La moglie, Gerda Gottlieb, fu la prima a conoscere l’indole nascosta e più intima di suo marito, Einar Wegener. Entrambi pittori, seppur di generi differenti, Gerda dipinge perlopiù ritratti, disegni di moda e vignette per giornali umoristici, mentre Einar prevalentemente paesaggi, i due si sposano giovanissimi nel 1904, dopo essersi conosciuti alla Scuola d’arte di Copenaghen. La personalità di Lili Elbe è ancora in là dal palesarsi.
EINAR WEGENER DIVENTA LILI ELBE
Nella loro piccola casa, nel centro della capitale della Danimarca, i due artisti dipingono i loro quadri destinati a pubblici differenti. Quelli di Gerda, non di rado, sconvolgono la bigotta società danese che rimane scandalizzata specie da alcune vignette dai temi piccanti, osé, ma anche da alcuni ritratti fuori dal comune. Ma quello stile, decisamente poco accademico, riflette tuttavia il carattere esuberante di Gerda, a cui non dispiace mostrarsi in pubblico con vestiti trasgressivi e con un trucco audace.
Gerda Gottlieb (a sinistra) e Einar Wegener
Proprio per realizzare le sue opere Gerda ogni tanto chiede al marito di posare per lei in abiti femminili. Non si tratta di una cosa tanto assurda, anche perché Einar ha un viso delicato e imberbe, un corpo esile, da adolescente, ben diverso da quello di molti suoi coetanei.
La richiesta inizialmente interdice Einar. Il pittore sulle prime è piuttosto imbarazzato a posare per la moglie con indumenti da donna. Ma si fida di lei e la lascia fare. Poi, però, grazie anche ai complimenti di Gerda, Einar inizia a sentirsi a suo agio con quei vestiti indosso, che si adattano alle sue forme tenui.
Più tardi, a riguardo, scriverà:
«Non posso negare, per quanto strano possa sembrare, che mi sia divertito in questo travestimento. Mi piaceva la sensazione di morbidi vestiti femminili. Mi sono sentito molto a mio agio dal primo momento».
Quegli ingenui travestimenti, quelle morbide stoffe che aderiscono come una seconda, inattesa pelle, svelano la vera indole di Einar, quell’animo femminile che timidamente si era affacciato negli anni della adolescenza ma che una rigida educazione aveva subitamente soffocato.
Per il giovane pittore originario di Vejle, ancora preso dai suoi accademici paesaggi, nel piccolo atelier nel centro di Copenaghen, inizia un processo di trasformazione che, di lì a poco, si sarebbe del tutto definito, mostrando la sua sconvolgente verità: Einar Wegener desidera essere una donna.
Gerda si rende sempre più conto di questa naturale inclinazione del marito e, invece di stopparla, la asseconda, comprendendo che quella sia la cosa più giusta. I tempi sono maturi per un cambiamento drastico. Copenaghen, per quanto sia una capitale, è un ambiente troppo provinciale, che soffoca le ambizioni di Gerda e, a questo punto, anche gli intimi desideri di Einar.
DA COPENAGHEN A PARIGI: LA SVOLTA
Nel 1912 la coppia, stanca del bigottismo di Copenaghen, si trasferisce a Parigi. Nella capitale francese Gerda continua a dipingere, a disegnare e a scandalizzare con le sue erotiche illustrazioni spesso ospitate su giornali quali La Vie parisienne, L’Illustration e naturalmente Vogue. Ma principalmente continua a chiedere al marito di posare. Sono proprio i dipinti che ritraggono Einar in vesti femminili a piacere di più, anche se i committenti ignorano chi si celi dietro la bella e delicata modella.
Einar, ormai, non è più imbarazzato a posare in abiti femminili. Si trova a suo agio in quelle vesti e non di rado osa ed esce così travestito per le vie parigine, facendosi prendere da quelle nuove, affascinanti e inaspettate sensazioni. Senza neanche rendersene conto Einar sta facendo nascere una nuova creatura, Lili.
