Cosa c’è di meglio di una totale immersione in un territorio sconosciuto, tutto da scoprire e ricco di campi coltivati, boschi, resti archeologici e laghi? Se vi volete rigenerare in un luogo poco avvezzo all’assalto dei turisti e pieno di tranquillità e pace, potete pensare di progettare un percorso di trekking suddiviso in 5 tappe che vi farà esplorare il territorio dell’alta Tuscia. Questa estrema propaggine della provincia viterbese che si incunea in terra toscana, offre la possibilità di affrontare un tracciato relativamente semplice alla scoperta di un’area davvero interessante da molti punti di vista, recuperando quella calma e quella serenità che la frenesia e la fretta della vita quotidiana ci hanno fatto perdere. Il Sentiero dei Briganti, questo il nome del percorso laziale da non confondersi con l’omonimo cammino che interessa Lazio ed Abruzzo, è un percorso lungo 100 chilometri che si sviluppa interamente sul territorio dell’alto viterbese e che può essere percorso a piedi, in bici o a cavallo.
SENTIERO DEI BRIGANTI: IL PERCORSO
I luoghi che si raggiungono percorrendo il Sentiero dei Briganti rimandano alle antiche memorie di un territorio abitato nell’Ottocento da fuorilegge e da malviventi, gente con cui si poteva scherzare davvero poco. Il fenomeno del brigantaggio è il filo conduttore di questo trekking nato da un progetto della comunità montana dell’Alta Tuscia Laziale, che ha visto coinvolti i comuni di Canino, Farnese ed Ischia di Castro. Oggi quelle strade sono tranquille e consentono a chi le solca di abbandonarsi dietro ai propri pensieri, godendo della vista di una natura splendida ed incontaminata.
Scopri i borghi più belli della Tuscia
Il Sentiero dei Briganti ha inizio dalla riserva naturale del Monte Rufeno e, attraversando la Selva del Lamone e l’antico abitato di Castro, giunge fino al ponte dell’Abbadia in prossimità di Vulci. Ogni tratto è contraddistinto dal nome di un brigante che ha vissuto e dimorato proprio in questi luoghi. Domenico Tiburzi, oggi considerato il più famoso brigante di queste zone, aveva messo in piedi proprio qui un’organizzazione criminale in grado di innestarsi all’interno della società di quel tempo, tutelando e proteggendo i possidenti locali dagli altri briganti e ricevendone in cambio un compenso. Ad aiutarlo, ovviamente, aveva altri loschi figuri che gli ruotavano intorno e che fornivano il proprio servizio all’incontrastato ‘re del Lamone’.
I ruderi dell’antica città di Castro
Questo luogo, un tempo come oggi, era una terra di confine ed era proprio qui che nell’Ottocento si trovava la frontiera tra lo Stato della Chiesa ed il Granducato di Toscana. Le zone più periferiche di uno stato consentivano a quel tempo si svolgere al meglio attività criminali e traffici illeciti, grazie alla presenza di una folta macchia, di ripari di fortuna e di grotte naturali. In quel periodo però, a differenza di oggi, il territorio era interessato anche dalla malaria e dalla miseria, un binomio che rendeva disagevole e spesso mortale la vita in queste terre. Il Sentiero dei Briganti, suddiviso in cinque tratti, ricorda proprio quel secolo amaro, collegando a ciascuna tappa il nome di un brigante che qui ha abitato e condotto i propri affari illeciti. Preparate lo zaino e le gambe, ovviamente, ed andiamo a scoprire ogni singolo itinerario.
Il Sentiero di Fioravanti costituisce la prima parte del cammino con i suoi 20,5 Km e nel primo tratto si snoda dal Casale Monaldesca alle pendici del monte Rufeno attraverso l’omonima riserva naturale, un’area protetta di quasi tremila ettari che corre lungo il confine con la Toscana e l’Umbria. Attraversata l’area protetta, si oltrepassa la valle del fiume Paglia, un affluente del Tevere, e si comincia a salire fino a scorgere sulla nostra destra il borgo di Proceno con il suo castello. Da qui mancano soltanto tre chilometri per raggiungere Acquapendente con il suo centro storico caratterizzato da importanti palazzi storici e chiese.
Si continua, quindi, il sentiero in direzione di Onano, il paese delle lenticchie. Il giorno seguente sono necessarie gambe ben allenate perché dopo la fatica delle ventiquattro ore precedenti, occorre affrontare i 26 chilometri del Sentiero di Ansuini, che vedrà un susseguirsi di boschi e vallate. Si parte a pochi centinaia di metri dal centro storico di Onano e ci si incammina verso la campagna costituita da pianure, selve e fossi. Dopo un tratto di strada asfaltato si continua a camminare sullo sterrato che conduce alla Strada Statale Maremmana, da percorrere per 900 metri. La strada comincia a salire e dal punto più alto si può osservare in tutta la sua bellezza il lago di Bolsena.
