto, pianta da all’alto valore simbolico e da un ramo di melo cotogno, allegoria della fertilità, quinta perfetta, nella sua ricercata oscurità, per esaltare il candore della pelle e quello dei capezzoli, così sensuali nel loro acceso naturalismo, sottolineato da una mano che ne circonda maliziosamente uno.

Ma più di tutto a colpire è lo sguardo di quella ragazza che promana sicurezza, attraverso la sua rassicurante bellezza.

Ecco come Antonio Forcellino descrive alcuni aspetti di questo meraviglioso, indimenticabile dipinto:

«Lo sguardo sfugge anche qui a quello dell’osservatore, ma non è per timidezza. Con un lievissimo sorriso, la ragazza ostenta la consapevolezza del proprio fascino e della propria perfetta bellezza. Gli occhi immensi hanno l’iride scura accesa da un guizzo luminoso e il bulbo celeste come quello dei bambini. Sono esaltati dalla curva perfetta delle sopracciglia nere, descritte minuziosamente dal pennello di Raffaello. Tutto il dipinto sembra costruito sulla curva che parte dalla sciarpa plissettata, scende sulle sopracciglia e sugli occhi, poi sul labbro inferiore tirato su dal sorriso per fermarsi sui seni e i capezzoli.»

 

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DOVE SI TROVA LA FORNARINA DI RAFFAELLO SANZIO?

Questa splendida tela è uno dei moltissimi capolavori custoditi in uno degli scrigni d’arte più celebri al mondo: Palazzo Barberini. Nella dimora che fu prima degli Sforza e poi della celebre famiglia capace di portare al soglio pontificio Maffeo Barberini, il leggendario Urbano VIII e che vide avvicendarsi architetti del calibro di Maderno, Borromini e Bernini, la Fornarina troneggia con il suo sorriso enigmatico, capolavoro fra capolavori.

Palazzo Barberini, sito al civico 13 di via delle Quattro Fontane, una delle arterie volute da papa Sisto V, è visitabile dal martedì alla domenica (il lunedì è chiuso) dalle 10.00 alle 18.00, con chiusura della biglietteria alle ore 17.00.

Palazzo Barberini è facilmente raggiungibile con la metro A, la stazione Barberini distante pochi metri dall’ingresso principale ma anche da diverse linee di bus che transitano su via del Tritone, su Piazza Barberini o sulla stessa via delle Quattro Fontane.

Nel biglietto di ingresso è compresa anche la visita entro venti giorni dalla vidimazione dello stesso, di Galleria Corsini, un altro luogo dove storia, potere, arte e bellezza si fondono in un perenne, suggestivo abbraccio.

Le foto del dipinto sono state scattate da Maurizio Carvigno

Per approfondire:

 

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