A Roma, più o meno da sempre, il tour caravaggesco prevede essenzialmente tre tappe fondamentali per conoscere le sue opere capitoline: Galleria Borghese, che conserva il maggior numero di dipinti; la chiesa di San Luigi dei Francesi, a pochi passi da Palazzo Madama e da piazza Navona; la chiesa di Santa Maria del Popolo, nell’omonima piazza alle pendici del Pincio. Eppure la presenza del pittore, nativo di Milano (è stato ormai dimostrato che Michelangelo Merisi nacque nel capoluogo lombardo il 29 settembre 1571 e non nel piccolo paese di Caravaggio), non si esaurisce nelle due chiese indicate e nel museo nell’omonima villa. Alle tre tele, infatti, conservate presso la Galleria Doria Pamphili, alla Giuditta e Oloferne di Palazzo Barberini, alla Deposizione di Cristo nei Musei Vaticani, al Giovanni Battista dei Capitolini e al medesimo soggetto in Palazzo Corsini si aggiunge, infine, la Madonna dei pellegrini di Caravaggio custodita, da sempre, nella chiesa di Sant’Agostino che conserva, oltre alle spoglie mortali di Santa Monica, capolavori come un Isaia di Raffaello e un altare del Bernini.
MADONNA DEI PELLEGRINI DI CARAVAGGIO
Caravaggio, autore della Madonna dei Pellegrini
Conosciuto anche come Madonna di Loreto, il dipinto, un olio su tela (260×150), si trova nella Cappella Cavalletti, la prima della navata di sinistra, una volta nota come Cappella della Pietà, dal nome di una pala d’altare recante un tale soggetto e voluto da una ben nota cortigiana, Fiammetta Michaelis, che, probabilmente, commissionò l’opera con finalità espiative vista la vita condotta. La tela, in seguito acquistata dal cardinal Scipione Borghese, andò, tuttavia, persa ma rimase invariata la fama della bella Fiammetta, al punto tale che i romani le avevano, addirittura, dedicato una piazzetta.
La Madonna dei Pellegrini venne realizzata da Caravaggio sulla base delle volontà testamentarie del marchese Ermete Cavalletti per arredare l’omonima cappella nella chiesa dedicata a Sant’Agostino. Secondo le intenzioni del committente, un funzionario pontificio che anni addietro aveva ottenuto la giurisdizione sulla Cappella della Pietà in Sant’Agostino, divenuta poi cappella di famiglia con il suo nome, il pittore incaricato avrebbe dovuto rappresentare la leggenda cristiana del trasporto della Santa Casa a Loreto.
Nell’Italia di inizio Seicento il paesino marchigiano era uno dei luoghi più visitati dai cattolici e tale fama si era accresciuta già a partire dalla metà del secolo precedente, allorché la Casa era stata oggetto di numerosi restauri, specie durante il pontificato di papa Sisto V, ma anche di specifiche promozioni, come ad esempio un libro del francese Luis Richon, una sorta di vera e propria guida di Loreto e della sua divina casa.
La volontà del Cavalletti, che visitò Loreto, era perfettamente in linea con i tempi, facendo del paesino marchigiano un luogo di culto privilegiato per il popolo cattolico. Per questo la moglie del Cavalletti, nel frattempo defunto, volendo assecondare la volontà del marito, decise di commissionare l’opera ad un grande pittore, scegliendo Caravaggio, artista già celebre a Roma e che, molto probabilmente, aveva visitato la Casa Santa di Loreto.
LA GENESI DELL’OPERA
Caravaggio, cosa non nuova, decise di rappresentare la sua Madonna dei Pellegrini in un modo del tutto originale, pur conoscendo perfettamente la tradizione iconica relativa al quel soggetto mariano. Quando l’opera fu resa visibile, si suppone nel 1604 ma le fonti in questo non chiariscono del tutto la data, i commenti furono decisamente controversi. Per alcuni si trattava di un autentico capolavoro, per altri di un insulto alla Madonna e di riflesso anche al committente stesso. La pala, tuttavia, pur dividendo, al contrario della Morte della Vergine, non fu rifiutata rimanendo nella cappella originaria.
