Totò donnaiolo, parte seconda. Dopo aver parlato del rapporto del Principe della Risata con la madre e con Liliana Castagnola, il suo primo amore, proseguiamo il racconto del rapporto di Antonio De Curtis con le donne: dal matrimonio con Diana Bandini Rogliani all’incontro con l’ultima donna della sua vita, Franca Faldini, passando per il rapporto filiale con Liliana e quello professionale con l’attrice romana Anna Magnani

TOTÒ DONNAIOLO: LA RELAZIONE CON DIANA BANDINI ROGLIANI

Totò donnaiolo: con Diana Bandini Rogliani

Totò e Diana Bandini Rogliani

Dopo il drammatico epilogo della storia d’amore con Liliana Castagnola, le successive relazioni di Totò non saranno certamente così drammatiche ma neanche del tutto normali, come nel caso della storia fra Totò e Diana Bandini Rogliani. I due si conoscono a Firenze, al teatro “Follie estive”, nell’estate del 1931. Diana, giovanissima, non ha ancora sedici anni è la cognata di un attore di prosa. Totò la vede dalle quinte del palcoscenico, e rimane letteralmente rapito da quella bellezza acerba ma magnetica. Dal giorno dopo inizia a corteggiarla a suo modo. Fiori, biglietti, cioccolatini. Diana è ammirata dalle attenzioni di quell’uomo che non sarà bellissimo ma che possiede “due stupendi occhi vivaci e malinconici”, che, invece, infastidiscono e non poco la famiglia di lei. Totò non è certo l’uomo che si augurano per la loro figlia. E’ molto più grande, ha compiuto già trentatré anni ed è soprattutto un attore comico, insomma non proprio un bel partito, oltretutto accompagnato da una poco raccomandabile fama di gran seduttore. Ma Totò è convintissimo, per questo, appena lei torna a Napoli, era a Firenze temporaneamente ospite della sorella, va dal padre di Diana per chiederla in sposa ma la risposta di questi, un generale dell’esercito, è netta: “Totò, ma vi rendete conto? Voi siete un comico. La mia famiglia, invece… Io ho un fratello monsignore.”

Il comico napoletano, tuttavia, non si rassegna e tantomeno Diana che venuta a sapere del parere negativo del padre, inizia una serie di forme di protesta con il solo obiettivo di sposare Totò, come lo sciopero della fame o, addirittura, una vera e propria fuitina, con tanto di denuncia sporta dai genitori, poi archiviata, nei confronti di Totò vista la minore età della figlia. Ma alla fine le azioni messe in atto da Diana hanno successo e nella primavera del 1932 i due si sposano. Il rapporto, però, nonostante la nascita della figlia Liliana nel 1933, la scelta del nome è chiaramente in ricordo della Castagnola, inizia ben presto a peggiorare. Totò, ora che è ufficialmente sposato, teme come non mai di essere tradito, per lui quell’eventualità è una sorta di vero e proprio incubo: “Le corna dell’amante” – ripeteva spesso con un’ironia solo apparente – “si svitano, quella della moglie no”. Le ripetute liti, quasi tutte dettate dall’ossessione che Diana lo tradisca, lo convincono, nonostante la ami moltissimo, a chiedere il divorzio sancito dalla corte d’appello di Bruenn, in Ungheria, il 23 novembre 1939 e poi, confermato dall’omologa corte di Perugia il 27 dicembre dello stesso anno.

L’avvenuta e ufficiale fine del rapporto contrastato con Diana deprime e non poco Totò che di quel passo non era stato mai completamente convinto, ma che lo aveva fatto solo nella remota ipotesi di soffrire meno. A Diana, nonostante tutto il suo più grande amore, Totò dedicherà, non a caso, la struggente e bellissima Malafemmena (in napoletano tale epiteto indica una donna che fa soffrire, non una di malaffare come si potrebbe facilmente supporre), nonostante la vulgata classica, dovuta anche a una certa stampa rosa, vuole che Totò l’abbia scritta per l’attrice Silvana Pampanini. Niente di più falso, il grande attore napoletano la scrive di getto nel 1951 a Formia durante le riprese di Totò terzo uomo, dopo che Diana aveva annunciato a Totò la decisione di chiudere definitivamente il rapporto – i due, infatti, pur divorziati, continuavano a vivere insieme – e di sposarsi con l’avvocato Tufaroli, uno stimato professionista che aveva da un certo tempo iniziato a corteggiare Diana, sapendola, di fatto, libera.

