La storia dell’ora legale ha contorni affascinanti, le cui radici affondano nell’ultimo ventennio del XVII secolo. Ecco il racconto di questa “invenzione” nata per risparmiare energia e regalare un’ora in più di luce.

ORA LEGALE: QUANDO FU INTRODOTTA?

Francia, 1784. Gli echi della Rivoluzione che di lì a poco cambieranno per sempre il paese d’oltralpe, ghigliottinando le teste coronate di Luigi XVI e della poco amata consorte, sono ancora moderatamente lontani. Benjamin Franklin, all’epoca ambasciatore degli Stati Uniti in terra di Francia, pubblicava sul Journal de Paris una lettera nella quale, fra il serio e il faceto, proponeva l’obbligo di far svegliare la gente prima la mattina.

Come? Con trovate draconiane ma anche stravaganti. L’inventore del parafulmine e di altri fondamentali oggetti del nostro vivere quotidiano (le lenti bifocali ad esempio) suggeriva, per obbligare la gente ad alzarsi presto, il razionamento delle candele, la proibizione della circolazione notturna, ma anche una speciale tassa sulle persiane, che avrebbe portato alla loro eliminazione e dunque alla fine del buio artificiale, o ancora l’adozione di speciali cannoni aventi funzione di grosse e rumorose sveglie. Tutto per essere costretti ad alzarsi prima, comprendendo che quell’indubbio sacrificio sarebbe stato ripagato dalla meraviglia dell’alba e compensato da un significativo risparmio energetico. Del resto, il buon Benjamin, era stato pur sempre il creatore di un proverbio che oggi farebbe inorridire i nottambuli di tutto il mondo: “Presto a letto e presto alzato, fan l’uomo sano, ricco e fortunato”.

La proposta del poliedrico americano, che per molti era un visionario, si perse nel ticchettio di un orologio. Si trattava, molto probabilmente, di un’idea troppo rivoluzionaria, di cui non venne percepita la portata innovativa, specie in un’età dominata dalla tremolante luce dei lumi, in cui l’industrializzazione era ancora un fenomeno agli albori. Sul finire dell’Ottocento la stramba idea di Franklin fu recuperata da un entomologo neozelandese, George Vernon Hudson. Questi, nel 1895, presentò alla prestigiosa Società Filosofica di Wellington, la proposta di spostare in avanti le lancette dell’orologio di ben due ore per ottenere vantaggi di vario tipo. Ma, anche questa volta, l’idea di modificare artificialmente il tempo rimase lettera morta.

Nel 1907, fu l’inglese William Willett a ritirare fuori la visionaria proposta, certo che, in tempi in cui l’esigenza di risparmiare energia era dai più avvertita, avrebbe potuto avere più fortuna. Willett scrisse addirittura un libro, The Waste of Daylight, per spiegare dettagliatamente come quella piccola modifica alle abitudini dei sudditi di sua maestà britannica, avrebbe determinato la diminuzione delle ore dell’illuminazione artificiale e di conseguenza ridotto i costi, aumentando, magari, anche la forma fisica degli inglesi che così avrebbero trascorso più tempo all’aria aperta. Fu talmente convincente che l’anno dopo, nel 1908, alla Camera dei Comuni fu avanzata la proposta di adottare l’ora legale ma la mozione fu sonoramente bocciata.

Ci volle la guerra, la Grande Guerra, con il suo corollario di morti, distruzioni e spese belliche per istituire il doppio orario. Nel 1916 il Regno Unito approvò la British Summer Time con cui si spostavano, solo nel periodo estivo, le lancette dell’orologio di un’ora in avanti. Anche la Germania, che quella guerra aveva fortemente voluto, si decise in quello stesso anno a camuffare il tempo pur di risparmiare, in un momento in cui fare economia era un’impellenza irrimandabile. Seguirono a ruota altri paese europei fra cui l’Italia. Il decreto luogotenenziale n.631 del 25 maggio 1916, impose l’ora legale, salvo, abolirla quattro anni dopo, nel 1920.

Negli anni successivi, l’ora artificiale apparve e scomparve dai calendari europei come in uno spettacolo di un bravo prestigiatore, seguendo, di fatto, le oscillazioni economiche. In tempi di crisi veniva recuperata, in quelli più floridi abbandonata. Nel 1944, in un’Italia spaccata in due – i tedeschi e i fascisti al nord, gli alleati al sud – si arrivò al paradosso per cui l’ora legale era adottata solo nel territorio dell’effimera Repubblica di Salò, mentre era assente nel resto dello stivale. Nel nostro paese fu introdotta definitivamente nel 1966, sulla falsariga di analoghi provvedimenti adottati da altri paese europei. In quell’anno, che passò alla storia per la rovinosa eliminazione dell’Italia del pallone ai mondiali d’Inghilterra per mano della Corea del Nord, l’ora legale entrò in vigore il 22 maggio, lasciando il passo a quella solare il 24 settembre.

COSA CAMBIA IN EUROPA?

Abolizione ora legale

Lo scorrere del tempo

Dal 2000 la direttiva 2000/84/CE vincola tutti i paesi aderenti all’Unione europea ad introdurre l’ora legale nel periodo compreso fra il 25 e il 31 marzo e a toglierla nei giorni compresi fra il 25 e il 31 ottobre. Un principio chiaro, anche se il nome cambia a seconda della latitudine. In Spagna, quella che da noi si chiama ora legale, è nota come hora de verano; nel Regno unito è da sempre conosciuta come daylight savings time, mentre in Francia come heure d’etè.

Nel mondo, comunque, sono pochi i paesi a prevedere il doppio orario. Oltre a noi europei, ci sono in questo speciale gruppo, gli statunitensi, i brasiliani (che la prevedono dalla terza domenica di ottobre alla terza di febbraio), i cileni, i neozelandesi, i canadesi. Praticamente assente in Africa, eccezion fatta per Namibia e Marocco, e quasi del tutto in Asia. Il Giappone pensa di adottarla, temporaneamente, in occasione delle prossime olimpiadi di Tokio del 2020, ma non tutti sono propensi, anche perché notoriamente i nipponici dormono già molto poco. Se tutto andrà come sembra il doppio orario sparirà. Non è ancora certo se a prevalere saranno i dormiglioni e con loro, quindi l’ora solare, o gli amanti dell’alba e quindi i fautori dell’ora legale.

Di certo smetteremo di passare due giorni all’anno a cercare gli orologi sparsi per casa per spostare le fatidiche lancette, ripetendoci come un mantra se vadano messe un’ora avanti o indietro. E chissà, magari a noi italiani ci mancherà, alla fine, l’ora legale, forse l’ultima cosa legale rimasta nel nostro paese.

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