Il nono colosso di pietra che scoviamo in questa seconda parte del singolare tour tra gli obelischi di Roma, si cela all’interno dei lussureggianti giardini di Villa Celimontana. Si tratta, invero, di un frammento di obelisco, lungo solo 2,68 metri, a cui, in seguito, venne aggiunta la restante parte.
L’OBELISCO DI VILLA CELIMONTANA A ROMA
Questo pezzo di obelisco, costruito sotto Ramsete II e che a Roma ornava il tempio di Iside a Campo Marzio, fu rinvenuto nel 1347 presso il Foro e collocato per volere di Cola di Rienzo accanto all’ingresso della basilica di Santa Maria in Aracoeli al Campidoglio. Nel 1582 l’obelisco fu donato dal Comune di Roma al principe Ciriaco Mattei che lo collocò nella sua villa sopra le pendici del Colle Celio.
Obelisco di Villa Celimontana a Roma
Nel 1812, a seguito del cambio di proprietà di Villa Celimontana, passata dai Mattei a Manuel de Godoy principe de La Paz, l’antico reperto egiziano fu spostato, trovando collocazione nel boschetto delle Muse, con tanto di nuova iscrizione sul basamento che sostituì quella precedente, oramai poco leggibile, voluta da Ciriaco Mattei.
L’OBELISCO DI DOGALI
Fra piazza dei Cinquecento e piazza della Repubblica, quasi nascosto, si trova un altro obelisco, forse il meno noto e di sicuro il meno osservato fra i magnifici tredici obelischi che svettano nel cielo di Roma. Si tratta dell’obelisco di Dogali, silenzioso spettatore di storie dimenticate.
Giunto a Roma dalla splendida Eliopoli, dove era stato fatto erigere sotto Ramsete II, il futuro obelisco di Dogali insieme a un altro gemello, che oggi si trova nei giardini di Boboli a Firenze, finì, come molti altri, nel tempio di Iside. Ma anche per questo obelisco arrivò implacabile il tempo dell’oblio.
Obelisco di Dogali a Roma
Ritrovato nel 1883 nel corso di alcuni scavi archeologici condotti da Rodolfo Lanciani nell’area di Santa Maria Sopra Minerva, l’obelisco divenne, nel giugno del 1887, il fulcro del monumento ai caduti di Dogali, località eritrea dove erano morti, nel gennaio precedente, circa cinquecento soldati italiani.
Il complesso commemorativo fu collocato nel piazzale antistante la stazione Termini che, da quel momento, assunse il nome di piazza dei Cinquecento.
L’avvento del fascismo, il generale riassetto a cui fu sottoposta l’intera stazione ferroviaria, la volontà del regime di non celebrare una cocente sconfitta, definirono lo spostamento del monumento con annesso obelisco in un’area limitrofa, individuata nei giardini di fronte al complesso delle Terme di Diocleziano, dove ancora oggi si trova, pressoché ignorato.
L’OBELISCO DI MONTECITORIO
In piazza di Monte Citorio, invece, troviamo l’obelisco Campense (detto anche obelisco di Montecitorio), giunto a Roma per volontà di Augusto da Eliopoli, dove era stato edificato sotto il faraone Psammetico II, nel VI secolo a.C.
In questa piazza, proprio davanti al palazzo in cui ha sede la Camera dei Deputati, troviamo il Campense, che giunse a Roma per volere di Augusto per uno scopo ben preciso.
Questo gigante in granito rosa, infatti, fu collocato in Campo Marzio, da qui il suo nome, con la funzione di gnomone, ovvero di asta per fare l’ombra a una gigantesca meridiana, più di 100 metri di lunghezza, presente nella zona consacrata dai romani al dio Marte e destinata, tradizionalmente, agli esercizi militari.
Obelischi di Trinità dei Monti, Montecitorio e Piazza Navona
L’enorme obelisco, che sfiora i 34 metri se si considera anche il basamento, fu issato dagli ingegneri romani in modo tale che il 23 settembre, genetliaco di Augusto, l’ombra prodotta fosse proiettata sulla vicina Ara Pacis, il monumento che il grande imperatore aveva fatto erigere per eternare nel marmo una nuova età della pace, dopo decenni di guerre intestine.