Lili Elbe, prima e dopo la transizione
Ormai Lili è una certezza anche se il travaglio interiore rimane. Vivere la sua transessualità, seppur nella più internazionale Parigi, non è semplice.
I travestimenti da donna, per quanto sempre più sofisticati e credibili non bastano più. Einar si rende conto che la sua vera natura è quella femminile. Lui è una donna che per un gioco del destino vive costretta in un corpo di uomo.
Einar è ancora indeciso, non comprende bene quella situazione, quella sofferenza interiore che lo porta in certi momenti a desiderare di essere solo e soltanto una donna e in altri, invece, a maledire il giorno in cui ha cominciato a travestirsi.
Si fa visitare da alcuni medici che cercano di convincerlo che la sua è una malattia mentale, comunque curabile. Si sottopone a sedute psicologiche, a umilianti visite mediche, perfino alle radiazioni. Einar si deprime, comprende che non può più vivere così, che una decisione deve essere presa.
Nel febbraio del 1930 sul suo diario Lili scrive che è arrivata al limite e che se entro maggio non avrà trovato una soluzione si toglierà la vita.
Grazie ad alcuni amici viene a sapere che c’è un luogo in Germania dove il suo sogno può diventare realtà. Si tratta dell’Istituto tedesco di Scienze Sessuali a Berlino, fondato dal Dr. Magnus Hirschfeld, che anni addietro aveva coniato, primo fra tutti, il termine transessualismo.
Il dottor Hirschfeld non è solo un pioniere in questo ambito chirurgico ma anche un sostenitore dei diritti degli omosessuali. Il medico e scrittore tedesco non solo aveva elaborato la teoria del terzo sesso ma, sul finire dell’Ottocento, si era battuto per l’abrogazione del paragrafo 175 del codice penale tedesco che riteneva l’omosessualità un crimine.
Lili si fida del dottor Hirschfeld che, tuttavia, le indica i rischi in cui potrebbe incorrere. Non si tratta, infatti, di sottoporsi a una semplice operazione ma a una serie di interventi complessi, dolorosi e principalmente rischiosi, visto che questa specifica branca della chirurgia è ancora agli albori. Ma ormai il confine è stato superato, indietro non si torna. La strada è una sola e Lili (Einar ormai appartiene al passato), la vuole percorrere fino in fondo, ad ogni costo.
Quella doppia vita non è più sopportabile, il dilemma fra rimanere un uomo o provare a diventare una donna, magari assaporando anche la gioia unica di avere un figlio, viene superato e nella lacerante battaglia a vincere sarà Lili.
Nel 1930 Lili Elbe si sottopone al primo di cinque interventi, quello che prevede la rimozione dei testicoli.
In seguito sarà operata per l’asportazione del pene e per quella più complessa che consiste nel trapianto delle ovaie. Quest’ultima operazione non va come dovrebbe e Lili deve tornare poco dopo nuovamente sotto i ferri a causa di un fenomeno di rigetto, piuttosto normale vista la complessità dell’intervento.
GLI ULTIMI ANNI DI VITA DI LILI ELBE
Nell’ottobre del 1930 lo stesso re di Danimarca, Cristiano X, annulla il matrimonio fra Einar e Gerda e poco dopo Lili chiede ufficialmente un nuovo passaporto che certifichi la sua nuova identità. Poche settimane dopo arriva il fatidico documento. Da questo momento in poi sarà solo e soltanto Lili Ilse Elvenes, il cognome Elbe, derivato dal fiume tedesco Elba, fu utilizzato da Lili solo nei suoi diari ma mai sui documenti ufficiali.
Ma manca ancora un ultimo battito d’ala per raggiungere la felicità. Lili vuole essere a tutti gli effetti una donna e cullare il sogno di poter avere un domani un figlio. Per questo si sottopone nuovamente a un’operazione. Si farà trapiantare l’utero e costruire una vagina artificiale.
