I laghi di Monticchio e la vicina badia di San Michele sono due splendidi esempi della bellezza della Basilicata, la cui esistenza, come ebbe a dire Rocco Papaleo, è simile al concetto di Dio, o ci credi o non ci credi e noi alla Basilicata e alla sua infinita bellezza ci crediamo totalmente.
LAGHI DI MONTICCHIO: TRA ALBERI SECOLARI E LA RARA BRAMEA DI HARTING
Nel grande cratere del Monte Vulture, un antico vulcano oramai spento parte dell’Appennino meridionale, si trovano due specchi d’acqua di rara bellezza, stiamo parlando dei Laghi di Monticchio, un posto magico, tutto da visitare.
Prima di partire con l’esplorazione di questi bacini lacustri, diamo alcune fondamentali coordinate. Siamo, innanzitutto, in Basilicata, per la precisione nella Riserva del Vulture, in provincia di Potenza, località foriera di bellezza, di natura incontaminata ma anche terra di straordinari prodotti enogastronomici, come l’Aglianico del Vulture, un vino dal rosso intenso che non ha nulla da invidiare a leggendari colleghi quali il Chianti o il Barolo.
I due specchi d’acqua che colmano l’antico cratere di un vulcano oggi totalmente spento, sono il Lago Grande e quello Piccolo, differenti non solo per profondità e dimensioni (il Grande ha un perimetro di 2200 metri, il Piccolo di 1800) ma anche per la colorazione, cangiante in base anche al soleggiamento.
I laghi di Monticchio
Se il primo, infatti, esibisce un tono verde oliva, il secondo, invece, mostra una tonalità di verde più sfumata, ma, non per questo, meno affascinante.
Circondati da una vegetazione lussureggiante, fatta di faggi, carpini, aceri e frassini, i due laghi, divisi da una sottile lingua di terra larga 215 metri e amati già dall’imperatore Federico II che qui trascorreva il suo tempo libero coltivando la passione per la caccia con il falcone, i laghi di Monticchio sono oggi una meta privilegiata di moltissimi escursionisti che arrivano a lambire quelle placide acque dopo aver attraversato i fitti boschi che li circondano.
Non solo una ricca e variegata flora ma anche una composita fauna, fatta di moltissimi uccelli, tra cui corvi, nibbi e persino sparvieri, piccoli e grandi mammiferi, rettili e ovviamente insetti, tra cui spicca una assoluta rarità: la Bramea di Hartig.
Si tratta dell’unico brameide, una famiglia di lepidotteri, esistente in Europa, una rara specie di farfalla notturna, scoperta nel 1963 dall’entomologo altoatesino Federico Hartig, un vero e proprio fossile vivente, proveniente direttamente dal lontanissimo Miocene.
IL PAESE DI MONTICCHIO, ANTICO INSEDIAMENTO NORMANNO
Oltre ai due laghi, chiamati anche i Gemelli del Vulture, d’interesse è anche Monticchio, località da cui deriva il nome dei due bacini.
Monticchio, il cui toponimo sembra riferito alla collocazione a ridosso del Monte Vulture, è una frazione appartenente ai comuni di Atella e Rionero, entrambi in provincia di Potenza, la città più grande insieme a Matera di tutta la regione.
L’area del Vulture, già oggetto di primitivi insediamenti, diviene importante con l’arrivo dei normanni, popolo che segnerà il destino dell’intera regione.
Ma oltre ai normanni sono anche i monaci a lasciare un’impronta indelebile nella zona e tra questi, in particolari, i monaci basiliani, presenti nel Vulture a partire dal X secolo.
Si tratta di un ordine religioso di rito greco, legato alla regola di San Basilio, giunti in Occidente all’indomani dell’editto dell’imperatore bizantino Leone III Isaurico con il quale mette al bando tutte le immagini sacre, un provvedimento radicale, dal quale scaturisce una vera e propria furia iconoclasta.
La presenza di ordini monastici in questa porzione di terra lucana non si limita ai soli basiliani. Nell’area arrivano anche i benedettini, prima e i cappuccini poi; religiosi diversi per regola, tradizioni ma che lasciano, inevitabilmente, a loro modo il segno.
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ABBAZIA DI SAN MICHELE ARCANGELO A MONTICCHIO
Tra la fitta vegetazione che ricopre le pendici del Monte Vulture si incontra uno dei monasteri più belli di tutta la Basilicata, quello di San Michele Arcangelo.
