Roma ha subito, nel corso dei secoli, numerosi interventi urbanistici ed edilizi, che ne hanno modificato le caratteristiche principali. Attività che hanno alterato e rivoluzionato interi quartieri. Palazzi demoliti, fontane collocate altrove ed aperture di nuove strade hanno cambiato la percezione e l’essenza della città. La distruzione della spina di Borgo ne è un esempio.
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SPINA DI BORGO. L’ANTEFATTO: LA QUESTIONE ROMANA
Siglare un patto, una pace, un armistizio, porre fine ad un antico conflitto porta talvolta a delle conseguenze. Non solo politiche. Cambiare strategia, smorzare un attrito significa anche aprire nuovi spazi architettonici, nuovi modi di concepire un’intera area. Una riconciliazione tra due parti conflittuali deve necessariamente essere suggellata da un’unione di simboli.
Così la pace tra lo Stato Pontificio ed il Regno d’Italia fu sancita dalla costruzione di una imponente strada, dal nome evocativo, al fine di ratificare un accordo raggiunto da due parti per lungo tempo in conflitto.
Via della Conciliazione doveva rappresentare, infatti, un ponte tra il simbolo della Chiesa, la basilica di San Pietro, e quello della Roma imperiale, Castel Sant’Angelo. I due luoghi-culto, secondo il nuovo piano regolatore previsto da Mussolini, dovevano guardarsi e ritrovarsi in un unico spazio visivo.
Unire, però talvolta, significa distruggere. Soprattutto se a questa nuova visione e rappresentazione della città si frappongono case, palazzi, viuzze; tutte concentrate nell’area che deve costituire il palcoscenico della conciliazione. Per questo si diede il via alla distruzione della spina di Borgo.
LA BRECCIA DI PORTA PIA
Il 20 settembre 1870 i bersaglieri, attraverso la breccia di Porta Pia, entrarono a Roma sconfiggendo l’esercito papalino. L’unità d’Italia si era compiuta nove anni prima e all’appello mancava soltanto la città di Roma. L’esiguo numero di soldati schierati a difesa dello Stato Pontificio nulla poté contro l’esercito italiano. La difesa del territorio di Pio IX fu più simbolica che effettiva. Alle 10 di mattina infatti, dopo appena cinque ore di scontri, le truppe pontificie esposero la bandiera bianca.
Firmata la resa, i territori che prima erano appartenuti allo Stato Pontificio furono annessi al Regno d’Italia ed il papa fu costretto a ritirarsi all’interno delle mura leonine. Con la promulgazione del Regio Decreto n. 5903 del 9 ottobre 1870 Roma fu proclamata capitale d’Italia e fu abolito il potere temporale della Chiesa. Si aprì, di fatto, quella che alla storia è passata come la Questione Romana.
Papa Pio IX si considerò prigioniero dello stato italiano e rimase confinato nel suo territorio. In occasione delle elezioni politiche del Regno d’Italia del 1874, il pontefice invitò tutti i cittadini cattolici a disertare le urne e a non partecipare alla vita politica del Regno d’Italia, utilizzando la formula di dissuasione non expedit, non conviene.
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I PATTI LATERANENSI
La questione romana andò avanti per parecchi anni fino a che non fu trovata una soluzione, che portò alla fine della disputa tra lo stato italiano e la Santa Sede.
Il cardinale Pietro Gasparri e Benito Mussolini – Patti Lateranensi
L’11 febbraio 1929, nel palazzo di San Giovanni in Laterano, Benito Mussolini ed il Segretario di Stato vaticano, Cardinale Pietro Gasparri, firmarono i Patti Lateranensi. Gli accordi prevedevano il riconoscimento, da parte dell’Italia, dell’indipendenza della Santa Sede ed un cospicuo risarcimento in favore della Chiesa per il danno subito dalla perdita dei territori avvenuta nel 1870. Si sanciva, di fatto, la nascita dello Stato della Città del Vaticano.
Quale migliore rappresentazione e celebrazione della ritrovata pace tra Stato e Chiesa poteva esserci se non nel collegamento, fisico e visivo, di Castel Sant’Angelo e della basilica di San Pietro? L’incarnazione della Roma Imperiale e della Roma papalina potevano finalmente essere uniti da un nuovo asse viario.
LA DISTRUZIONE DELLA SPINA DI BORGO
L’apertura di questa nuova strada fu progettata dagli architetti Marcello Piacentini ed Attilio Spaccarelli per rendere più agevole e monumentale l’accesso alla basilica di San Pietro. Lo stesso Mussolini, difatti, chiese un ingresso monumentale “al posto del meschinissimo ingresso dei Borghi”. I lavori ebbero inizio il 29 Ottobre 1936, con il primo colpo di piccone dato proprio da Mussolini dalla cima del tetto di una abitazione. Un anno dopo, l’8 Ottobre 1937, la visuale tra i due luoghi-simbolo di Roma era completamente libera.
La realizzazione di Via della Conciliazione provocò la distruzione di una parte del quartiere di Borgo. La cosiddetta spina, dall’impianto medievale e rinascimentale, fu demolita nell’arco di un solo anno per lasciare spazio alla nuova strada. Alcuni palazzi furono rasi al suolo e ricostruiti ai lati di Via della Conciliazione, altri furono abbattuti del tutto.
La fontana ideata da Maderno, che si trovava in Piazza Scossacavalli, fu smontata e ricollocata davanti alla chiesa di Sant’Andrea della Valle, dove si trova ancora oggi.
Il rifacimento dell’area e la distruzione della spina di Borgo hanno eliminato la meraviglia che doveva prodursi agli occhi del visitatore che si avvicinava ai luoghi sacri rappresentati dalla basilica di San Pietro e della sua piazza.
Bernini, infatti, aveva sfruttato a mo’ di palcoscenico gli edifici ed i vicoli del quartiere per realizzare un effetto scenografico imponente. Al pellegrino che si avvicinava a San Pietro doveva aprirsi improvvisamente la solennità della cupola progettata da Michelangelo e realizzata, dopo la sua morte, da Fontana e Della Porta.
LA NUOVA VISUALE DA VIA DELLA CONCILIAZIONE
Il colonnato ovale del Bernini aveva la funzione, poi, di racchiudere in un abbraccio i cristiani che si avvicinavano alla basilica. L’incanto e la meraviglia erano i sentimenti che dovevano affacciarsi nell’animo dei pellegrini che uscivano dalle piccole vie del quartiere.
L’effetto doveva essere veramente dirompente ed indimenticabile se un Alberto Sordi bambino lo registrò nella sua memoria e lo descrisse così a distanza di anni:
“Avevo quattro anni quando vidi per la prima volta San Pietro e fu proprio per il Giubileo del 1925. Ero in compagnia di mio padre, venivamo da Trastevere, dove ero nato in via San Cosimato e dove vivevo con la mia famiglia. Arrivammo percorrendo i vicoli, che poi furono distrutti, di Borgo Pio: un ammasso di casupole, piazzette, stradine. Poi, dietro l’ultimo muro di una casa che si aprì come un sipario, vidi questa immensa piazza. Il colonnato del Bernini, la cupola. Un colpo di scena da rimanere a bocca aperta. Ecco, quello che ricordo di più di quel Giubileo fu questa sorpresa”.
Foto o dipinti della spina di Borgo sono disponibili sul sito di Roma sparita.
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