Nel fitto bosco che circonda il piccolo borgo di Sovana si trovano numerose tombe costruite dagli Etruschi nella fitta vegetazione che ancora oggi le avvolge, scolpite direttamente nel tufo tra dirupi, fossi e tra i profondi tagli nella roccia che formano le cosiddette vie cave. Tutta l’area, dedicata al culto dei defunti ed organizzata come una una città dei vivi, con il succedersi dei secoli venne avviluppata dai rovi e dal folto sottobosco. La necropoli di Sovana fu inghiottita dall’oblio e di essa si persero le tracce. Quando nel 1843 l’inglese Samuel James Ainsley si spinse in questi luoghi alla ricerca di testimonianze antiche, per poco non rimase trasecolato dalla scoperta che fece.

NECROPOLI DI SOVANA: LE TOMBE ETRUSCHE

Necropoli di Sovana: la tomba Ildebranda

Necropoli di Sovana: la tomba Ildebranda

Sovana a quel tempo era conosciuta come città fondata dai Romani e nulla faceva presagire che la sua nascita fosse ben più antica. Girando e passeggiando in questi luoghi il disegnatore inglese scoprì gruppi di tombe meravigliose, dalla bellezza straordinaria, rimanendo colpito dalla maestria con cui erano state scolpite nel tufo, sebbene già molte fossero state preda di saccheggi e profanazioni. Le tombe, come scrisse il suo amico George Dennis, “sono in mezzo ad un fitto bosco, soffocate da spini e da rovi che ne rendono difficilissima la scoperta”[1]. Negli anni successivi vennero condotte delle campagne di scavo ad opera della Società Colombaria di Firenze ma fu soltanto nel 1925 che venne scoperta la tomba più importante ed imponente della necropoli di Sovana: la tomba Ildebranda.

La tomba Ildebranda, che deve il suo nome al più illustre cittadino di Sovana (quell’Ildebrando da Sovana divenuto papa con il nome di Gregorio VII), venne portata alla luce da Gino e Giorgio Rosi che localizzarono il sepolcro rupestre all’interno della fittissima vegetazione di Poggio Felceto. Si tratta di una tomba ad edicola risalente al III secolo a.C., realizzata seguendo l’architettura monumentale dei templi etrusco-italici. Secondo le ipotesi degli studiosi, la tomba era dotata di un alto podio affiancato da due scaloni e corredato di sei colonne scanalate poste frontalmente e di altre tre colonne collocate sui due lati. Al di sopra correva un fregio su cui erano ritratti dei grifi (figure mitologiche metà aquile e metà leoni) ed una figura femminile, finemente ricoperti di stucchi colorati. Nella parte inferiore della tomba correva il dromos, il lungo corridoio centrale in discesa, che conduceva alla camera sepolcrale purtroppo già saccheggiata all’epoca della scoperta.

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PARCO ARCHEOLOGICO DI SOVANA: IL CUORE ETRUSCO DELLA MAREMMA

Si prosegue la visita della necropoli di Sovana arrivando alla tomba dei Demoni Alati di cui si possono vedere, sotto la tensostruttura, i resti del frontone staccatosi dalla parete di tufo. Le sculture, eseguite su grossi blocchi tufacei, rappresentano il viaggio che il defunto doveva affrontare nell’aldilà: c’è Scilla rappresentata come un demone alato che solleva il braccio con un remo e poi Vanth, la demoniaca messaggera di morte (in genere affiancata dal traghettatore di anime Carun) che illumina il percorso del defunto con la fiaccola e che tiene, nell’altra mano, una pergamena che racchiude il destino dell’uomo. Nella nicchia è stata rinvenuta la statua del defunto che banchetta, sdraiato su un letto.

Necropoli di Sovana: la tomba Pola

Necropoli di Sovana: la tomba Pola

Seguono la tomba Pola anch’essa a tempio del III secolo a.C. di cui rimane una sola colonna e, all’altra estremità della necropoli di Sovana, la tomba del Tifone, realizzata tra il III secolo ed il II secolo a.C., e denominata in questo modo perché, quando venne rinvenuta, si pensò che la testa scolpita al centro del frontone fosse attribuibile al mostro della mitologia greca. La tomba era costituita da una camera sepolcrale, oggi scomparsa, e dal monumento funebre scavato nella roccia tufacea.

Necropoli di Sovana: le Vie Cave

Necropoli di Sovana: le Vie Cave

Terminata la visita delle tombe è possibile inoltrarsi lungo una delle vie cave presenti nella necropoli di Sovana, la bellissima cava di Poggio Prisca, un tracciato scavato interamente nelle alte pareti tufacee che regalano un po’ di fresco e refrigerio nelle giornate afose. Riscendendo e girando verso sinistra, vale la pena percorrere l’altra via cava, detta il Cavone, in cui è presente un’incisione recante una svastica, simbolo di origine indoeuropea connesso con il culto del sole e con il suo, seppur apparente, movimento.

[1] George Dennis, The cities and cemeteries of Etruria (1848)

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