Roma nasconde tanti piccoli tesori disseminati sopra e sotto le sue strade ed anche il versante sud-orientale del suo territorio non fa eccezione. Qui si trova, infatti, una sezione del Parco regionale dell’Appia antica che ospita il tratto più importante di quella campagna romana ancora intatta, un polmone che comprende il Parco della Caffarella, l’Appia antica ed il Parco archeologico delle Tombe della Via Latina. Siamo andati a visitare proprio quest’ultimo piccolo lembo del parco che contiene una delle più antiche vie consolari romane, quella Via Latina che forse esisteva anche al tempo degli Etruschi e che collegava Roma al basso Lazio e a Capua.
TOMBE DELLA VIA LATINA: COSA VEDERE
La Via Latina
Il tratto percorribile all’interno del parco archeologico dell’Appia Antica è lungo circa 400 metri e già nel II secolo d.C., ai due lati della strada, erano collocati numerosi sepolcri.
I defunti, infatti, in epoca romana erano seppelliti al di fuori del pomerio, la linea sacra della città che marcava la distanza tra il territorio dedicato alla vita e quello consacrato alla morte. Era, quindi, vietato sia per ragioni simboliche che per motivi igienici seppellire i morti dentro le mura e per questo motivo le sepolture avvenivano sulle vie consolari.
Questa usanza consentiva, inoltre, di serbare memoria dei defunti grazie al ricordo dei vivi che transitavano su di esse. La Via Latina aveva una carreggiata più stretta delle altre consolari ma permetteva comunque, con i sui 4 metri di larghezza, di avere un doppio senso di circolazione. Ai lati si notano ancora i basoli di lava infissi verticalmente che indicavano i limiti della carreggiata oltre i quali iniziavano i marciapiedi in terra battuta.
Nell’anno Mille la Via Latina venne sostituita dall’Appia antica perché la strada non era più considerata molto sicura a causa delle scorribande dei Saraceni. Passeggiando lungo di essa è possibile vedere un passo carrabile dell’epoca: si tratta di uno slargo che serviva per parcheggiare un carro, alle spalle del quale sono stati rinvenuti un impluvium, un sistema di riscaldamento per l’acqua e condutture idriche, il chiaro segno che qui si poteva pernottare e sostare.
L’area delle Tombe di Via Latina fu scoperta da un certo Lorenzo Fortunati, professore appassionato di archeologia che tra il 1857 ed il 1858 ottenne da parte dello Stato Pontificio il permesso di scavare su quel terreno.
La legge del periodo prevedeva che, in caso di rinvenimento di beni archeologici e storici, un terzo degli oggetti rinvenuti venisse consegnato alla legittima proprietaria, la Chiesa, e così molti dei reperti ritrovati nei tre sepolcri, nei resti di una grande villa residenziale adiacente e nella basilica di Santo Stefano oggi sono conservati ai Musei Vaticani.
TOMBA BARBERINI
Tomba Barberini
La prima struttura che si incontra lungo l’antica Via Latina è la Tomba Barberini con la sua elegante costruzione in laterizi di colore rosso. È una tomba a tempietto risalente al tempo degli Antonini che era formata da tre parti: una camera ipogea, un pianoterra ed un piano sopraelevato con un grande apertura ad arco che oggi risulta murato.
Nel Medioevo, infatti, la tomba fu trasformata in fienile e se, da una parte, è vero che la sua primitiva funzione fu stravolta, dall’altra possiamo affermare che è proprio grazie a questa trasformazione che il sepolcro, rispetto agli altri due presenti nel parco, non è stato smontato. Edificato da un certo Q. Cornelius, di cui si conosce ben poco, sappiamo che al di sotto del pavimento si trovano due corridoi (non visitabili) che ospitano tombe ad inumazione disposte su quattro strati ed una serie di sepolture ad incinerazione collocate nei colombari.
I banchetti tenuti in onore dei defunti si svolgevano al piano superiore dove si intravedono, sul soffitto, ancora tracce di decorazioni con animali, scene mitologiche ed una Nike alata.
TOMBA DEI VALERI
Particolare della Tomba dei Valeri
Il secondo sepolcro che incontriamo lungo la via è la Tomba dei Valeri che, eccezion fatta per la colonna in marmo cipollino e la muratura della parte inferiore che sono originali, è stata oggetto durante l’Ottocento di una libera ricostruzione da parte dei restauratori ispiratisi al sepolcro Barberini.
Non sappiamo a chi sia appartenuto il sepolcro databile al 160/170 d.C.; la sua attuale denominazione deriva semplicemente dal rinvenimento nell’area archeologica di una fistula appartenente alla famiglia Valeri. All’interno lastre di marmo bianco dovevano ricoprire il pavimento che bene si accoppiavano agli stucchi e alle decorazioni che oggi risplendono sopra le nostre teste. I soggetti raffigurati sono ricorrenti e si ripetono nei medaglioni.
Troviamo Dioniso, il dio nato due volte, coppie danzanti di Menadi, le Nereidi che cavalcano creature fantastiche marine, grifoni, tritoni. Nel medaglione centrale è raffigurata una figura femminile velata che potrebbe essere l’immagine metaforica di Psiche, l’anima del defunto che viene condotta da un grifo nell’aldilà.
TOMBA DEI PANCRAZI
Particolare della Tomba dei Pancrazi
Ed eccoci arrivati all’ultimo sepolcro, la Tomba dei Pancrazi, che nasconde grandi sorprese a dispetto della modesta struttura esterna edificata pochi decenni fa per proteggere la camera sepolcrale. La sua costruzione venne realizzata probabilmente in tarda età flavia, forse sotto l’imperatore Domiziano ed è quindi collocabile tra l’81 ed il 96 d.C.; non si tratta di una tomba a tempietto ma di una struttura che probabilmente prevedeva due livelli. Si entra all’interno e si osserva il bellissimo pavimento con mosaico a carattere marino poi si scende e si trovano due ambienti riccamente decorati: un vestibolo e la camera sepolcrale vera e propria, un’autentica meraviglia di colori che vanno dal carminio, all’ocra, al blu che contiene il grande sarcofago con i corpi dei coniugi proprietari della tomba.
Il committente del sepolcro doveva essere un grande conoscitore dei testi omerici e della cultura greca. Al centro delle decorazioni, infatti, si trovano Nike e Dioniso con il tirso in mano mentre nelle lunette sono raccontate storie diverse della mitologia greca. C’è Priamo che si reca da Achille per ottenere indietro suo figlio Ettore, Ulisse con il Palladio, Dioniso, Atena, Diana e tante altre scene ma c’è soprattutto un riquadro della volta con un episodio che è un unicum per una tomba: la gara musicale tra Ercole e Pan che sta suonando il flauto doppio. Toccante è anche l’episodio di Alcesti che ricorre spesso nei sepolcri, come esempio di devozione coniugale.
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