Tranquilli, non si tratta di un articolo politico, di un’indicazione di voto o di una rimodulazione di una celebre battuta del grande Totò, ma della storia della mano da tenere nella circolazione stradale in Italia. Perché in Italia si guida a destra?

C’era una volta, tanti secoli fa, un tempo in cui sulle strade della nostra cara penisola regnava il caos. Carri, animali e uomini procedevano senza un vero e proprio senso, invadendo strade o tutto ciò che percorrevano. Alcuni tenevano la destra, altri, invece la sinistra, ma ci stava pure qualcuno che, in ossequio al proverbio latino in medio stat virtus, rimaneva opportunamente al centro. Non era più possibile proseguire così e di questo se ne convinse pure un pontefice e non uno qualunque.

STORIA DELLA “MANO DA TENERE” IN ITALIA

Guida a destra e a sinistra

Guida a destra e a sinistra

A dirimere la vexata quaestio fu nientemeno che Bonifacio VIII, il papa dello schiaffo di Anagni, il famigerato Benedetto Caetani. Nel 1300 il pontefice, che per salire sul soglio di Pietro aveva di fatto defenestrato il timido Celestino V, promosse il primo giubileo della storia. E fu un enorme successo. Le guerre intestine che avevano dilaniato i territori pontifici, mettendo il papa contro i rivali storici, gli Orsini e i Colonna, in quel primo anno del nuovo secolo erano oramai un pallido ricordo. A Roma era tornata la quiete. Ora la necessità era quella di rimpolpare le asfittiche casse pontificie, dissanguate dai quei conflitti. Serviva qualcosa che permettesse di trovare i denari necessari per sostenere una città che aveva dei costi elevatissimi.

Dal cilindro, o forse meglio, dalla tiara, il papa tirò fuori un’idea geniale: il giubileo. Non era proprio un’idea originalissima visto che riprendeva, anche nel nome, una tradizione ebraica. Il 22 febbraio 1300, con la bolla Antiquorum habet fidem, veniva indetto il primo Anno Santo della storia.

Il provvedimento pontificio decretava un’indulgenza plenaria, un colossale perdono dei peccati, per tutti coloro che nel corso di quell’anno e in ogni futuro centesimo anno (la temporalità fu poi più volte cambiata, oggi il giubileo cade ogni venticinque anni) avessero visitato le basiliche di San Pietro e di San Paolo. Nella città eterna calarono, letteralmente da ogni parte del globo conosciuto, migliaia di pellegrini, non meno di duecentomila, un numero enorme, specie per una città comunque relativamente piccola e non del tutto preparata a un simile afflusso.

Le strade in quell’anno, specie quelle a ridosso della basilica petrina, in determinate ore del giorno, erano talmente colme di pellegrini da pregiudicare la stessa sicurezza delle persone.

In particolare a soffrire della mole di pellegrini era Ponte Sant’Angelo, l’antico Ponte Elio che l’imperatore Adriano fece costruire nel 134 d.C. per unire le due sponde del Tevere e per poter raggiungere il suo mausoleo. Nel corso del medioevo, il ponte mutò nome in Ponte Sant’Angelo, dal toponimo del frontale Castel Sant’Angelo con cui era ormai conosciuto l’antico Mausoleo di Adriano, da tempo profondamente trasformato dal punto di vista architettonico.

Proprio per evitare eccessivo caos sul ponte che portava a San Pietro, Bonifacio VIII, una sorta di novello vigile urbano, dettò una norma che avrebbe dovuto, se non risolvere del tutto il problema dell’affollamento, quantomeno migliorarlo. Stabilì, infatti, che nei luoghi più affollati di Roma, specie su ponte Sant’Angelo, i pellegrini avrebbero dovuto mantenere rigorosamente la sinistra, al fine di evitare ingestibili e caotiche situazioni.

