Il 24 marzo 1920 Benedetto XV, accogliendo le tante richieste dei piloti della Prima Guerra Mondiale (quella che lo stesso pontefice nel dicembre del 1917 aveva definito “l’inutile strage”) proclamò la Madonna di Loreto patrona di tutti gli aviatori. Alla base di quella scelta c’era la tradizione lauretana del trasporto della Casa di Maria da Nazareth a Loreto.

Questa è la storia di quella traslazione, un evento sospeso fra fede e storia, che ha ispirato decine di pittori e che oggi come ieri non smette di affascinare.

MADONNA DI LORETO: LA STORIA DELLA SANTA CASA

«Nel sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazareth, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te».

Così comincia il racconto dell’Annunciazione dell’evangelista Luca. L’angelo, inviato da Dio, si reca nella casa di Maria e lì rivela alla giovane la nascita di Gesù.

La casa di Maria a Nazareth, il luogo dove tutto era cominciato, iniziò a essere oggetto di venerazione pochi decenni dopo la morte di Cristo. Si trattava di una casa composta da tre pareti addossate a una grotta scavata nella roccia. In quel posto i catecumeni ricevono il battesimo, lasciando impresse sulle pareti la loro testimonianza di fede, attraverso delle preghiere o semplicemente scrivendo sulla pietra il loro nome.

Nel III secolo sulla casa venne edificata una sinagoga giudaica-cristiana, successivamente abbattuta dai soldati bizantini nel 430 e sostituita da una basilica che inglobò la cosiddetta Camera dell’Angelo, il luogo dove Maria aveva ricevuto l’annuncio divino.

Nel 670 il monaco irlandese Adamnano, nel suo De Locis Sanctis, aveva fornito alcune indicazioni più precise sulla Santa Casa, favorendo, in tal modo, i pellegrinaggi verso quel luogo così importante.

Ma la storia della Santa Casa subisce una svolta diversi secoli dopo, nel maggio del 1291, quando Nazareth, come buona parte della Palestina, viene occupata militarmente dai mamelucchi, la cui presenza rappresenta più di una minaccia per i luoghi cristiani, a cominciare dalla dimora mariana.

E qui il racconto si fa verità di fede.

SANTA CASA DI LORETO: LA TRASLAZIONE DELLA CASA DI MARIA

Il racconto della traslazione della casa di Maria, fino al 1440, è esclusivamente legato alla tradizione orale. A partire da quella data quella storia diviene materia di libri, a partire dal Rosarium di Santa Caterina da Bologna, in cui la santa, come sottolineato dal professor Nicolini, «scrive sinteticamente le varie successioni del “trasporto angelico” della Santa Casa di Nazareth, secondo come “rivelatole” da Gesù durante l’apparizione».

A quel testo si aggiungono, alcuni decenni dopo, quelli del Beato Giovanni Spagnoli, detto il Mantovano e di Pietro di Giorgio di Tolomei, noto come il Teramano.

I due, come Santa Caterina, raccontano come la casa della Vergine Maria, il 10 maggio del 1291, sia stata miracolosamente spostata dagli angeli dalla città di Nazaret, in Galilea, a Tersatto, in prossimità di Fiume, nella regione slava della Dalmazia.

Alla base del prodigioso spostamento c’è la volontà di preservare quel santo luogo dalle possibili devastazioni messe in atto dai turchi selgiuchidi, di religione musulmana, che avevano occupato buona parte della Palestina.

Ma anche Tersatto non è comunque un luogo adatto, per questo la Casa, stando al Tolomei, che aveva tratto le principali informazioni da una vecchia tabula risalente al 1300, è di nuovo miracolosamente traslata e portata dalla parte opposta della costa adriatica, in Italia, nell’attuale regione delle Marche.

Santa Casa di Loreto

Santa Casa di Loreto

La Santa Casa, fino alla definitiva collocazione, conosce altre miracolose traslazioni, tutte nel territorio delle Marche e tutte nei pressi di Ancona.

