Perché le api sono a rischio estinzione? Prima di rispondere a questa domanda, proviamo a conoscerle da vicino. Il mondo delle api è caratterizzato dalla loro efficace, produttiva e oserei dire perfetta organizzazione del lavoro, determinato da un impeccabile sistema gerarchico, che vede a capo la regina.
La passione che ha spinto mio padre, circa venti anni fa, ad approcciarsi a questi insetti estremamente laboriosi ed affascinanti, nonché vitali per l’intero ecosistema, è il suo sconfinato amore per la natura. Ad oggi, supportato dall’appassionata collaborazione della sua famiglia, è ancora impegnato in una produzione di miele biologico, finalizzata al fabbisogno familiare, un hobby faticoso ma che regala inimmaginabili soddisfazioni.
PERCHÉ LE API SI STANNO ESTINGUENDO?
Le api, insetti a rischio estinzione
Le api sono da sempre preziose alleate per l’uomo, contribuiscono alla vita stessa del pianeta, rendendo possibile il miracolo della fioritura, senza cui non ci sarebbe la nascita dei frutti e quindi del ciclo della vita di fiori, piante… Se muoiono le api noi non avremo scampo!
E pensare che queste piccole creature, spesso ritenute fastidiosi e addirittura spaventosi insetti, rendono un inestimabile servizio all’umanità, grazie al quale ha luogo la produzione di miele, pappa reale, propoli, cera, ecc, di cui l’uomo ha imparato ad alimentarsi e servirsene da tempo immemore.
La famiglia delle api è chiamata sciame e vive normalmente dentro un’unica arnia (o alveare). All’interno dell’alveare tutte hanno i propri compiti, equamente distribuiti. Le api sono insetti talmente sociali e dipendenti tra loro che un’ape separata dal gruppo per più di 2-3 giorni è destinata a morire.
L’affascinante mondo dell’apicoltura
Le api si nutrono di nettare. Il loro istinto le porta a visitare i fiori e a curarsi esclusivamente di essi. Sempre per istinto difendono l’alveare e pungono solo come ultima risorsa. Si tratta di un gesto estremo e fatale, poiché le condanna alla morte, in quanto hanno un pungiglione a forma di uncino che si conficca in ciò che vanno a colpire, tale da auto-lesionarsi e quindi perire in nome e per la difesa della famiglia ovvero dell’ape Regina.
La Regina credo sia una delle creature più misteriose e intriganti. È la madre delle api e, grazie ad alcune sostanze che emana, indica le direttive che poi le api seguiranno. La sua gestazione e la nascita sono ancora oggi un mistero perché le uova dalle quali nasce una regina, o un’ape operaia, sono identiche.
Il materiale genetico infatti è assolutamente lo stesso. Ma dall’uovo nutrito solo con la pappa reale nascerà dopo 16 giorni una principessa che può vivere anche diversi anni. Mentre, da quello nutrito per 3 giorni con la pappa reale e poi esclusivamente con il miele, 21 giorni dopo nascerà un’ape operaia.
Quando nell’alveare ci sono troppe api e le operaie non hanno quindi abbastanza lavoro decidono di allevare una nuova regina e, quando questa sta per nascere, la vecchia regina lascia l’alveare con metà delle operaie per fondare una nuova colonia, definita nel gergo “sciamatura”, che si verifica principalmente tra maggio e giugno.
Il cuore dell’alveare, quindi della famiglia, è la regina. Lei depone le uova garantendo il ricambio delle api. La regina viene accudita dalle api nutrici che si occupano di lei. L’ape regina fa un solo volo nuziale in tutta la sua vita, e vive massimo cinque anni.
I fuchi (maschi), invece, nascono in abbondanza a primavera, ma vivono in funzione dell’accoppiamento in seguito al quale muoiono. Anche le api operaie hanno un ciclo vitale breve: appena 30-40 giorni d’estate e dai quattro ai sei mesi d’inverno.
API A RISCHIO ESTINZIONE. UN PERICOLO DA SCONGIURARE
Le api sono il bene più prezioso per l’apicoltore che giornalmente è costretto a battersi per la loro sopravvivenza. Assediate da pesticidi sempre più micidiali, malattie, parassiti e inquinamento il loro numero è calato bruscamente.
E tra le api e la loro scomparsa gli unici a essersi schierati letteralmente al loro fianco sono gli apicoltori. Sono gli apicoltori a spostare gli alveari in luoghi più sicuri, a nutrire le famiglie quando non ci sono fioriture, a pareggiarle se diventano troppo deboli. Insomma, si prodigano per la salvaguardia ed il benessere delle api, perché un alveare in ottima salute significa benessere per tutti noi, per l’apicoltore, per l’ambiente.
Durante tutto l’anno le api vivono in una cassa chiamata arnia e solo durante le maggiori fioriture viene sovrapposto un ulteriore modulo detto melario. Mentre nell’arnia finiscono la covata e le scorte, sul melario le api ripongono il miele in eccesso, che si ottiene solo nei momenti di maggior abbondanza.
Dunque non si tocca mai il miele del nido e si raccoglie solo quello in eccedenza (quindi i vegani che sostengono che gli apicoltori le sfruttano, a mio avviso sbagliano di grosso!).
La raccolta del miele avviene per mezzo di una semplice centrifuga chiamata smielatore in cui vengono posizionati i melari che sono stati dapprima privati dell’opercolatura, ovvero un panno cereo che serve a contenere e preservare il miele all’interno delle celle perfettamente esagonali che le api costruiscono istintivamente. Questo poiché un esagono risulta il miglior compromesso tra un cerchio e un poligono, essendo la figura geometrica col più alto numero di lati che riempie uniformemente un piano e richiede perciò poca cera (perché ogni lato è in comune con una cella vicina).
Una volta estratto, il miele viene convogliato in un contenitore d’acciaio: il maturatore. Qui decanta, ossia la cera sale in superficie e il miele scende. Quando il miele sarà maturo verrà trasferito in appositi contenitori.
Ringraziamo l’autore per l’articolo e per la gentile concessione delle foto.
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