Situata a due passi dall’agonale piazza Navona, via dei Coronari, oggi conosciuta per i negozi d’artigianato e di pelletteria, secoli fa è stata uno degli assi stradali più importanti della Roma papalina. In origine si chiamava via Recta, un toponimo non certo originale, che sottolineava, però, la conformazione di un’arteria nodale dell’Urbe. La strada, un rettifilo di circa mezzo chilometro, collegava due punti strategici della città: via Lata, l’odierna via del Corso e Ponte Elio, l’attuale Ponte Sant’Angelo, l’unico approdo per arrivare alla basilica di San Pietro.

VIA DEI CORONARI TRA NEGOZI E ANTIQUARI

Via dei Coronari era un asse strategico, ogni giorno percorso da numerosissimi pellegrini diretti alla basilica petrina per pregare sulla tomba del primo papa. La costante presenza sulla via Recta dei pellegrini attirò fabbricanti e venditori di rosari, oggetto di preghiera indispensabile per chiunque volesse intraprendere quel religioso tragitto.

Proprio la presenza dei coronari (a Roma conosciuti anche come paternostrari), coloro che fabbricano le corone sacre, i rosari per l’appunto, determinò l’inevitabile mutamento del nome della strada.

Come ci ricorda nella sua visita guidata la storica Caterina Brazzi Castracane di Bell’Italia88, via Recta, già a partire dalla metà del Quattrocento, divenne naturalmente via dei Coronari, dove si trasferirono non solo artigiani, ma anche ricchi membri della curia pontifica, che, lasciate le abitazioni all’interno dell’ager vaticanus, andarono a vivere oltre Tevere, in una zona nuova, più efficiente ed apprezzata.

Casa di Fiammetta

Casa di Fiammetta

Intorno a via dei Coronari crescerà rapidamente un vero e proprio quartiere, un’insula di romana memoria, che non ospiterà solo botteghe artigiane ma anche i banchi (da qui il nome di strade ancora oggi esistenti come via dei Banchi Nuovi e via dei Banchi vecchi), veri e propri uffici finanziari, la cui attività prevalente era quella di prestare denaro.

Ma nel nuovo quartiere sbarcano anche le cortigiane, figure indispensabili nel variegato tessuto sociale della Roma rinascimentale. Fra queste anche la mitica Fiammetta, che va a vivere in un delizioso palazzetto, ancora oggi esistente, a due passai da via dei Coronari.

Fra le famiglie della nobiltà romana, che decidono di dimorare a pochi passi da via dei Coronari, c’è anche quella dei Sanguigni, il cui nuovo palazzo ingloberà al suo interno una delle tante torri medievali presenti a Roma che, fatalmente, assumerà il nome di Tor Sanguigna.

PALAZZO MILESI E VIA DELLA MASCHERA D’ORO 

Un’altra via adiacente a via dei Coronari che merita una menzione è via della Maschera d’Oro. Qui, ancora oggi, è possibile ammirare un elegante e originale edificio: Palazzo Milesi. La particolarità di questo palazzo, dal nome della famiglia di origine dalmata che vi si stabilì intorno al 1480, è legata alla facciata, insolitamente affrescata. Le decorazioni, oggi purtroppo molto deteriorate e raffiguranti perlopiù scene mitologiche, furono eseguite da Polidoro da Caravaggio e Maturino da Firenze. Nel 1576, al centro della facciata, Cherubino Alberti dipinse una maschera d’oro, da cui deriva l’attuale nome della via.

Alle spalle di via della Maschera d’oro si apre piazza Lancillotti, dal nome della famiglia che vi abitò per diverso tempo. Oggi il signorile palazzo non trasmette più l’importanza di quella casata che, invece, fu potente e temuta. Nella piazza si trova anche la chiesa di San Simeone, un tempo rilevante centro religioso, oggi, purtroppo, dopo essere stata sconsacrata, caduta decisamente in rovina.