Un provvedimento geniale, che evitò veri e propri drammi e che non poté non essere sottolineato da Dante Alighieri. Il sommo poeta, in due storiche terzine della sua Divina Commedia (Inferno, Canto XVIII, versi 28-32), accennò alla papale decisione, nonostante non fosse proprio un tifoso del Caetani.

come i Roman per l’essercito molto,
l’anno del giubileo, su per lo ponte
hanno a passar la gente modo colto,

che da l’un lato tutti hanno la fronte
verso ’l castello e vanno a Santo Pietro,
da l’altra sponda vanno verso ’l monte.

Ma perché all’epoca si scelse come mano da tenere la sinistra e non la destra – eppure Marx e Lenin sarebbero nati secoli dopo -rimane un affascinante e misterioso dilemma. La storia della mano da tenere nella circolazione è senza dubbio complessa e antica. Ad oggi, infatti, non si ha ancora la certezza del perché si sia scelto ad un certo punto di prediligere il senso a sinistra invece di quello a destra.

Secondo alcuni storici tale consuetudine si impose nel medioevo allorché i cavalieri, tenendosi sulla sinistra, avrebbero avuto maggiore facilità a sguainare la spada a destra, essendo la popolazione di destrorsi nettamente maggiore rispetto a quella dei mancini.

PERCHÉ IN ITALIA SI GUIDA A DESTRA? 

La preferenza della sinistra alla destra nell’ambito della circolazione rimase anche con l’avvento delle carrozze e ovviamente delle automobili. In questo ultimo caso tale ragione fu ancora più motivata visto che, per molti anni, il guidatore era posizionato sulla destra. Il motivo? Semplice. A destra si trovavano il volante e il freno a mano che, per la precisione, era collocato all’esterno del veicolo e sul lato destro. Per cui, trovarsi già da quella parte, rappresentava per il conducente un grosso vantaggio qualora avesse avuto bisogno di azionare il dispositivo frenante.

Per diversi anni le automobili, con l’eccezione di quelle realizzate negli Stati Uniti, dove il volante fu sempre collocato a sinistra, prevedevano che il conducente stesse a destra, per cui, ragionevolmente, come nel Regno Unito, la mano da tenere era a sinistra. In Italia il problema della mano da tenere fu affrontato per la prima volta nel 1912.

Mentre il nostro paese era impegnato in Tripolitania (una regione della Libia) nella guerra italo-turca, il parlamento varava una legge che, all’articolo 4, sembrava risolvere l’annosa questione.

Nello specifico il legislatore stabiliva che «I veicoli di qualunque sorta circolanti sulle strade ordinarie senza guida di rotaie sia negli abitati che in campagna [avrebbero dovuto] tenere costantemente la destra e per oltrepassare altri veicoli [avrebbero dovuto] portarsi sulla sinistra».

L’apparente trasparenza della norma, tuttavia, svaniva magicamente alla lettura del comma 2 che così recitava: «I comuni che abbiano nell’abitato una circolazione tranviaria possono prescrivere che nell’interno dell’abitato si tenga la sinistra apponendo all’ingresso della città una scritta ben visibile ed illuminata di notte».

Insomma la confusione era legalmente autorizzata. Nelle città con sedi tranviarie si circolava in base al provvedimento a sinistra, mentre in campagna o nei centri più piccoli, rigorosamente a destra.

Caos in salsa italica, un classico. Solo nel 1924 il parlamento tornò a occuparsi della mano da tenere sulle strade.

L’articolo 7 del provvedimento legislativo, dal pomposo titolo di “Norme disciplinanti la circolazione sulle strade ed aree pubbliche” così recitava: «Tutti i veicoli, gli animali da tiro, da soma o da sella, le mandrie e greggi circolanti sulle strade ordinarie, sia negli abitati sia in campagna, debbono portarsi a destra per incrociare e a sinistra per oltrepassare, avendo cura nelle svolte di mantenere la propria mano».

