C‘è stato un tempo, prima delle tv satellitari e digitali, in cui le partite si “vedevano” alla radio. No, non ho sbagliato verbo, vedere è proprio quello giusto. Nell’Italia del secolo scorso, grazie a una trasmissione radiofonica epica quale Tutto il calcio minuto per minuto, le partite di calcio si ascoltavano alla radio, grazie alla magia di voci rimaste nella storia del più amato e romantico dei mezzi di comunicazione.

TUTTO IL CALCIO MINUTO PER MINUTO: SIGLA!

L’idea di portare il calcio in radio fu di Guglielmo Moretti, all’epoca capo della redazione sportiva della Rai, Roberto Bortoluzzi e Sergio Zavoli.

Correva l’anno 1959, l’Italia, con un passato di macerie definitamente alle spalle, guardava con ottimismo al futuro, rinfrancata da quel boom economico che prometteva benessere, speranze, sogni. Nelle case degli italiani, nonostante l’affacciarsi del televisore, la regina incontrastata era sempre lei, la radio e a quel mezzo di comunicazione e alle sue enormi potenzialità pensarono Moretti, Bortoluzzi e Zavoli.

Prendendo spunto dalla trasmissione radiofonica francese Sports et Musique, nella quale si raccontavano in diretta le partite di rugby, i tre idearono un programma simile che, però, invece del rugby, avrebbe raccontato la grande passione degli italiani: il calcio.

L’idea piacque ai vertici RAI che decisero di partire subito con la sperimentazione anche perché l’anno che stava per arrivare, il fatidico 1960, sarebbe stato quello delle XVII Olimpiade, le prime a tenersi in Italia, le Olimpiadi di Roma.

Il 10 gennaio 1960 nasceva quella che divenne la trasmissione radiofonica più amata dagli italiani, la colonna sonora della domenica di milioni di tifosi.

Nicolò Carosio, radiocronista di Tutto il calcio minuto per minuto

Nicolò Carosio, radiocronista di Tutto il calcio minuto per minuto

I primi narratori del romanzo calcistico furono da Milano, per Milan-Juventus, il mitico Nicolò Carosio, la voce del calcio, l’inventore del “quasi goal”; da Bologna, per Bologna-Napoli, un giovanissimo Enrico Ameri, che ben presto diventerà la prima voce di Tutto il calcio minuto per minuto, e, infine, Andrea Boscione, radiocronista di Alessandria-Padova.

Ad aprire le danze, dagli studi milanesi della Rai in Corso Sempione 27, fu un’altra voce storica di Tutto il calcio minuto per minuto, Roberto Bortoluzzi che per 27 anni, fino al 1987, dopo aver salutato con il consueto e rassicurante «gentili ascoltatori buon pomeriggio», sillabava l’ordine dei campi collegati, con i relativi radiocronisti, passando, poi, ai risultati dei primi tempi.

E sì, perché fino alla stagione 1987-1988, Tutto il calcio minuto per minuto raccontava solo i secondi tempi, quarantacinque minuti di attese e speranze, di paradiso e inferno, una grammatica di emozioni scandita dalle voci dei radiocronisti.

LE MITICHE VOCI DELLA TRASMISSIONE

Innanzitutto, Enrico Ameri, erede designato di Carosio, con il suo eloquio fluido, l’impareggiabile capacità di raccontare a velocità siderale una partita, senza far perdere nemmeno una parola a chi ascoltava.

Fu Ameri a inventare l’interruzione per annunciare il goal, geniale intuizione che divenne il marchio di fabbrica della trasmissione.

Il 31 dicembre 1961 Ameri ruppe quell’ingessata liturgia di Tutto il calcio minuto per minuto, che prevedeva che un radiocronista, nel corso dei minuti della sua cronaca non potesse essere assolutamente interrotto.

Ma per Ameri il rispetto di quell’ortodossia era impensabile a fronte dell’emozione unica di un goal da raccontare in diretta e allora, senza timore, interruppe un collega con un semplice:

«Scusa è Ameri, la Roma è passata in vantaggio a Milano al trentacinquesimo minuto del secondo tempo. Ha segnato Pedro Manfredini».

Quella che, sulle prime, fu giudicata da alcuni come una mancanza di rispetto, ben presto divenne la punteggiatura della trasmissione, la percezione di un’emozione.

Il “rivale” storico di Ameri fu Sandro Ciotti e quell’antagonismo fra i due, chissà quanto costruito ad arte, nell’Italia che era stata divisa fra Guelfi e Ghibellini, fra Coppi e Bartali, fra Sofia Loren e Gina Lollobrigida, piacque e tanto.

Ciotti partiva svantaggiato rispetto ad Ameri e ad altri suoi colleghi. La sua voce era eccessivamente roca, quasi inascoltabile, un handicap per chiunque pensasse di fare radio, ma non per il grande Sandro.

Quell’iniziale difetto fu ben presto trasformato in un valore aggiunto, nella sua cifra stilistica, come le epiche serie di circonlocuzioni, figlie di una cultura amplissima, con le quali “disegnava” le sue personalissime radiocronache.