Il percorso ora si fa più agevole, riscendendo e attraversando un paesaggio agricolo costituito da vigneti ed uliveti. Dopo avere preso la strada asfaltata che da Grotte di Castro conduce al lago di Bolsena, giriamo sulla destra ma se abbiamo ancora energie possiamo fare una piccola deviazione verso un promontorio boscoso che ospita la necropoli etrusca di Pianezze con le sue tombe a camera ela necropoli delle Cento Camere. Ripreso il percorso, il tratto finale ci condurrà sulle sponde del lago per 7 chilometri, con le sue zone umide ricche di aironi, germani reali e folaghe. Infine i 500 metri finali che ci portano dritti alla conclusione del sentiero collocato dove si trova la quattrocentesca chiesa di San Magno, costruita in pietra vulcanica locale e teatro di numerosi eventi sanguinosi collegati al fenomeno del brigantaggio.
Lago di Proceno
SENTIERO DEI BRIGANTI: LE ULTIME TAPPE
La terza tappa, il Sentiero di Menichetti, è leggermente più corta della precedente. Si tratta infatti di 21 Km che passano attraverso la valle del Lago di Mezzano e portano dritti al paese di Valentano. Tornando verso la strada litoranea da cui siamo giunti il giorno prima, prendiamo un sentiero sulla sinistra che comincia a salire e che ci porterà verso uno dei punti più alti dell’intero percorso: il Passo della Montagnola, quota 639 m.s.l.m. Il panorama che si apre dinanzi a noi è sublime con il lago di Bolsena, le due isole e, più lontano, il centro storico di Capodimonte.
Dopo essere arrivati al passo si scende verso Latera e si prosegue a destra del cimitero camminando in un ambiente agricolo caratterizzato da vigneti e castagneti. Si continua fino ad arrivare sulla riva del lago di Mezzano, sul cui fondale negli anni ’70 si è scoperto un villaggio palafitticolo dell’età del bronzo. Dopo avere superato il lago, ci troviamo ad un bivio che costituisce il punto più vicino al paese di Valentano che svetta con la sua torre ottagonale della Rocca Farnese. Proseguiamo sulla destra e ci immergiamo nuovamente in un paesaggio con affacci davvero suggestivi che comprendono la Selva del Lamone ed il monte Argentario.
Il quarto tratto, denominato Sentiero di Tiburzi, attraversa la Riserva Naturale della Selva del Lamone, passando per la distrutta città di Castro ed arrivando fino a Vulci, dopo essersi immersi in un territorio ricco di centri rupestri abbandonati e di eremi. Il percorso diminuisce di quota e dopo avere costeggiato il fosso della Faggeta si entra nella Selva del Lamone, un bosco di 2300 ettari ricco di anfratti ed ammassi lavici. Durante l’inverno e la primavera il bosco si ricopre di piccoli stagni, i ‘Lacioni’, che ospitano in queste due stagioni uccelli di palude. Ma a contraddistinguere il territorio concorrono anche altre specie faunistiche come quella del gatto selvatico, del biancone e del gambero di fiume. In questa zona impervia durante il Cinquecento venne costruita l’antica città di Castro, divenuta in poco tempo un gioiello dell’omonimo Ducato grazie all’opera del Sangallo e poi distrutta nel 1649 per volere di papa Innocenzo X. Con una piccola deviazione è possibile visitare ancora oggi i suoi resti che si trovano dispersi nel bosco e che noi caldamente suggeriamo di vedere.
Vulci. Castello dell’Abbadia (foto di Nicola Pino)
L’ultimo tratto, il Sentiero di Biscarini, conduce da Castro a Vulci ed è caratterizzato da vie cave, grotte scavate nel tufo ed abitate durante il Medioevo nonché dall’eremo di Poggio Conte e da quello di Ripatonna Cicognina. Il sentiero si sviluppa lungo un terreno caratterizzato dalla presenza di travertino e, proseguendo, si attraversa il bosco Baccano ricco di alberi di querce. La valle è attraversata dal fiume Fiora che con i suoi 83 chilometri segna il confine naturale tra Lazio e Toscana e sfocia nel Tirreno all’altezza di Montalto di Castro. Su un pianoro tufaceo si possono osservare le rovine di Vulci, antica città etrusca che tra i suoi resti vanta templi, edifici pubblici ed abitazioni. Intorno sono situate numerose necropoli e, tra le tombe più importanti, segnaliamo la tomba François costituita da sette camere funerarie le cui decorazioni furono distaccate nel 1863 dai principi Torlonia, allora proprietari del monumento, e trasportati a Roma presso la Villa Albani, luogo in cui si trovano attualmente. Il Sentiero dei Briganti giunge al suo termine a Montalto nei pressi del caratteristico ponte a due arcate dell’Abbadia. Ora ci si può riposare ripercorrendo mentalmente l’intero tragitto ed assaporando la magia e la tranquillità dei luoghi appena attraversati, sicuri che questo trekking di 5 giorni avrà apportato i suoi benefici.Per quanti fossero interessati alle vicende storiche del fenomeno del brigantaggio nell’alta Tuscia raccomandiamo di fare visita al Museo del Brigantaggio di Cellere.
Potrebbe interessarti anche:
Leggi anche: Viaggio nella Gerusalemme d'Europa: Acquapendente Parco Archeologico di Vulci: tra i resti dell'antica città etrusca Castro, una città nel bosco