Si crede, da sempre, che il Male si leghi ad alcuni oggetti e ad alcuni luoghi, per tormentare i malcapitati. Proprio gli oggetti, spesso, sono stati costruiti o maledetti per colpire nemici e avversari. Usati come veicolo per ferire, vendicare o assicurarsi conseguenze nefaste per chi è odiato e malvisto. Ma spesso, nelle credenze popolari, questi stessi oggetti sembrano assumere una loro reale esistenza maligna. Solo fantasia e superstizione magari, ma vediamone alcuni di oggetti maledetti.
ANNABELLE, LA BAMBOLA MALEDETTA
Annabelle è conosciuta dai più grazie alla saga cinematografica che l’ha vista protagonista negli ultimi anni. Ma la vera storia di Annabelle e le sue fattezze sono molto diverse da quelle della storia raccontata al cinema.
La vera Annabelle è una Raggedy Ann, un tipo di bambola di pezza creata da Johnny Gruelle, fumettista, illustratore e narratore di fiabe per bambini. Anche la nascita delle Raggedy Ann in sé merita attenzione. Infatti, Gruelle aveva una figlia, che amava con tutto se stesso, Marcella. La bambina, insieme al padre, un giorno salì nella soffitta della nonna e trovò una bambola di pezza malconcia. Se ne innamorò al punto che il padre decise di soddisfare le richieste della figlia e sistemò la bambola, cucendo due bottoni al posto degli occhi e disegnando un naso e una bocca con pennarello rosso.
La bambola diventò il giocattolo preferito di Marcella. La bambina, purtroppo, morì prematuramente a 11 anni, in seguito a un’infezione procurata da un vaccino guasto. Gruelle soffrì atrocemente per la morte della figlia e decise di creare queste bambole per omaggiare il ricordo della figlioletta morta.
Veniamo ad Annabelle. 1970, Stati Uniti. Donna, studentessa di Scienze infermieristiche, riceve in regalo da sua madre, per il suo compleanno, una Raggedy Ann usata, acquistata da un antiquario.
La ragazza la mette sul letto dell’appartamento che divide insieme all’amica Angie. Dopo pochi giorni le due ragazze notano che quella bambola ha qualcosa di strano, sembra cambiare posizione da sola. I movimenti della bambola, che vanno dall’incrociare le braccia al farsi trovare in posizione eretta, inizialmente sono lievi e sporadici, fino a diventare sempre più evidenti.
I coniugi Warren
A un certo punto, la bambola viene rinvenuta in luoghi diversi della casa senza che nessuno l’abbia spostata. Le due ragazze iniziano a spaventarsi, fino al giorno in cui Donna vede che le mani della bambola sembrano tinte di rosso. Ormai intimorite, le ragazze contattano un medium.
Durante le sedute spiritiche, proprio il medium pronuncia, per la prima volta, il nome di Annabelle. Dice alle ragazze che Annabelle è una bambina morta. Il corpo della piccola fu ritrovato nel campo su cui, successivamente, furono costruiti gli appartamenti del complesso dove abitavano le ragazze. Annabelle ha vagato inquieta, finché non è arrivata la bambola in quella casa. La bambola, quindi, è posseduta dallo spirito della bambina errante che non chiede altro che essere amata e il permesso di possedere la bambola. Le due donne si inteneriscono e glielo concedono. Ma le cose non stanno proprio così.
Poco tempo dopo un loro amico viene aggredito. Il ragazzo si chiama Lou e mostra subito malessere al cospetto della bambola di pezza delle amiche. Lou inizia ad avere degli incubi ricorrenti su Annabelle, nei quali sogna di essere aggredito dalla bambola stessa. Un giorno il ragazzo si avvicina alla bambola e subito realizza che qualcosa non va. Sente improvvisamente un terribile dolore al petto e vede la sua camicia sporca di sangue. Poco dopo sul suo torace compaiono sette profondi graffi da artiglio che bruciano come ustioni. Le ferite sembrano causate da qualcuno che ha tentato di aggrapparsi al suo petto, ferendolo.
Le ragazze si rivolgono a un sacerdote per un esorcismo. Il prete contatterà anche i famosi sensitivi Ed e Lorraine Warren. I coniugi Warren spiegheranno alle ragazze che, in realtà, la bambola non è posseduta, ma manipolata da un demone, al fine di creare confusione e illusioni nelle ragazze, fino a che non riuscirà a possedere un corpo umano. È quello il suo scopo. I coniugi portano via la bambola, senza non poche difficoltà, e la ripongono in una teca. A tutt’oggi la bambola è custodita nel museo fondato dai Warren, il Warren Occult Museum. Il museo è chiuso dal 2017, in attesa di una nuova apertura.
LA CASSETTIERA DI JACOB COOLEY
1862, Kenkucky. Il Kentucky, Stato del sud-est degli Stati Uniti, stava vivendo da un anno la guerra civile, che si sarebbe protratta fino al 1865. Gli schiavi lavoravano, nelle piantagioni, in condizioni disumane e svolgevano anche mansioni di servi, adoperandosi per tutto quello che poteva servire nella tenuta.
Jacob Cooley, proprietario terriero e schiavista, era rinomato per il suo terribile carattere e per la crudeltà con cui vessava i suoi schiavi. Nel 1862 la moglie stava per dare alla luce il suo primo figlio e Cooley commissionò la fabbricazione di una cassettiera, da mettere nella stanza del bambino, a uno dei suoi schiavi: Hosea.
