Fa caldo quell’agosto 1948 quando, la senatrice Angelina Merlin, per tutti Lina, presenta la sua proposta di legge Merlin per l’abolizione della regolamentazione della prostituzione. Nessuno dei suoi colleghi senatori, in quello che è l’ultimo giorno di lavoro prima delle lunghe vacanze, immagina che quella proposta, seppur dopo dieci anni, permetterà la fine della prostituzione di stato. L’Italia è una repubblica da poco più di due anni e da pochi mesi ha visto eleggere il suo primo parlamento in virtù delle elezioni del 18 aprile 1948, quelle che hanno visto trionfare la Democrazia cristiana. A proporre la legge è la senatrice socialista Lina Merlin, una donna forte, tenace, battagliera. Maestra elementare e insegnante di francese alle medie, ferma oppositrice dell’ingresso dell’Italia nella Prima guerra mondiale, la Merlin nel 1919 si iscrive al PSI. Nel 1926 viene allontana dall’insegnamento per essersi rifiutata di giurare al regime fascista e nel medesimo anno viene condannata a cinque anni di confino da scontare in Sardegna.
LEGGE MERLIN: COME SI ARRIVÒ ALLA CHIUSURA DELLE CASE DI TOLLERANZA?
Convinta antifascista e in seguito partigiana, nel 1944 Lina Merlin è una delle fondatrici dell’UDI (Unione donne italiane), nel giugno del 1946 viene eletta nelle file del PSI all’Assemblea costituente ed entra a far parte della Commissione dei 75 (l’organismo che di fatto scrisse la Costituzione). A lei si deve, in particolare, il testo definitivo dell’articolo 3, quel “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzioni di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. Due anni dopo, sempre per il PSI, è la prima donna ad essere eletta al Senato. Ed è proprio da quel luogo marcatamente maschilista e tradizionalista che la Merlin vuole far partire la sua rivoluzione
Da sempre attenta alla condizione femminile, specie quella delle donne più deboli e sfortunate, la senatrice socialista si impegna fin dai primi giorni del suo mandato per cancellare la prostituzione di stato. A dare forza alla politica originaria di Pozzonovo, in provincia di Padova (vi era nata il 15 ottobre 1887) è l’esempio che arriva dalla vicina Francia. Nel paese d’oltralpe nel dicembre 1945 la consigliera del IV arrondissement di Parigi, Marthe Richard, esponente del Movimento repubblicano popolare, era riuscita a fare approvare una delibera sulla chiusura delle case di tolleranza della capitale francese. La Richard conosceva bene la realtà dei bordelli essendo stata lei stessa una prostituta. Pochi mesi dopo il provvedimento assunse carattere nazionale, per cui la prostituzione di stato in Francia venne definitivamente abolita.
Alla base della proposta di legge Merlin c’è fin da subito una questione esclusivamente di tipo costituzionale. La senatrice socialista è perfettamente conscia che la prostituzione sia un fenomeno largamente diffuso e difficile da estirpare, ma trova inaccettabile che uno stato, nei panni di un moderno lenone, possa trarre sostentamento economico dallo sfruttamento delle donne e dalla mortificazione della loro dignità personale. Non è ammissibile che, da una parte, lo stato italiano promuova la pari dignità di tutti i cittadini e, dall’altra, possa invece permettere, sotto la sua egida, fenomeni di schiavitù.
LE DONNE SENZA DIRITTI DELLE “CASE CHIUSE”
Nel 1948 in Italia le “case chiuse” (l’appellativo deriva dall’obbligo di tenere sempre le persiane serrate per rispetto della morale) sono più di 700, di cui 16 solo a Roma, e le condizioni di vita delle oltre 3000 prostitute che vi lavorano rasentano la schiavitù. Le ragazze, perlopiù provenienti da famiglie povere o orfane, vivono come recluse (possono uscire solo se accompagnate da un agente della buoncostume) costrette a lavorare con turni massacranti, ben oltre le dieci ore al giorno e ad avere anche 30 rapporti quotidiani, alcuni dei quali umanamente inaccettabili. Il tutto per pochi spiccioli. Perché la quasi totalità dei soldi che i clienti pagano per la prestazione vanno a chi gestisce le case di tolleranza e si tratta di un giro d’affari considerevole, stimato annualmente di circa 14 miliardi di lire l’anno. D’altra parte, nel secondo dopoguerra in Italia il primo rapporto sessuale per metà dei maschi avviene in un bordello e spesso questi ragazzi sono accompagnati nella “casa chiusa” dagli stessi padri.