Nonostante l’encomiabile impegno il legislatore, tuttavia, non aveva ancora del tutto risolto la vexata quaestio. L’obbligo della destra permaneva, infatti, solo nel caso si incrociasse un altro veicolo. Di fatto l’estensore dell’articolo aveva, magari involontariamente, sancito il diritto per chiunque di circolare in qualsiasi parte della carreggiata volesse, insomma una vera e propria anarchia circolatoria.

La speranza che molti esperti del settore, a cominciare dall’ACI (Automobile Club Italia, ente fondato addirittura nel 1898) riversavano sul nuovo codice in merito a questa annosa problematica, fu sostanzialmente vana. La preoccupazione non era affatto peregrina, specie a fronte di un parco veicolare sempre più numeroso caratterizzato dalla collocazione del volante a destra; nel 1922, infatti, circolavano sulle strade italiane 41.000 veicoli a motore, un bel numero anche se irrisorio rispetto alle 300.000 automobili francesi o alle 600.000 inglesi.

Fiat 520 con il volante a sinistra

Fiat 520 con il volante a sinistra

La consuetudine, mai stata obbligo, di produrre auto con il volante a destra, iniziò a mutare nel 1927. In quell’anno, infatti, la Fiat, la maggiore fabbrica di automobili italiana, mise sul mercato l’innovativa “520”. Questa vettura, oltre a vantare un motore a sei cilindri capace di sviluppare una potenza di 46 cavalli e una velocità massima di 100 km/h, presentava un’incredibile novità. Per la prima volta il volante era collocato a sinistra (nel frattempo aveva cambiato sede anche il freno a mano posto definitivamente al centro), una scelta che in Francia la Citroen e la Renault avevano già ideato con alcuni modelli a partire dai primi anni Venti. Fino, però, a quel fatidico anno, le automobili italiche continuarono ad avere il volante a destra mentre l’obbligo della mano da tenere imponeva  rigorosamente la sinistra.

Il giornalista e consulente legale della rivista Auto Italiana, Aldo Farinelli, che fra un articolo e un altro, beato lui, trovò il tempo di inventare “Cucciolo” (una bicicletta motorizzata), sottolineò più volte l’incongruenza di tale situazione. In sostanza, scrisse, gli italiani, «mossi dalla solita pedissequa ammirazione per i modelli stranieri», avevano optato per la guida a destra, non capendo che tale scelta implicava, necessariamente, «la diretta ed esclusiva relazione colla mano stradale» che sarebbe dovuta essere a sinistra e non, invece, a destra.

Le osservazioni di Farinelli erano effettivamente logiche e supportate dai fatti. In quegli anni, infatti, il numero dei sinistri stradali nel nostro paese era maggiore rispetto alla media europea e questo triste primato, non era tanto dovuto «alle nostre fregole velocistiche», quanto alla necessità che aveva il conducente italiano di portarsi a sinistra per sorpassare il veicolo più lento, così come imposto dal codice, pur avendo a causa della guida a destra, la visuale completamente ostruita.

La questione della mano da tenere sarà definitivamente risolta nei primi anni Trenta, con il varo del nuovo codice della strada. Questa volta la chiarezza è assoluta. In strada la mano da tenere sarebbe stata la destra. Unica eccezione resteranno gli inglesi che sono pur sempre quelli delle miglia, delle libre e, dei galloni. Ma questo è un altro discorso.

Legge a parte, ancora oggi, la questione della guida a destra e della mano da tenere crea in qualcuno confusione e questa volta non per ragioni legislativi. La norma è chiara, l’interpretazione meno. Sulle italiche strade capita, purtroppo non di rado, che qualche automobilista decida arbitrariamente di tenere la sinistra. Dite perché è un nostalgico di Togliatti? O magari perché conosce a memoria la battuta di Totò «poi dice che uno si butta a sinistra»? No, tranquilli, la politica e il cinema non c’entrano nulla. Si tratta solo di un semplice deficiente che, con un’idiota bravata, mette a repentaglio la sua vita e quella altrui.      

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