L’ultimo trasporto avviene nella notte fra il 9 e 10 dicembre 1296 (festa liturgica della Madonna di Loreto) quando è ancora una volta sollevata dagli angeli e portata nell’ultima località, quella attuale, dove in seguito sorgerà il Santuario della Madonna di Loreto.

Alla fine gli spostamenti dall’originaria Nazareth all’attuale Loreto saranno in tutto ben sei, tutti rigorosamente compiuti dagli angeli.

E se non fosse andata davvero così?

MADONNA DI LORETO: LA SPIEGAZIONE STORICA DELLA TRASLAZIONE

Fin dai primi racconti sul miracoloso trasporto della Casa si addensa più di un dubbio.

Il primo a mettere in discussione il trasporto angelico è il francescano Francesco Suriano, custode della Terra Santa e Delegato Apostolico per tutto l’Oriente. Questi, tredici anni dopo la pubblicazione dell’opera del Teramano, contesta nettamente quanto sostenuto in quel testo, sottolineando l’irragionevolezza di un simile racconto.

Secoli dopo è lo storico Porfirij Uspenskij, studioso dell’Oriente cristiano, che, dopo aver visitato Loreto nel 1854, associa, per la prima volta, la Santa Casa e la cosiddetta “questione lauretana” alla famiglia degli Angeli, una nobile stirpe di origine bizantina che, a suo avviso, avrebbe costruito a Loreto una copia della casa di Nazareth.

Il Santuario della Madonna di Loreto

Il Santuario della Madonna di Loreto

Il nome della famiglia degli Angeli torna in auge nei primi anni del Novecento, quando l’archiatra pontificio di Leone XIII, il papa della Rerum novarum, quasi per caso scopre un documento risalente al periodo della presunta traslazione miracolosa, che attestava come una tale famiglia De Angelis, branca della famiglia imperiale che regnava a Costantinopoli, avesse asportato i 59 materiali della santa casa di Nazareth, collocandoli, poi, a Loreto.

Più recentemente, nel 2014, lo storico Haris Koudounas ha proposto una ricostruzione storica della traslazione sulla base di nuove e più accurate ricerche archivistiche. Da una parte si evidenziano i collegamenti tra la chiesa bizantina “Porta Panagià” situata a Pili nella regione di Trikala in Tessaglia e la Santa Casa di Loreto. Dall’altra si spiega anche come la dimora di Maria arrivi definitivamente a Loreto. Accadde sotto il breve pontificato di Celestino V, per volontà di Salvo, vicario del papa, che era anche vescovo di Recanati e che volle che il prezioso manufatto impreziosisse il territorio della sua diocesi.

Ipotesi miracolosa o storica che sia, di certo, come confermato da diversi studi archeologici, la Santa Casa di Loreto, se non è l’abitazione originaria di Maria è, comunque, una dimora della Galilea al tempo di Gesù. Le pietre che compongono le tre pareti della casa, la quarta sarebbe stata quella della grotta scavata nella roccia, sono per lavorazione e materiali compatibili con quelle di altre abitazioni dell’epoca. Inoltre la Santa Casa non presenta fondamenta, presenti, invece sui resti di quella di Nazareth, da cui fu in qualche modo “prelevata”. Infine su molte pietre sono stati rinvenuti graffiti tipici delle comunità giudaico-cristiane presenti in Palestina prima del V secolo.

LA SANTA CASA DI LORETO NELLA RAPPRESENTAZIONE ARTISTICA

Un racconto, come si è notato, lungo e complesso, fatto di leggende, documenti, suggestioni e verità di fede. Ma la Santa Casa di Loreto nel corso dei secoli è stata anche costante fonte d’ispirazione per diversi artisti che hanno raffigurato il tema del miracoloso trasporto, facendo riferimento a un’iconografia pressoché identica, seppur con variazioni frutto della personalità dei singoli artisti.

Probabilmente uno dei primi pittori a raffigurare questo tema fu Saturnino Gatti. L’artista abruzzese, nato a Pizzoli nel 1463, dipinge la sua Madonna di Loreto, oggi conservata al Metropolitan di New York, nel 1480, destinata, probabilmente, alla chiesa di Santa Maria a Norcia.