Un intervento complesso, che più di qualcuno, a partire da Gerda, che le rimane sempre accanto, le sconsiglia di fare; ma Lili non vuole tornare indietro, anche se ha ormai quasi cinquant’anni.
Nel giugno del 1931 torna nuovamente sotto i ferri. L’operazione sembra andare bene ma dopo qualche settimana affiorano le primi, terribili complicazioni. Lili è devastata da insopportabili dolori, dimagrisce a vista d’occhio, è debole e peggiora giorno dopo giorno.
Il 13 settembre 1931, quando l’estate sta stendendo le sue ultime calde braccia, Lili Elbe muore.
Il suo sogno si è infranto all’ultima curva di un viaggio coraggioso e terribile.
Negli anni successivi la storia di Lili Elbe inizia ad essere conosciuta anche grazie ai diari che lei stessa aveva scritto in quegli anni e che anni dopo, per merito di Niels Hoyer, un amico di Lili, diverranno Man into woman, libro che in Italia nessuno, chissà perché, ha avuto mai l’idea di pubblicare.
Qualcuno ha ipotizzato che Einar fosse intersessuale, che avesse delle ovaie nel suo corpo, seppur rudimentali. Secondo alcuni medici, sulla base dei diari di Lili ma anche delle testimonianze, era ipotizzabile che Einar/Lili soffrisse della sindrome di Klinefelter, una condizione che la medicina scoprì solo a partire dal 1942 e consistente in un’anomalia cromosomica.
La storia di Lili Elbe è fatta di amore, quello di Gerda, che non abbandonò mai il marito sostenendolo in quella difficile prova; di solitudine, di smarrimento, di immenso coraggio ma anche di un’infelicità che affiora costantemente dalle pagine del suo diario.
Una infelicità che non l’abbandona neppure dopo essere diventata finalmente donna. Lili dopo le varie operazioni sviluppa vere e proprie fobie. Non vuole uscire dalla clinica dove è ricoverata, preferisce stare sola, ritirata in quel luogo in cui si sente sicura. Ha timore, come scrive nel suo diario, del mondo che l’attende fuori, degli sguardi indiscreti, dei giudizi sprezzanti.
Pensa addirittura di farsi suora e di rimanere in quella clinica come infermiera. Ha cambiato sesso, ma ora l’aspetta la difficoltà maggiore: cambiare del tutto vita e affrontare quella società che, ieri come oggi, purtroppo, è molto più pericolosa di un affilato bisturi.
Lili Elbe ha dato voce e speranza a tante persone che, dopo di lei, hanno provato a essere quello che desideravano. Per questo oggi giustamente Lili Elbe è un simbolo per tutti coloro che non accettano l’imposizione di rigidi steccati sociali ma che sognano solo di essere liberi, anche nella scelta della propria identità sessuale.
Lili Elbe nella splendida interpretazione di Eddie Redmayne nel film “The danish girl”
La storia di Lili Elbe qualche anno fa ha dato origine al delicato e raffinato romanzo di David Ebershoff, The danish girl, diventato poi, con il medesimo titolo, un bel film per la regia di Tom Hoper con Alicia Vikander nella parte di Gerda (premiata con l’Oscar come migliore attrice non protagonista) e di Eddie Redmayne in quella di Einar/Lili.
Ma chi vuole conoscere davvero la sua coraggiosa e drammatica storia non deve fare altro che leggere, purtroppo solo in lingua inglese, il suo diario e immergersi, senza interpretazioni di sorta, nel mondo di Lili che sfidò tutto pur di essere soltanto ciò che voleva.
«Sono finito. Lili lo sa ormai da molto tempo. Ecco come stanno le cose. E di conseguenza si ribella più vigorosamente ogni giorno.»
(da Man into woman)
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