A proposito di Augusto un’antica leggenda vuole che nella guglia posta in cima all’obelisco siano contenute le ceneri dell’imperatore a cui si deve l’iscrizione posto sul basamento, gemella di quella presente sull’obelisco Flaminio e che recita: «Quando Imperatore per la dodicesima volta, Console per l’undicesima e tribuno per la quattordicesima, l’Imperatore Augusto, figlio del Divino Cesare dedicò l’obelisco al Sole, l’Egitto era governato dai Romani».
L’OBELISCO DI PIAZZA NAVONA
Il penultimo obelisco egizio a Roma che incontriamo in questo “colossale” percorso è quello noto come Agonale, dal luogo in cui si trova: piazza Navona.
L’obelisco, un monolite in granito di oltre 16 metri, non è un originale egizio, bensì un’imitazione romana. Fu realizzato per volontà dell’imperatore Domiziano da maestranze egiziane nelle cave di Assuan. Collocato inizialmente nella villa imperiale presso Albano Laziale, l’obelisco fu in seguito rinvenuto in più pezzi nel Circo di Massenzio, sulla via Appia.
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Una volta restaurato l’obelisco divenne il perfetto suggello per la Fontana dei Quattro Fiumi che il grande Gian Lorenzo Bernini stava realizzando in piazza Navona per volere di papa Innocenzo X, l’odiato Camillo Pamphilj.
I collaboratori di Bernini trovarono folle il progetto di poggiare una simile opera sulla costruenda fontana, ma l’architetto napoletano non sentì ragioni. Quell’obelisco, oltre che rendere ancora più stupefacente la sua creatura, avrebbe significato il suo personale riscatto come architetto dopo il cocente fallimento dei campanili in San Pietro. E così fu.
L’OBELISCO DI TRINITÀ DEI MONTI
L’ultimo gigante di pietra è quello che si staglia in uno dei posti più belli di Roma: la Scalinata di Trinità dei Monti. Questo obelisco, tuttavia, non è un originale egizio, bensì un’imitazione di età imperiale dell’obelisco Flaminio.
Collocato inizialmente negli Horti Sallustiani, i magnifici giardini voluti dal senatore Gaio Sallustio Crispo che affascinarono perfino Cesare, l’obelisco di Trinità dei Monti con il degrado che investì in seguito l’intera area dei giardini, cadde in disgrazia, perdendosi nei meandri della terra.
Sisto V, sotto il quale il colosso di pietra fu ritrovato, inizialmente pensò di farlo collocare davanti alla chiesa di Santa Maria degli Angeli ma il progetto rimase sulla carta, così come uno analogo di Alessandro VII.
Dimenticato nei magazzini papali fu portato nel 1734 in piazza San Giovanni in Laterano con l’intento di erigerlo accanto all’obelisco Lateranense ma anche in questo caso il piano rimase lettera morta.
Il monolite in granito rosso, che l’archeologo danese Georg Zoega datò tra il 192 e il 268 d.C., per circa mezzo secolo rimasse in terra, all’ombra del colosso sistino ma tornò in vita nel 1789, dopo che si era anche ipotizzato un suo trasferimento a Parigi, per erigerlo davanti alla cattedrale di Notre-Dame.
Nell’anno della Rivoluzione francese l’obelisco Sallustiano fu posto al termine della scenografica scalea realizzata da Francesco de Sanctis, tra il 1723 e il 1726, da dove domina, con i suoi 15 metri, basamento compreso, uno dei panorami più belli della Città Eterna.
Il nostro viaggio fra gli obelischi antichi di Roma è giunto al termine ma prima di salutarci, ecco un’ultima curiosità. C’è a Roma un punto dove è possibile vedere in sequenza ben tre obelischi. Questo posto si trova proprio al centro dell’incrocio fra via del Quirinale e via della Quattro Fontane. Da qui, solo spostando lo sguardo, è possibile vedere l’obelisco del Quirinale, quello di piazza dell’Esquilino e, infine, quello di Trinità dei Monti.
Ringraziamo Nadia Olivo per le foto.
Per saperne di più:
Leggi anche: A spasso tra gli antichi obelischi di Roma (parte prima) Il monumento ai caduti di Dogali, l’obelisco dimenticato