Impossibile dimenticare la sua «ventilazione inapprezzabile», «gli spalti gremiti al limite della capienza», o il romantico «a Firenze il cielo è striato d’azzurro come da contratto».

Frasi leggendarie che, come la criptica «siamo giunti al minuto che intercorre tra il 16° e il 18°», erano tratte da un dotto campionario descrittivo, capace di trasformare le radiocronache di Ciotti in una forma letteraria.

LA SCHEDINA DEL TOTOCALCIO

Schedina del Totocalcio

Schedina del Totocalcio

Il 10 gennaio 1960 non iniziò solo una trasmissione, cominciò un’era.

A partire da quella data Tutto il calcio minuto per minuto divenne un appuntamento irrinunciabile per milioni di italiani, il naturale completamento del pranzo domenicale. Sì perché in quell’Italia, fatta di lasagne da sfornare, pastarelle, tra cui l’immancabile diplomatico e caffè fumante, le partite di calcio si giocavano tutte insieme e rigorosamente la domenica pomeriggio.

Quella trasmissione radiofonica per decenni, prima dell’orgia dei diritti televisivi con il proliferare del calcio in Tv a tutte le ore di ogni giorno della settimana, ritmò la domenica italiana.

La radio, nelle sue più tecnologiche declinazioni, fu per decenni l’unico mezzo a raccontare il romanzo del pallone e lo fece in modo straordinario.

Chi ascoltava Tutto il calcio minuto per minuto non solo tifava le varie Juventus, Inter, Milan, Napoli, Roma o altre squadre, ma intimamente sperava, stringendo fra le mani la mitica schedina del Totocalcio.

Quel piccolo pezzo di carta, dove erano riportati tredici ipotesi di risultati, relative ad altrettante partite di squadre di serie A, alcune di B e un paio di serie C, rappresentava il confine fra sogno e realtà.

Fare tredici, un termine che entrò nella nostra lingua italiana come sinonimo di svolta, equivaleva a indovinare tutti i risultati delle partite, diventando, in tal modo, milionari e persino miliardari.

Quel lembo di cellulosa, rigorosamente compilato a mano, sui cui erano riportati le oniriche cifre 1,X,2, era l’appiglio a una speranza, la porta d’ingresso a un sogno.

La domenica “pallonara” era cadenzata da una infrangibile ritualità, da gesti dal forte potere apotropaico, che l’ascoltatore di Tutto il calcio minuto per minuto metteva in opera, “sempre uguali, sempre quelli”.

QUANDO LE PARTITE SI “VEDEVANO”ALLA RADIO

Innanzitutto la conquista dello spazio fisico. Poco importava che fosse il divano, la poltrona, una sedia, la sdraio in balcone o, magari, la panchina di un parco. La cosa importante è che si fosse in possesso della radio, da sintonizzare sul canale RAI.

La manopola della radio, nei secondi che precedeva l’inizio della trasmissione, correva veloce, strozzando parole e musiche irradiate da altre stazioni velocemente sfiorate, per poi finalmente arrestarsi quando si udiva la leggendaria sigla, la Taste of honey di Herp Alpert & The Tijuana Brass.

La sigla di Tutto il calcio minuto per minuto, introdotta a partire dal 1983, era l’anticamera di quella giostra dei sogni. Poi, dopo il mitico spot pubblicitario della Stock di Trieste, ecco arrivare la voce di Roberto Bortoluzzi che, da perfetto anfitrione, dava inizio al dipanarsi di una suggestione, presentando i vari radiocronisti inviati dai vari campi.

Enrico Ameri, Sandro Ciotti, Claudio Ferretti, Enzo Foglianese, Alfredo Provenzali, Enrico Luzzi e tanti altri che raccontavano un romanzo fatto di formazioni da sciorinare, terne arbitrali da ricordare, azioni da descrivere e, poi, naturalmente, goal da annunciare.

L’annuncio della rete era, senza tema di smentita, il momento clou, quello più emozionante di tutta la trasmissione, specie se preceduto dai proverbiali “scusa Ameri”, “scusa Ciotti”, “scusa Ferretti”, “scusa Provenzali”.

L’irrompere garbato del radiocronista determinava la paralisi sensitiva dell’ascoltatore che durava fino all’annuncio del nome del calciatore che aveva segnato. Nei pochi istanti che precedevano i dettagli sulla rete, l’ascoltatore sognava, sperando che a segnare fosse stata la sua squadra del cuore.

Si rimaneva per pochi istanti sospesi in un limbo sconosciuto ma magico, in trepidante attesa, in equilibrio sul filo di un risultato che era cambiato ma di cui si disconosceva ancora tutto.

Ora è tutto cambiato, il calcio non si “vede” più alla radio ma in Tv, sui tablet, sui cellulari. Oggi le telecronache abbondano di frasi inutili, di racconti ridondanti, di commenti esagerati che hanno lacerato la trama di un romanzo popolare, togliendo al calcio la poesia e al tifoso l’emozione di immaginare semplicemente sulle ali di una voce.

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