A suscitare “schiamazzi”, come riportano i biografi del tempo, fu la rappresentazione della Santa Casa e ancor di più quella della Madonna stessa e non, come erroneamente si crede, i piedi sporchi dei due pellegrini, probabilmente lo stesso Cavalletti e sua madre, tantomeno i loro abiti consunti e sudici. Una simile raffigurazione, infatti, era non solo ben accetta ma anche perfettamente radicata nella pittura, visto che la rappresentazione del pauperismo era una pratica ricorrente e rispondente al vero. Inoltre l’attenzione che il Caravaggio riserva alla messa in risalto dei piedi sporchi dei due pellegrini inginocchiati davanti a Maria, dimostrava la conoscenza da parte del pittore milanese di un’antica prassi in voga a Loreto e attestata dalle fonti, che voleva che tutti i pellegrini, una volta giunti al cospetto della casa, dovessero compiere ben te giri intorno ad essa a piedi scalzi. Caravaggio, quindi, aveva deciso di rappresentare i due pellegrini proprio al termine del percorso, sfiniti, con i piedi sporchi e gonfi. Dunque non questo creò “schiamazzi” quanto, invece, la decisione di Caravaggio di interpretare in modo del tutto originale il mito della Casa e la posa della Vergine.
Madonna dei Pellegrini di Caravaggio. A destra il particolare dei piedi
LA MAESTRIA DEL REALISMO DI CARAVAGGIO
Se già discutibile era stattraa la decisione del Caravaggio di nascondere quasi del tutto la Santa Casa, a malapena, infatti, la si intravede, risultando oltretutto particolarmente logora, decisamente sconcertante fu per molti il modo di mostrare Maria.
Di norma, infatti, la Madonna di Loreto veniva raffigurata secondo un’iconografia classica, per certi aspetti stereotipata. I pittori, infatti, Annibale Carracci in primis, erano soliti dipingere Maria con il bambino in braccio, seduta sulla Santa Casa, a sua volta sospesa sulle nuvole in cielo.
Una rappresentazione classica, dunque, che riproduceva fedelmente il tema stesso della leggenda, che voleva che la dimora mariana fosse stata trasportata da Nazareth in volo dagli angeli fino alla collina sopra Loreto, da qui la tradizione che vuole la Madonna di Loreto patrona degli aviatori.
Caravaggio scelse, invece, di mostrare la Vergine sullo stipite di una casa malmessa, riproducendo probabilmente l’uscio della sua stessa casa romana ancora oggi esistente in vicolo del Divino Amore 22, in punta di piedi e con le gambe incrociate.
Una posizione decisamente inconsueta, che per molti critici ricorda quella della Thusnelda di Firenze, una statua romana collocata nella Loggia della Signoria, nell’omonima piazza fiorentina e che raffigura una principessa germanica che, come racconta Tacito, andò in sposa ad Arminio dopo la vittoria delle tribù germaniche su quelle romane guidate da Varo nella celebre battaglia di Teutoburgo.
LE REAZIONI ALLA MADONNA DEI PELLEGRINI
Il popolino, molto più prosaicamente rispetto alle visioni alte della critica, scorse, invece, in quella singolare posa, un evidente richiamo a quelle che le numerose prostitute romane assumevano davanti agli usci delle loro case per adescare i clienti.
Una Madonna, dunque, originale, che tiene in braccio un Gesù decisamente cresciutello rispetto alla tradizione, e che secondo alcuni studiosi altri non era che Lena, celebre modella del Caravaggio, nota per la sua popolana bellezza ma anche per una vita non proprio integerrima e che, stando ad alcune fonti coeve al pittore lombardo, “stava in piedi a piazza Navona”, un eufemismo per dire che esercitava l’attività di meretricio nella celebre piazza, oltretutto non distante dalla chiesa di Sant’Agostino.
Una raffigurazione, dunque, realista, secondo la migliore tradizione caravaggesca, che abolisce la retorica iconografica tradizionale, mostrando una Madonna vera, calata nel mondo del reale, vicino alla gente, fra la gente, spirituale e al tempo stesso vera quanto i pellegrini prostrati di fronte a lei.
Forse, quindi, proprio per questo la pala assunse fin da subito il nome di Madonna dei Pellegrini, piuttosto che l’originario Madonna di Loreto, perché è a loro che si rivolge, a tutti quei pellegrini che, spinti solo dalla fede, si inginocchiano davanti a Maria al termine del loro “viaggio”.
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