Il Parco della Caffarella a Roma, all’interno del Parco Regionale dell’Appia Antica, offre la possibilità di coniugare una passeggiata all’aria aperta con la storia della città e delle genti che qui hanno vissuto. Racchiusa tra le antiche vie romane dell’Appia (che attraversa Porta San Sebastiano) e della via Latina (che oltrepassa l’omonima porta), la valle della Caffarella – che deve il suo nome alla famiglia Caffarelli che ne divenne proprietaria alla metà del Cinquecento – è stata popolata fin dall’epoca romana quando cominciarono ad essere costruite ville nobiliari, tombe e sepolcri. L’area, un tempo ricoperta da foreste, è interessata dalla presenza del fiume Almone, un corso d’acqua che in epoca romana era legato al culto della fertilità. La bonifica delle paludi che qui una volta si trovavano ha dato vita ad un ambiente vivace dal punto di vista della biodiversità, facilitando la presenza di uccelli legati ad habitat boschivi ed umidi.
PARCO DELLA CAFFARELLA, A PIEDI TRA VERDE E ARCHEOLOGIA
Parco della Caffarella, la Torre Valca
Tra i pascoli di ovini che ancora adesso interessano la valle è possibile immergersi in un pezzo di agro romano quasi del tutto scomparso a causa della cementificazione, un’area che abbraccia resti di antiche vestigia romane quali la tomba di Annia Regilla, il ninfeo di Egeria, il tempio di Cerere e Faustina (oggi chiesa di S. Urbano).
Il Parco della Caffarella, dicevamo, è soprattutto uno dei luoghi di Roma in cui è possibile ritrovare intatta quella campagna romana che dalla seconda metà del Seicento in poi fu oggetto della pittura di artisti fiamminghi, olandesi e italiani che si trovavano a Roma e che diedero vita alla scuola dei Bamboccianti, fissando sulle loro tele scene di vita quotidiana ed agreste. A questi si aggiunse l’interesse per il paesaggio bucolico di pittori quali Poussin e Corot fino a giungere nei primi del Novecento ai quadri di un gruppo denominato ‘I XXV della Campagna Romana’. Anche Goethe in Viaggio in Italia ricorda la visita che compì nel 1786 presso l’area dell’Appia antica, in un periodo storico che vide nel viaggio colto del Gran Tour un modo per completare gli studi sull’antichità da parte delle famiglie nobili europee.
Parco della Caffarella, a sinistra il Colombaio, a destra la Cisterna romana
In epoca romana il terreno, denominato Pago Triopio, apparteneva ad Erode Attico, marito di Annia Regilla, che vicino alla sua villa volle edificare la tomba che custodiva i resti mortali della coniuge. L’entrata della costruzione in laterizi, edificata nel II secolo d.C., era orientata verso il fiume Almone ed accanto ad essa correva la Via Asinaria, strada che collegava l’Appia alla Via Latina. Nel corso di campagne archeologiche sono stati rinvenuti altri tre ambienti ipogei che ospitavano diverse sepolture. Durante il Medioevo (XII-XIII secolo) l’area di proprietà della famiglia Caetani venne interessata dalla costruzione di una torre che, unitamente ad altre tre, costituiva uno strumento di difesa. Successivamente la torre venne inglobata nella valca (nome di derivazione longobarda che indica una fabbrica che usa dei rulli per lavare i panni), costituita da un edificio più alto e da una struttura più bassa. Secondo quanto riportato dalla Carta di Eufrosino della Volpaia, qui già nel 1547 si lavavano e si pestavano gli abiti (la follatura) e nel 1656, quando la peste imperversava nella città, si disinfettavano i vestiti ed i panni; intorno si trovavano cinque filari di vigna, un orto ed un frutteto. Con il passaggio della proprietà dei terreni alla famiglia dei Torlonia, la valca fu convertita in mulino per i cereali e nel 1870 si pensò di aumentare il flusso delle acque attraverso la costruzione di un nuovo sistema idrico, in parte scoperto ed in parte interrato. Il mulino risultò funzionante fino al 1930; al suo interno conteneva tre macine per la lavorazione del granturco.
CAFFARELLA, IL NINFEO E GLI ALTRI RUDERI
Parco della Caffarella, il ninfeo
Proseguendo lungo l’itinerario del Parco della Caffarella si incontra il bellissimo Ninfeo di Egeria. La grotta, identificata erroneamente in epoca umanistica come l’antica fonte della ninfa che alla morte di suo marito, il re Numa Pompilio, proruppe in lacrime dando vita alla fonte, in realtà era una costruzione idraulica posta nelle vicinanze della villa del proprietario romano Erode Attico. Il ninfeo venne costruito nel II secolo d.C. e fu poi restaurato sotto Massenzio nel IV secolo d.C.. La struttura, un tempo rivestita di lastre di marmo bianco e verde ed adibita al banchetto, presenta una sala rettangolare con volta a botte ed una statua, forse un dio, contenuta all’interno di una nicchia. Qui vicino possiamo osservare il Bosco Sacro e, sulla sinistra, una delle torri medievali (la Torre Valca) costruite qui a presidio del territorio. Più avanti s’incontra l’antico tempio dedicato a Cerere e Faustina, trasformato nel IX secolo nella chiesa di Sant’Urbano. Visibili, dall’esterno, i mattoni aggiunti tra le colonne romane nel corso del Seicento mentre la parte interna custodisce delle pitture dell’XI secolo con scene tratte dal Nuovo Testamento. Poco oltre s’incontra l’antica cisterna romana (I secolo d.C), allora interrata, che serviva per raccogliere le acque pluviali e destinarle all’irrigazione. L’ultimo sito interessante è rappresentato dal Colombario Costantiniano (II secolo d.C.), un sepolcro in laterizi a pianta rettangolare e suddiviso in due piani, che nel Medioevo venne adibito a mulino.
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