L’artista mostra due angeli alati, poggiati su candide nuvole, reggere la casa, rappresentata con il tetto spiovente e con tanto di campanile, sulla quale è collocato, in piedi, il bambino Gesù, delicatamente sostenuto da sua madre.

Decisamente diversa è la Madonna di Loreto del Perugino. Il pittore umbro dipinge l’opera nel 1507, su commissione di Giovanni di Matteo Schiavone. Si tratta di una rappresentazione in cui della Santa Casa, eccezion fatta per un piccolo basamento ai piedi della Madonna, non vi è praticamente traccia.

La scena è dominata dalla statuaria figura di Maria con in braccio il figlio, fra San Girolamo e San Francesco, sormontata da due angeli che tengono una grossa corona.

In parte diversa è la rappresentazione della Madonna di Loreto del Domenichino. Realizzata fra il 1618 e il 1620, l’opera, secondo canoni tipicamente barocchi, ci mostra all’interno di una corona di nuvole Maria con in braccio Gesù, assisa sulla Santa Casa, sorretta da alcuni angeli. L’abitazione, molto semplice, pur con il tipico tetto a capanna, è priva, tuttavia, del campanile presente nel dipinto del Gatti.

La scena principale, tuttavia, non è dominata dalla casa e dai divini ospiti, bensì dai tre santi che si trovano al di sotto. Si tratta di San Giovanni Battista, di Sant’Eligio e di Sant’Antonio Abate.

La Santa Casa di Loreto torna prepotentemente in auge nell’affresco di Annibale Carracci, un’opera decisamente iconica. Dipinto tra il 1604 e il 1606, per la chiesa di Sant’Onofrio al Gianicolo a Roma, questo olio riproduce l’iconografia classica della traslazione. La scena è dominata dalla Santa Casa, raffigurata in modo molto semplice, portata in volo, non senza fatica, da tre angeli. Maria (che tiene in grembo un dispettoso Bambin Gesù, intento a gettare da una piccola anfora dell’acqua), superbamente avvolta in un mantello azzurro, viene rappresentata nell’atto di essere incoronata da due angeli.

Una delle più belle rappresentazioni della miracolosa traslazione (soggetto dipinto anche dal nettunese Andrea Sacchi e dal bolognese Francesco Maria Crespi nel corso del XVII secolo), fu realizzata da Gianbattista Tiepolo.

Tra l’aprile e il novembre del 1643 il pittore veneziano ottiene l’importante incarico di decorare il soffitto della navata della chiesa di Santa Maria di Nazareth a Venezia, meglio nota come la chiesa degli Scalzi, dal nome dell’ordine religioso dei Carmelitani che si insedia nella chiesa a partire dai primi decenni del XVII secolo.

Il tema, e non poteva essere altrimenti, visto l’intitolazione della chiesa, è quello del trasporto della Santa Casa. Purtroppo di quel grande affresco, che esaltava la raffinata architettura del Longhena, definito una delle più fantasiose creazioni di Tiepolo, non rimane praticamente più nulla, eccezion fatta che per il bozzetto ed il frammento di due peducci, conservati alle Gallerie dell’Accademia, sempre a Venezia.

L’affresco, infatti, come buona parte della chiesa degli Scalzi, andò distrutto il 28 dicembre 1915, a seguito di un violento bombardamento condotto dagli aerei austriaci, uno dei primi della Prima Guerra mondiale.

Oggi, in luogo dell’originale opera di Tiepolo, nella grandiosa volta della chiesa, successivamente ricostruita, si trova la Proclamazione della maternità della Vergine al concilio di Efeso, grande affresco realizzato dal pittore campano Ettore Tito nel 1934.

Ma il soggetto della miracolosa traslazione della Casa non ha ispirato solo pittori. Nel corso dei secoli più di uno scultore si è confrontato con tale tema, come nel caso del genovese Francesco Maria Schiaffino.

Questi nel 1762 realizza per l’altare maggiore della chiesa di Nostra Signora di Nazareth a Sestri Levante, uno stupendo gruppo scultoreo raffigurante la traslazione della Santa Casa, in cui, però, la figura dominante è quella di Maria. La casa, infatti, a malapena si nota, sorretta da due dei cinque angioletti che completano, con l’opera marmorea.