VIA TOR DI NONA E L’ASINO CHE VOLA

"L'asino che vola" a Via Tor di Nona

“L’asino che vola” a Via Tor di Nona

Lasciando piazza Lancillotti si raggiunge, attraverso via degli Amatriciani, via Tor di Nona il cui nome deriva dalla medievale Turris de Annona. La strada, che per molti secoli fu sinonimo di terrore per la presenza, fino al 1660, delle famigerate carceri pontificie, oggi è nota per un curioso murale su uno dei palazzi che affacciano verso il fiume. Si tratta del celebre Asino che vola. La storia di questo affresco, raffigurante un somaro dotato di due grandi ali azzurre, è legata a una pacifica protesta messa in atto nel 1976 dagli abitanti della zona contro il diffuso degrado. In quell’anno alcuni studenti di Architettura scelsero l’arte per richiamare l’attenzione su un luogo storico che in passato era stato anche la sede del più importante teatro cittadino, il Teatro Apollo dove, tra gli altri, si era esibito Giuseppe Verdi.

I ragazzi realizzarono sulle facciate di alcuni palazzi di Tor di Nona dei murales ispirati all’utopia. Fra i soggetti dipinti da questi writers ante litteram ci fu anche il nostro asino, l’unico superstite di quella colorata, fantasiosa e animata protesta. Nel 2013 il comune ha concesso, proprio davanti al palazzo dell’Asino che vola, degli spazi per la realizzazione di nuovi murales che ricordassero quelli dipinti nel 1976.

VIA DI PANICO E PALAZZO TAVERNA

Non lontano da via Tor di Nona ecco un’altra strada che, già dal suo nome, suscita curiosità. Si tratta di via di Panico, con l’accento rigorosamente sulla “i”. Il curioso toponimo, infatti, risalente al XV secolo, non ha nulla a che vedere con la temuta ansia. Per alcuni studiosi deriverebbe dal nome di una famiglia che aveva dei possedimenti in loco. Per altri, invece, sarebbe legato al tipico mangime per uccelli, il panico per l’appunto, all’epoca stoccato in uno dei tanti magazzini prospicienti il fiume. Prima della realizzazione dei muraglioni, infatti, questa zona, affacciata direttamente sul Tevere, era intimamente legata al suo fiume.

Il campanile dei Santi Celso e Giuliano e la facciata di Palazzo Milesi

Il campanile dei Santi Celso e Giuliano e la facciata di Palazzo Milesi

Il Tevere era delizia ma al tempo stesso croce per i numerosi abitanti della zona. Straordinaria via di comunicazione, specie di tipo commerciale, ma anche costante minaccia con le sue terribili e periodiche piene. Su via del Banco di Santo Spirito, accanto allo splendido archetto stellato di via dell’Arco dei Banchi, è ancora presente una targa che, in caratteri semigotici, ricorda la piena del 6 novembre 1277. Questa iscrizione, la più antica del suo genere, originariamente era affissa sul lato opposto della via, accanto alla chiesa dei Santi Celso e Giuliano, e venne spostata dopo la ricostruzione dell’edificio religioso nel 1733.

Da via di Panico, spalle al Tevere, si procede verso Palazzo Taverna, posto su un’altura, Monte Giordano, che domina tutta l’area. Più che un palazzo, l’edificio, costruito a partire dal 1400 per volere di Giordano Orsini e riedificato dopo un tremendo incendio nel 1485, da cui deriva il nome del monte, ricorda nelle fattezze più un castello, con tipiche murature di richiamo militare, che una dimora rinascimentale.

Alla fine di questo viaggio per alcune pittoresche vie di Roma, mentre il crepuscolo rende tutto più magico contornando delicatamente i profili di chiese e palazzi, ancora una piccola storia, tipicamente romana, legata a una delle strade che si irradiano dalla centralissima via dei Coronari: vicolo Domizio, dal nome dell’antica gens domitia, che diede i natali anche all’imperatore Nerone. Per lungo tempo, questa viuzza, nota anche come vicolo della gatta o della rosa, da un elemento dello stemma degli Orsini, è stata anche chiamata vicolo del Micio, ma il domestico felino non c’entra nulla.

Il toponimo, infatti, è un tipico caso di corruzione linguistica, evento non certo raro a Roma, si pensi solo alla già raccontata vicenda della chiesa di Santa Passera e alla storia curiosa del nome. In sostanza dall’originale domitius si passò prima a domicius, e poi, al più vernacolare domicio. Inevitabile, poi, che si arrivasse al solo micio, da sempre signore incontrastato dell’urbe capitolina.

COME ARRIVARE A VIA DEI CORONARI

Un infinito grazie alla dottoressa Caterina Brazzi Castracane e all’Associazione Bell’Italia 88 per averci accompagnato in una passeggiata davvero indimenticabile.

 

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