Anche in quell’occasione la gelosia distrugge Totò, come era accaduto anni addietro quando, addirittura, quell’insano sentimento gli aveva provocato danni irreparabili. Nel 1940, infatti, a causa del peggioramento di un atavico problema all’occhio sinistro, probabilmente dettato dagli effetti prolungati di un forte pugno preso in gioventù, rischia seriamente il distacco della retina. Per questo viene ricoverato in una clinica romana e operato d’urgenza dal professor Speciale Piccichè, che rassicura Totò sull’esito dell’intervento, obbligandolo, però, a rimanere per qualche giorno con gli occhi entrambi bendati, pena il rischio di compromettere quanto di buono ha fatto in sala operatoria.

Totò in quei giorni di forzata convalescenza a letto è accudito da Diana, che non lo lascia un attimo, standogli accanto giorno e notte. Ma Totò è nervoso per quel suo stato di immobilità ma ancor di più dal timore che quella sua situazione possa favorire un eventuale tradimento di Diana. E un giorno quella sua irrazionale preoccupazione sfocia in vero e proprio delirio. Vedendolo assopito, Diana lascia momentaneamente la stanza per l’attiguo bagno; Totò, però, si sveglia e sentendo dei rumori e temendo che possano essere la prova del tradimento, si strappa la benda dagli occhi. In bagno, oltre a Diana, non c’è nessun’alto, ma ormai quell’insensato gesto ha determinato un effetto drammatico: la funzionalità dell’occhio sinistro è, ormai, dopo quella sciocchezza, definitivamente compromessa.
Molti anni dopo i due si rivedranno di nuovo e sarà pochi giorni prima della morte di Totò. Testimone di quell’ultimo incontro è la figlia Liliana che verificherà quanta dolcezza, nonostante il tempo trascorso e vite ormai separate, leghi ancora Totò e Diana, un amore contrastato ma assolutamente vero.

TOTÒ E LA FIGLIA LILIANA

Totò con Lea Padovani nel film Una di quelle (1953)

Totò con Lea Padovani nel film Una di quelle (1953)

Un’altra donna fondamentale nella vita di Totò è la figlia Liliana, il nome fu scelto dal principe De Curtis in memoria di quel drammatico amore di qualche anno prima. Totò, da buon meridionale, avrebbe voluto un maschio, tanto che quando viene a conoscenza che Diana, invece, il 10 maggio 1933 ha partorito una bambina, non nasconde la sua delusione: “con tante femmine che ci stanno al mondo, ne doveva nascere un’altra e proprio a casa mia”. Alla delusione per il mancato maschietto si unisce sulle prime anche la considerazione di Totò sull’aspetto della figlia. Dopo averla vista, infatti, esclama a tutti che è decisamente brutta, giudizio che, tuttavia, cambia non appena la moglie Diana non gli dice che è uguale a lui.

Ma ben presto quelle iniziali perplessità svaniscono e Liliana diviene la figlia adorata. Totò di quella bambina si innamora davvero, tanto che, seppur con evidenti difficoltà, la vuole sempre accanto a sé negli infiniti tour teatrali. Tuttavia, anche con Liliana il rapporto non è decisamente semplice. Totò della figlia è gelosissimo, se possibile anche più di sua moglie. Non le piace che frequenti i ragazzi e la prima volta che la vede indossare un costume a due pezzi per poco non sviene per la rabbia. Non accetta che Liliana possa crescere, che possa innamorarsi, che possa separarsi da lui e quando Liliana gli comunica la relazione con Gianni Buffardi, figliastro del regista Carlo Ludovico Bragaglia e produttore di alcuni film di Totò, fra cui il fortunatissimo Totò, Peppino e la dolce vita, il comico napoletano rimane letteralmente sconvolto. A Totò quell’uomo non piace, non lo convince per nulla, teme, come purtroppo sarà, che il produttore la farà soffrire.

Ma Liliana ha la stessa testa dura del padre ma anche la determinazione della madre, per questo, nonostante la disapprovazione del padre, sposa Buffardi ma la relazione, nonostante la nascita di due figli, non va come dovrebbe e i timori di Totò si dimostrano ben presto del tutto fondati. Tuttavia, quando Liliana annuncia al padre la decisione di separarsi, lui è del tutto contrario. Non gli piace che la sua unica figlia possa essere agli occhi della società una donna separata; lui, d’altra parte, è un convinto tradizionalista ma anche un padre premuroso, per cui, alla fine, seppur poco convinto, accetta la decisione della figlia e i due si ritrovano di nuovo, riscrivendo un rapporto basato su un amore infinito che neanche la morte di Totò sarà interrotto.