FAVOREVOLI E CONTRARI ALL’ABOLIZIONE DELLA PROSTITUZIONE DI STATO
Ma quella che sembra una proposta logica, etica, da approvare all’unanimità scatena, invece, reazioni incredibili da parte di quegli uomini che non vogliono rinunciare alla prostituzione di stato, ritenendola un fenomeno necessario. “Per evitarlo”, afferma un senatore democristiano, medico di professione, “dovremmo essere costruiti come gli animali inferiori, per esempio, il corallo, che è asessuale e non ha il sistema nervoso”. Contrario alla proposta di legge è anche Benedetto Croce che dichiara come “eliminando le case chiuse non si distruggerebbe il male che rappresentano, ma si distruggerebbe il bene con il quale è contenuto, accerchiato e attenuato quel male”.
Lina Merlin si rende conto che la sua battaglia è ardua perché va a intaccare certezze culturali di una società ancora profondamente maschilista, che ritiene la prostituzione una necessità, un male minore per l’appunto e le prostitute esseri inferiori. A coloro che sostengono il valore sociale delle “case chiuse”, una sorta di vero e proprio servizio assistenziale rivolto agli uomini, la Merlin in aula risponde, non senza una voluta ironia, che se è vero questo allora che venga istituito “il servizio obbligatorio per le cittadine dai 20 anni in su. E che anche per le cittadine sia considerato un servizio sociale”. La reazione di una parte della stampa alle parole della Merlin è di disappunto, per alcuni giornalisti la senatrice è stata addirittura “indecorosa”. Una risposta che certifica la resistenza di un certo mondo a una simile rivoluzione.
Insegne in alcune case di tolleranza dell’epoca
Nella prima metà del Novecento le teorie di Cesare Lombroso ma anche quelle dell’antropologo Giuseppe Segri sull’inferiorità della donna rispetto all’uomo sono ancora forti da sradicare, tanto da essere comunemente citate dai contrari all’abolizione delle “case chiuse”. Ma la Merlin troverà oppositori non solo nei settori più reazionari della società, ma anche in quelli più progressisti. Il socialdemocratico Gaetano Pieraccini dichiara in aula che la prostituzione è una “malattia socialmente insopprimibile” per questo è opportuno che lo stato continui a regolamentarla. Non diverso è il contenuto degli argomenti del socialista unitario Giovanni Ghidini. Il 22 settembre 1949, a un anno dunque dalla presentazione in aula della proposta, in un discorso al Senato, rivolgendosi ai colleghi, derubrica la proposta della Merlin a una sorta di perdita di tempo. “Ma non avete altro da fare e altro da pensare in un’ora come questa, quando ci sono tanti guai e tante rovine, e quando il volto della patria è tutto rigato di lacrime e sangue?”.
La Merlin si rende conto di aver toccato un nervo scoperto, di aver intaccato delle certezze assolute anche nel mondo laico, quello a lei più caro ma ancora profondamente maschilista. Nel 1963 la senatrice racconta a Oriana Fallaci, in una lunga intervista rilasciata al settimanale “L’Europeo”, un episodio che le accadde pochi giorni dopo la presentazione della legge. Durante una conferenza in una sede del PSI a Milano qualcuno infila nella tasca della Merlin una busta gialla. La senatrice l’apre e legge il contenuto. “Compagna, pensa al male che fai con la tua legge: dove può andare un vedovo vecchio e gobbo se non in quelle case?“. La Merlin, dopo aver individuato l’estensore della lettera, lo raggiunge al tavolo e serafica gli risponde: “compagno, come può fare una vedova vecchia e gobba che non sa dove procurarsi un bel giovanotto?”.
Ma non mancano anche gli attestati di stima. Alla senatrice, non appena la stampa dà notizia della sua proposta, arrivano migliaia di lettere di prostitute che la implorano ad andare avanti, a non fermarsi, a liberarle da un giogo che lo stato non solo tollera, ma che sostiene. “Non è vero che una donna può rifiutare qualche cosa al cliente”, scrive una prostituta alla Merlin, “cliente scontentato, rinnovo perso e la voce corre e le case non vogliono donne schizzinose”. Un’altra ragazza si lamenta per i turni massacranti, che talvolta non permettono neppure di mangiare o di lavarsi semplicemente la faccia. È un mondo di donne disperate, abbandonate, che “fanno la professione” per necessità, non certo, come qualcuno sostiene per piacere. “Io sono entrata” – scrive una prostituta – “nella mia casa di mia spontanea volontà, però non sapevo più cosa fare, erano mesi che mangiavo una volta ogni due giorni e nessuno mi dava lavoro”. Un gruppo di prostitute nel luglio 1949 si reca addirittura sotto Montecitorio e piangendo, implora la Merlin, che affettuosamente chiamano mamma, a non mollare proprio ora: “Signora, con questo caldo, 14 ore chiuse dentro una camera, a servire 120 uomini al giorno, signora, non è possibile, chiuda quelle case e sarà una santa”.