Hosea lavorò ininterrottamente per un mese, notte e giorno, per costruire l’oggetto, che a detta di tutti, era davvero splendido. Ma, per qualche motivo, al suo padrone non piacque, la cassettiera non era degna del nascituro. Cooley, quindi, picchiò e frustò a sangue il povero Hosea, fino a cagionarne la morte, che sopraggiunse due giorni dopo.
La rabbia nella piantagione, da parte degli altri schiavi, fu tanta e incessante, a tal punto che decisero di vendicarsi. Chiesero aiuto a un altro schiavo, ritenuto un potentissimo sciamano e grande conoscitore dei riti voodoo. Lo sciamano cosparse la cassettiera di sangue di gufo essiccato e la vincolò a una potentissima maledizione di morte.
Cooley, ignaro di tutto, nonostante avesse procurato la morte del povero Hosea, fece comunque porre la cassettiera nella stanza del bambino e la maledizione ebbe inizio. A morire, poco dopo la nascita, fu proprio il piccolo, gettando i genitori nello sconforto.
La moglie di Cooley rimase, tempo dopo, di nuovo incinta e diede alla luce un altro maschio. Ma la maledizione, ormai, era in atto e anche questo bambino morì, assassinato da uno schiavo, che dichiarò di essere stato costretto da una forza maligna che si era impossessata di lui. La moglie di Cooley, quindi, fece riporre la cassettiera in soffitta e il terzo figlio non incorse in nessun pericolo.
La cassettiera di Cooley, però, proprio perché bellissima e pregiata, fu donata dalla donna alla sorella di Cooley e da lì, passò di proprietario in proprietario, seminando morte e sofferenze. Infatti, chiunque ne entrava in possesso o poneva qualche vestito nella cassettiera, vedeva un proprio caro morire o andava incontro, egli stesso, a una morte violenta e prematura.
La cassettiera, passando da erede in erede, giunse al 1972, nelle mani di una discendente, che non volle credere alla maledizione. Purtroppo per lei, però, la cassettiera custodiva effettivamente un potere malefico e il bambino della donna morì, dopo che la donna aveva riposto una tutina del piccolo in uno dei cassetti del mobile maledetto.
Convintasi della pericolosità del mobile, la donna contattò una sua conoscente, esperta in riti voodoo, pregandola di sciogliere la maledizione. Fu consumato, quindi, un rito che sembrò aver posto fine a quella scia di morti e di dolore. La donna, però, non convinta, si volle liberare del mobile, donandolo al Kentucky History Museum dove è tutt’ora custodito.
LA SEDIA DI BUSBY
La sedia di Busby
1702, Thirsk (North Yorkshire), Regno Unito. Thomas Busby, balordo e alcolizzato, con precedenti da falsario, siede nel solito pub, tracannando diverse pinte di birra. Al suo ritorno a casa, preso da un raptus di follia, aggredisce ferocemente il suocero, fracassandogli la testa. Il delitto non resta impunito e Busby viene catturato, processato e condannato a morte per impiccagione. Tuttavia chiede al giudice di poter esaudire un ultimo desiderio: bere un’ultima birra prima di morire.
Il giudice, sebbene perplesso, accoglie la richiesta. Busby viene condotto dalle guardie nel suo solito pub, si siede sulla sua solita sedia e si gusta la sua ultima birra. Terminato, si alza e, guardandosi intorno, pronuncia questa maledizione: “possa la morte improvvisa venire a colui che osa sedersi sulla mia sedia”. Subito dopo viene eseguita la pena e il suo corpo rimane a penzolare per diversi giorni, come monito (come era usanza del tempo), davanti al pub, che verrà ribattezzato Busby Stoop Inn.
La sedia rimane nel pub, sebbene si diffonda di bocca in bocca la storia della maledizione lanciata da Busby e nessuno vi si siede più, fatta eccezione per alcuni “temerari” che, sembra, hanno pagato con la morte la loro spavalderia.
Come lo spazzacamino che nel 1894, dopo aver bevuto con un amico nel pub, rimanendo seduto sulla sedia maledetta, fu ritrovato cadavere, il giorno dopo, impiccato vicino a dove, quasi due secoli prima, era stato impiccato Busby. Oppure come la storia del muratore, che cadde dal tetto dopo che, per gioco, spronato dai suoi compagni, si sedette sulla sedia.
Ma il fatto più curioso accadde durante la seconda guerra mondiale. Lì, vicino al pub, c’era una base aerea militare. Si notò che tutti gli avviatori che si erano seduti sulla sedia maledetta, non avevano più fatto ritorno dalle loro missioni. Ma le storie di morte a causa di incidenti, legate alla sedia di Busby, sono numerose, tanto che l’ultimo proprietario, Tony Earnshaw, uomo per nulla incline alle superstizioni, considerate da lui come dicerie, decise di riporre la sedia in cantina, in modo che nessuno potesse sedervisi sopra, dopo la morte dello sfortunato muratore.
Pochi anni dopo, siamo nel 1972, un fattorino trova la sedia in cantina e vi si siede sopra, facendo notare al proprietario quanto sia comoda e quanto sarebbe più opportuno metterla nel pub. Lo sfortunato ragazzo morirà per un incidente appena uscito dal pub. Questo indurrà il proprietario a liberarsi della sedia, donandola al museo di Thirsk.
La sedia è esposta, ma fissata al muro a diversi metri da terra, per evitare che qualcuno, anche per gioco, vi si metta seduto.
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