TOTÒ E ANNA MAGNANI

Totò e Anna Magnani

Totò e Anna Magnani

Le donne continuano sempre ad avere un ruolo importante nella vita di Totò sia in privato che sul lavoro. Indimenticabile è il contrastato rapporto professionale con Anna Magnani, una donna dall’immenso fascino per la quale, il grande comico, non nutre mai vera attrazione, pur riconoscendone le immense doti attoriali. Nannarella “è un ciclone di donna da cui è meglio mantenere le distanze” dirà una volta. I due si conoscono sul finire del 1940, in occasione della rivista Quando meno te l’aspetti, uno spettacolo messo in scena da Michele Galdieri al Teatro Quattro Fontane a Roma, in cui fa per la prima volta la comparsa, accanto a Totò, un giovane attore, Mario Castellani, il futuro mitico onorevole Trombetta, che da quel momento in poi sarà l’indimenticabile spalla di Totò sia in teatro che al cinema.

La prima donna di quella rivista è, per l’appunto Anna Magnani. Nonostante il successo straordinario della rivista, viene rappresentata in tutta Italia fino al giugno del 1941, i rapporti fra Totò e la Magnani appaiono subito complessi e la gestione di due geni del palcoscenico è francamente difficile, in certi momenti impossibile. I due, nonostante i dissidi, proseguono a collaborare, sapientemente diretti da Galdieri in riviste di successo quali Volumineide, Orlando Curioso, e, infine, nel 1944, in Che ti sei messo in testa. Nonostante vadano in scena negli anni della guerra, il successo è strepitoso, i teatri fanno sempre il tutto esaurito e gli spettatori ridono come non mai, entusiasmandosi per quella perfetta coppia artistica, solo sul palcoscenico, però, perché dietro le quinte gli insulti che si “dedicano” i due non si contano. Il sodalizio, alla fine delle rappresentazioni di Che ti sei messo in testa, si rompe definitivamente, almeno a teatro perché, anni dopo, su un set cinematografico, i due si rincontreranno.

È il 1960 la Titanus affida a Mario Monicelli la regia di un film tratto da due racconti di Alberto Moravia e grazie anche alla sceneggiatura di Susi Cecchi D’Amico nasce Risate di gioia, in cui recitano uno accanto all’altro Totò, nella parte del vecchio Umberto, e Anna Magnani, in quella della svampita Tortorella. Il film è un grande successo ma per la produzione portarlo a termine è una vera e propria impresa. Fin dal primo ciak, infatti, gli atavici scontri, che avevano caratterizzato le precedenti esperienze teatrali, riaffiorano magicamente, come se gli anni non fossero mai trascorsi. Sarà l’ultima volta che i due, purtroppo, lavoreranno insieme, le loro strade, infatti, anche se non soprattutto per due caratteri difficilmente compatibili, si divideranno inevitabilmente, lasciando il ricordo di un immenso legame professionale “che si dipanò sul filo dell’assoluta parità, pur tra inevitabili screzi” come lo descrisse, anni dopo, la figlia Liliana in occasione di un suo libro sul padre.

L’ULTIMO AMORE DI TOTÒ: FRANCA FALDINI

Il principe della risata e Franca Faldini

Totò e Franca Faldini

Franca Faldini è l’ultima donna della vita di Totò, quella che gli rimane accanto fino all’ultimo anelito di vita. I due si incontrano per la prima volta nel 1952 in un noto ristorante romano. Franca, giovane e bellissima attrice, legata da un contratto di esclusiva con la Paramount, ha ventidue anni, praticamente coetanea di Liliana mentre Totò ne ha cinquantacinque. Come spesso gli accade la passione lo travolge, portandolo ad iniziare un corteggiamento delicato ma al tempo stesso ostinato. La Faldini sembra non cedere ma Totò non demorde e alla fine il suo incredibile fascino ha la meglio.

Franca, come Liliana, come Diana amò totalmente Totò, accettando per lui e per quella insopprimibile gelosia, anche di rinunciare a una carriera che avrebbe potuto essere più che soddisfacente, regalando a Totò l’emozione fugace e drammatica di un figlio maschio – Massenzio, infatti, muore poco dopo la nascita – e principalmente quindici anni di serenità che colmarono, almeno in parte, quell’immane vuoto che Diana prima e Liliana, dopo, avevano lasciato nella vita dell’attore napoletano. Franca, infine, sommessamente, modestamente, comprese, prima di celebri registi o apprezzati critici cinematografici, la grandezza irripetibile di Totò: “il mio compagno”, dirà anni dopo la morte del Principe della risata, “ebbe la disgrazia di nascere nel nostro paese, splendida terra di sole che è però un po’ lenta nel comprendere l’ingegno dei suoi figli”.

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