La proposta avanzata dalla senatrice Merlin trova ben presto l’appoggio anche del mondo cattolico che pone, però, la questione dell’abolizione dei bordelli di stato sotto un’altra ottica. Non una questione tanto legata alla dignità della donna o all’incostituzionalità del sistema, quanto un discorso connesso alla morale. Il tema della chiusura delle case chiuse offre l’occasione, per una parte del mondo cattolico, per lanciare una campagna moralizzatrice che possa ridare valore alla castità. Il senatore democristiano Mario Cingolani, in una seduta al Senato, sottolinea come “anche la continenza per l’amore [sia] una cosa grande”.
Al netto degli inevitabili schieramenti a favore o contro la proposta, nel mese di dicembre del 1949 arriva alla Merlin un aiuto del tutto inaspettato da parte dell’Assemblea dell’Onu. Questa emana una convenzione internazionale, a cui aderisce anche l’Italia, “per la repressione della tratta degli esseri umani e lo sfruttamento del vizio altrui”. Ora, sostenere che sia legittimo che lo stato regolarizzi la prostituzione, diventa sempre più difficile. Nonostante ciò la sfida che attende la senatrice è enorme.
Se in parlamento la maggioranza, almeno a parole, è favorevole (gli oppositori appartengono alle fila dei missini, dei liberali, di alcuni qualunquisti e dei monarchici), fuori dal palazzo la situazione non è delle più propizie. La stampa, specie quella borghese, si schiera nettamente a favore delle case chiuse anche grazie ai finanziamenti dell’ANECA (Associazione nazionale esercenti case autorizzate che riunisce oltre 400 gestori di bordelli) che raccoglie, in poco tempo, ben 60 milioni di lire per promuovere quella che ritengono una sorta di istituzione benefica, dall’alto valore sociale.
20 FEBBRAIO 1958: APPROVATA LA LEGGE MERLIN, UNA DATA STORICA
L’iter della legge Merlin non è per nulla semplice, a causa di continui rinvii e azioni di disturbo promosse dagli oppositori al provvedimento. Occorrono ben dieci anni perché quella proposta lanciata in un caldo venerdì di inizio agosto diventi effettiva. Il 20 febbraio 1958, la Camera dei Deputati approva con 385 sì e 115 no la legge 75: la legge Merlin. La prostituzione di stato non esiste più, vengono abrogate le disposizioni emanate dal governo Crispi nel 1883 e lo sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione divengono reati. Non viene vietata, invece, la prostituzione, nonostante più di qualche deputato avesse spinto in tal senso. “Io voglio vivere” – afferma la Merlin – in un Paese di gente libera: libera anche di prostituirsi, purtroppo. Ma libera”.
Da quel momento in poi, chiunque avesse liberamente scelto di prostituirsi, lo avrebbe fatto senza essere più costretto alla schedatura o alla visita sanitaria obbligatoria (altro elemento di incostituzionalità sollevato dalla Merlin all’inizio della sua battaglia), come avveniva in precedenza. Il 20 settembre 1958 è l’ultimo giorno di apertura delle case chiuse. La legge Merlin, infatti, aveva previsto un certo tempo perché il provvedimento divenisse definitivo. Quella giornata verrà descritta dai giornali, non senza ipocrite venature romantiche, quasi da romanzo ottocentesco, come “l’ultima notte” in cui avveniva il definitivo saluto degli uomini alle loro “amate” amanti.
Alcuni anni dopo il varo della legge Merlin, il giornalista Indro Montanelli, in polemica con il provvedimento, nel suo scritto “Addio Wanda”, dichiara: “E’ bastato in Italia un colpo di piccone alle case chiuse per far crollare l’intero edificio, basato su tre fondamentali puntelli: la Fede cattolica, la Patria e la Famiglia. Perché era nei cosiddetti postriboli che queste tre istituzioni trovavano la loro più sicura garanzia”. Alla schiera dei duri critici della legge Merlin si iscrisse anche Dino Buzzati che paragonò la senatrice socialista a “quell’Erostrato che è leggenda abbia appiccato fuoco alla grande biblioteca di Alessandria distruggendo un immenso capitale di cultura, mai più recuperato”.
A coloro che in seguito all’approvazione della legge sostennero, non senza una vena polemica verso la Merlin, che la chiusura delle case chiuse non aveva debellato la prostituzione, la senatrice rispose semplicemente che non aveva mai pensato di abolire il fenomeno della prostituzione, ma solo “impedire la complicità dello stato”.
Dite ai signori uomini che giacché vedono necessarie le Case, mandino le loro sorelle, i padri le loro figlie, gli sposi le loro mogli (una prostituta).
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