Tre uomini, il giornalista Paolo Rumiz, il vignettista Francesco Altan e il professore Emilio Rigatti. Tre biciclette, una Haro Extreme color rosa confetto del 1990, decisamente la più vecchia, una Specialized biammortizzata grigio militare del 1993 e, infine, la più nuova e tecnologica, una Turner Burner XC, per gli amanti della materia una sorta di Ferrari su due ruote. Una sola meta finale: Istanbul, ma partendo da Trieste e principalmente pedalando soltanto.
È questa l’essenza di Tre uomini in bicicletta (Feltrinelli), un piccolo libro che si sposa perfettamente con il principio ispiratore di Passaggi Lenti, perché la lentezza, i paesaggi, gli incontri, sono il succo di questo libricino divertente, divagante ma anche straordinariamente stimolante.
TRE UOMINI IN BICICLETTA
Tre uomini in bicicletta – il titolo è un evidente richiamo all’umoristico Tre uomini in barca di Jerome K. Jerome pubblicato a puntate su una rivista inglese nel 1889 con un successo strepitoso – è un reportage, precedentemente uscito a puntate sulla “La Repubblica”, ma al tempo stesso un diario di viaggio di tre uomini, non più giovanissimi, che decidono di compiere qualcosa che a molti, forse anche a loro stessi, appariva una vera e propria impresa, una pazzia, un modo decisamente originale per portare “a spasso il bambino che è in me”, come rispose Altan alla moglie che gli chiedeva, non senza preoccupazione, dove avesse intenzione di andare.
Trieste, confine con la Slovenia, ore 16, luglio 2001, inizia il viaggio di questi tre “uomini” che vogliono vivere semplicemente un’avventura. Da Trieste, per l’appunto, città “corsara dove vai a bere allegramente anche dopo un funerale”, a Vukovar in Croazia che “è annunciata da un cielo pieno di rondini” che sostituirono dopo la guerra gli enormi corvi della Pannonia, richiamate dai tanti buchi fatti dai kalashnikov, “una rondine per ogni bossolo, che rivincita della vita.”
Da Novi Sad, in Serbia, con la splendida fortezza asburgica di Petrovaradin a Sofia, in Bulgaria, fino, ovviamente a Istanbul, “un regno che ti cattura”, la meta agognata con i suoi tanti minareti che si confondono fra le luci di una città che vuole, nonostante tutto, apparire occidentale, europea, moderna nella sua infinita tradizione.
UN VIAGGIO IN DICIOTTO TAPPE
Diciotto tappe, oltre duemila chilometri, un mese di viaggio fra esperienze irripetibili, pedalando attraverso sei stati, decine tra città, paesi e luoghi sconosciuti, incontrando genti diverse, incuriosite e preoccupate, in un climax di emozioni, prove non sempre semplici ed esperienze di volta in volta sempre nuove in un’alternanza fra resoconto cronachistico e descrizioni surreali, “la Croazia ha una forma demenziale. È come due dita aperte a V, solo che tra quelle due dita non c’è nessuna mano”, divertentissime vignette e il costante stupore, espresso ogni volta in una lingua diversa, di coloro che vedono tre “pazzi” in bici diretti ad Istanbul.
Tre uomini in bicicletta. Una bibbia per i viaggiatori in bici, utilissime le indicazioni tecniche che precedono ogni tappa; una follia in prosa per tutti quelli che vedono nella bicicletta uno strumento antiquato, da tenere in una polverosa cantina; un libro, infine, per i più semplicemente per sognare di fare, anche solo con il pensiero, un viaggio assolutamente pazzesco.
Potrebbe interessarti:
Leggi anche: In bici fino a Santiago. Racconto di un viaggio singolare