Legata a molte storie che si sono tramandate nei vicoli di Roma e detestata dalla maggior parte della popolazione romana, Olimpia Maidalchini segnò un passaggio importante nella storia del pontificato e della famiglia Pamphili. Nata a Viterbo nel 1591, legò la sua vita al potente casato e alla figura di papa Innocenzo X e, proprio per il ruolo di potere che andò a ricoprire, divenne oggetto di sberleffo in numerose pasquinate dell’epoca. Le vennero anche attribuiti due soprannomi, quello di Papessa e quello di Pimpaccia, che tanto denotavano i rapporti non proprio idilliaci tra la nobile laziale ed il popolo romano.

LA PIMPACCIA: CHI ERA DONNA OLIMPIA?


Il suo carattere indomito si manifestò già in giovane età, quando Olimpia Maidalchini si ribellò alla volontà del padre di confinarla ad un’esistenza monastica. La vita conventuale le stava stretta e, poco prima di prendere i voti, accusò il suo padre spirituale di averla molestata.

La denuncia della giovane ebbe delle ricadute sul sacerdote (il religioso venne sospeso dal suo servizio spirituale) ed anche sulla vita della stessa Olimpia che, a sedici anni, si unì in matrimonio con il suo primo marito, un ricco ed anziano proprietario terriero.

La fama e la notorietà di Donna Olimpia si devono, però, alle seconde nozze che celebrò dopo essere rimasta vedova. La giovane donna aveva ereditato il patrimonio del primo marito e, desiderosa di scalare la società romana, scelse di imparentarsi con la nobile famiglia dei Pamphili. E non fu neanche tanto il marito Pamphilio a regalarle potere e celebrità, quanto suo cognato Giovanni Battista Pamphili.

Formatosi presso il Collegio dei Gesuiti e laureatosi in legge, Giovanni Battista cominciò ben presto ad introdursi all’interno del potere ecclesiastico e della Curia romana. La sua ascesa andò di pari passo con quella della cognata Olimpia, che certo dovette aiutarlo e seguirlo nel suo percorso.

OLIMPIA MAIDALCHINI E INNOCENZO X

Innocenzo X e Olimpia Maidalchini, detta la Pimpaccia

Innocenzo X e Olimpia Maidalchini, detta la Pimpaccia

Quando nel 1644 venne eletto papa con il nome di Innocenzo X, il rapporto tra i due era già molto stretto e ancor di più doveva essersi rafforzato dal 1639, anno della morte di Pamphilio, il secondo marito di Olimpia Maidalchini. Poco dopo la salita al soglio pontificio, il papa sottoscrisse un testamento in cui dichiarava la donna erede dei suoi beni e dei suoi possedimenti e, un anno dopo, la nominò principessa di San Martino al Cimino, assegnandole le proprietà che i Pamphili avevano nel borgo viterbese.

Cominciarono così a circolare le prime voci maligne che dipingevano una Olimpia Maidalchini che teneva in mano le redini del papato. Il soprannome di Papessa iniziò a diffondersi allora, quando si cominciò a vociferare che era Olimpia a prendere tutte le decisioni che uscivano dai palazzi pontifici.

La nobildonna scontava il suo presenzialismo che le aveva fatto acquisire un’enorme notorietà e che l’aveva introdotta saldamente nella vita politica e religiosa della città. Olimpia Maidalchini era, infatti, solita affiancare il pontefice nelle cerimonie ufficiali, come accadde durante la visita del Viceré di Napoli e l’apertura della Porta Santa durante il Giubileo del 1650.

PERCHÉ FU SOPRANNOMINATA LA PIMPACCIA?


Di storie sulla sua brama di potere e sulla sua avidità ne giravano già in abbondanza a Roma, qualcuno addirittura si era preso la briga di scrivere attacchi alla nobildonna sotto forma di pasquinate. E proprio da una di queste poesie popolari ebbe vita il secondo soprannome legato all’aristocratica, quello di Pimpaccia.

La Pimpa era un’opera teatrale di successo che metteva in scena la figura di una donna avida e spregiudicata, caratteristiche che il popolo romano collegò da subito all’animo bramoso di Donna Olimpia. Numerosi libelli vennero pubblicati nel corso del Seicento, tra cui una biografia della donna che fu tradotto in molte lingue e si diffuse in tutta Europa, testo che ne sottolineava i difetti e le intemperie.

La sua disgrazia, dopo avere affrontato alcuni contrasti familiari, coincise con la morte del papa. Il neoeletto Alessandro VII nel 1655 la condannò all’esilio ed Olimpia Maidalchini passò gli ultimi anni della sua vita tra Orvieto, Viterbo e San Martino del Cimino, dove morì di peste nel 1657.

Al suo nome è legata la leggenda che la vuole correre a bordo della sua carrozza piena di monete e di ori la notte del 7 gennaio, il giorno della morte di papa Innocenzo. Secondo la tradizione popolare, la Pimpaccia appare per le strade di Roma su un cocchio trainato da quattro cavalli neri. Avida e bramosa, percorre la strada che collega il palazzo Pamphili di piazza Navona con quello di Villa Pamphili fino ad attraversare ponte Sisto e venire inghiottita dal Tevere.

 

 

 

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