Affacciata sul Lago Piccolo, a 730 metri sul livello del mare, l’abbazia rappresenta il fiore all’occhiello di tutta la zona, costante meta di pellegrinaggi, custode di una storia millenaria fatta di fede e tradizione.
La frequentazione dell’area per scopi religiosi risale al III secolo, quando arrivano nella zona del Vulture i primi gruppi di monaci basiliani, direttamente dall’Oriente. Le laúre, cavità naturali che si aprono nelle fenditure della montagna, sono luoghi ideali per praticare il culto da parte, oltretutto, di monaci da sempre inclini a forme di devozione più intime, a contatto con la natura.
Abbazia di San Michele Arcangelo a Monticchio
L’abbazia di San Michele Arcangelo, scavata nella roccia, viene costruita a partire dal VIII secolo mentre la dedicazione, stando, almeno, a quanto riportato in un documento imperiale, risale a due secoli dopo, quando la devozione all’arcangelo è già molto diffusa.
In seguito il monastero, intorno all’anno Mille, passa dai basiliani ai benedettini che ne mantengono la custodia fino alle soglie del XVI secolo quando la struttura religiosa, già interessata da importanti modifiche, muta ancora proprietari.
Prima gli agostiniani e poi i cappuccini lasciano inesorabilmente la loro traccia nella badia. In particolari i secondi determinano cambiamenti strutturali, conferendo al monastero il profilo attuale, fatto di una facciata imponente che si sviluppa essenzialmente in senso longitudinale.
Nel corso dei secoli, specie in pieno Settecento, la badia di San Michele continua a mutare, perdendo gran parte dell’inziale impianto medievale, oggi pressoché invisibile.
A variare, in particolare, è l’interno della chiesa con il settecentesco altare che la contraddistingue.
Oggi il complesso monastico si compone del convento a più piani, della chiesa settecentesca e della cappella rupestre, la parte più antica di tutta la badia, dedicata all’arcangelo Michele e impreziosita da affreschi realizzati durante la metà del XI secolo.
A SPASSO PER IL MONTE VULTURE, I SENTIERI PIÙ BELLI
L’area dei laghi di Monticchio e quella del monastero sono punti ideali per gli amanti delle escursioni, qui, infatti, il trekking è davvero il benvenuto, grazie a una serie di sentieri, tutti da percorrere.
Il primo è senza dubbio la “Via del Lago”, il percorso più rinomato fra tutti quelli esistenti. Il punto di partenza corrisponde al monastero stesso mentre quello d’arrivo coincide con le rive del Lago Grande, dove si arriva passando attraverso i ruderi dell’abbazia di Sant’Ippolito, insediamento religioso risalente al XI secolo e distrutto nel 1456.
Scorcio dei laghi di Monticchio
Suggestivo è anche il percorso che partendo sempre dalla badia di San Michele arriva alla vetta del Monte Vulture, a 1326 metri, da cui si gode un panorama mozzafiato sui laghi sottostanti.
Degni di nota sono anche il sentiero CAI n.115 che parte dal Lago grande per raggiungere la Riserva delle Grotticelle e il sentiero n. 118 che chiude ad anello la già citata Riserva delle Grotticelle, passando attraverso i campi coltivati per addentrarsi, poi, nella fitta boscaglia, fino a giungere il rifugio della forestale.
Bella è anche la cosiddetta “Via delle Acque”, strada carrabile di facile percorrenza che porta fino a Monticchio Bagni, località rinomata per le sue fonti, antiche sorgenti dalle preziose proprietà organolettiche.
IL MUSEO DI STORIA NATURALE DEL VULTURE
Se, poi, non vi bastano i laghi, i sentieri nella natura incontaminata, la grande abbazia, il consiglio è quello di visitare il Museo di Storia Naturale del Vulture, inaugurato nel 2008 e collocato negli spazi posti nei primi due piani del monastero di San Michele.
Si tratta di un luogo che offre al visitatore un’ampia panoramica sulla storia dell’intera zona, dall’antico vulcano alla ricca flora e fauna, passando per i primi insediamenti umani, insomma un vero e proprio viaggio nel tempo.
Se vi abbiamo convinto non resta che partire zaino in spalla alla scoperta della Riserva del Vulture, un luogo magico, connubio perfetto tra natura, storia e tradizione.
Per approfondire:
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