Un altro scultore che si confronta con il tema del prodigioso trasporto è il padovano Rinaldo Rinaldi che nella seconda metà dell’Ottocento realizza il grande bassorilievo, raffigurante la Santa Casa, posto sopra il maestoso protiro di Camillo Guglielmetti che impreziosisce la chiesa romana di San Salvatore in Lauro, a due passi da via dei Coronari.

Ma ripercorrere la raffigurazione artistica della traslazione della Santa Casa senza citare Caravaggio e la sua straordinaria Madonna dei Pellegrini è impossibile. Si tratta, infatti, della più eterodossa raffigurazione sul tema ma, al tempo stesso, della più emozionante di tutta la storia dell’arte.

Madonna dei Pellegrini di Caravaggio. A destra il particolare dei piedi

Madonna dei Pellegrini di Caravaggio. A destra il particolare dei piedi

La Madonna dei Pellegrini, questo il nome più noto della Madonna di Loreto, viene realizzata da Caravaggio sulla base delle volontà testamentarie del marchese Ermete Cavalletti, che desiderava che nella sua cappella, nella chiesa Sant’Agostino a Roma, a due passi da piazza Navona, fosse presente una tela raffigurante il racconto del trasporto della Santa Casa a Loreto.

Caravaggio, che al pari del Cavalletti aveva visitato il santuario di Loreto, opta, cosa non nuova per lui, per un registro narrativo inusuale, pur conoscendo la tradizione iconografica di quel particolare soggetto.

Una scelta ardua con un enorme coefficiente di rischio. Infatti quando nel 1604 la grande tela viene finalmente svelata la reazione degli astanti è contrastante. Per alcuni si tratta di un autentico capolavoro, per altri, invece, di un insulto non solo alla Madonna ma anche alle volontà del committente stesso. La pala, tuttavia, pur dividendo e non poco, al contrario della Morte della Vergine, non viene rifiutata, facendo bella mostra di sé nel luogo destinato.

A suscitare “schiamazzi”, come riportano i biografi del tempo, non è tanto la raffigurazione della casa (anche se decisamente rovinata) o quella dei due pellegrini, probabilmente lo stesso Cavalletti e sua madre, con gli abiti sudici e i piedi sporchi in primo piano, ma la figura della Madonna.

L’aspetto di Maria, le sue generose fattezze, la posa decisamente inconsueta, porta più di qualcuno, specie tra il popolino romano che accorre in Sant’Agostino per vedere la tela, a intravedere non tanto la mamma di Gesù quanto una delle tante prostitute romane che attendevano sull’uscio delle loro case, con quella voluttuosa postura, i vari clienti.

Raffigurazioni artistiche a parte il tema della Santa Casa di Loreto ancora oggi divide i fautori dei miracoli e colore che, invece, sostengono la spiegazione storica. Rimane, tuttavia, un luogo affascinante, capace di suscitare più di una domanda.

Il 26 agosto 1852 papa Pio IX, ormai rientrato saldamente a Roma dopo l’effimera e splendida esperienza della Repubblica Romana, così si esprimeva a proposito della Santa Casa nella bolla Inter Omnia:

«Fra tutti i Santuari consacrati alla Madre di Dio, l’Immacolata Vergine, uno si trova al primo posto e brilla di incomparabile fulgore: la veneranda ed augustissima Casa di Loreto. Consacrata dai divini misteri, illustrata dai miracoli senza numero, onorata dal concorso e dall’affluenza dei popoli, stende ampiamente per la Chiesa Universale la gloria del suo nome, e forma ben giustamente l’oggetto di culto per tutte le nazioni e per tutte le razze umane. (…) A Loreto, infatti, si venera quella Casa di Nazareth, tanto cara al Cuore di Dio, e che, fabbricata nella Galilea, fu più tardi divelta dalle fondamenta e, per la potenza divina, fu trasportata oltre i mari, prima in Dalmazia e poi in Italia».

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