Un concerto di clacson nelle ore di punta, un groviglio di automobili che ospitano impazienti e frenetici avventori che, per un motivo o per l’altro, sono prigionieri del traffico che impazza nella Capitale in alcuni momenti della giornata: questa è una delle immagini che ci vengono in mente, oggi, quando evochiamo la via Prenestina. Un’arteria stradale che, per affluenza di veicoli e persone, non è mai passata di moda sin dall’epoca romana. Una circolazione viscosa sia dentro il Grande Raccordo Anulare – quando, allontanandosi dalla Roma intra moenia, si attraversano o lambiscono i quartieri della Roma popolare – sia all’esterno del “Sacro” GRA, quando una borgata dopo l’altra, Roma finisce e inizia il suo hinterland.
COSA VEDERE LUNGO LA VIA PRENESTINA
Eppure la via Prenestina, sebbene all’apparenza meno attraente e meno valorizzata di altre strade di epoca romana, nasconde un fascino che, per essere colto, quasi in antitesi alla sua caotica quotidianità, richiede un rallentamento dei sensi, una visione quasi mistica e immaginifica, un trasporto metafisico. Solo così si potranno legare insieme le molteplici ed eterogenee suggestioni che attraversano e permeano il percorso di una via dai mille volti e chiavi di lettura. Un osmotico legame tra miseria e nobiltà che è sintesi, forse, di una città intera.
Nell’articolo che segue percorreremo il tratto originario della via Prenestina, ovvero i trentacinque chilometri circa che collegano Roma alla città di Praeneste, oggi Palestrina. Un itinerario denso di evidenze archeologiche, siti più o meno noti, unicità architettoniche e paesaggistiche, riferimenti storici, urbanistici, socioculturali e anche cinematografici.
Con un’avvertenza però, doverosa nei confronti del lettore: non tutti i siti descritti sono di facile accessibilità, talvolta poiché ricadono all’interno di proprietà private, più spesso per lo stato d’abbandono e degrado in cui versano. Si consiglia pertanto, prima di avventurarsi, di contattare le associazioni volontarie sul territorio che in molti casi organizzano visite guidate e sono foriere di preziosi consigli: si segnalano l’Associazione Sentiero Verde per l’area Tor Tre Teste e il Comitato Francigena Prenestina attivo nella zona di Ponte di Nona.
Il tratto è stato inserito tra gli itinerari culturali della via Francigena del Sud, pertanto può essere di grande aiuto prestare attenzione alla segnaletica anche se per alcuni sentieri l’accessibilità resta un’incognita.
DA PORTA MAGGIORE AL GRANDE RACCORDO ANULARE
La via Praenestina era in uso ai Romani sin dall’epoca arcaica. Il percorso urbano dell’antica via consolare, condivideva il primissimo tratto con la via Labicana: entrambe le strade partivano dalla Porta Esquilina della Cinta Serviana (oggi conosciuta come Arco di Gallieno nei pressi di piazza Vittorio Emanuele II), per poi dividersi all’altezza di un bivio, proprio dove oggi sorge la Porta Maggiore. Un sito cruciale che oltre ad essere lo snodo di due vie consolari, era caratterizzato anche dalla confluenza di otto degli undici acquedotti che servivano l’Urbe, probabilmente perché era il punto più alto nella cinta muraria.
Porta Maggiore e il sepolcro di Eurisace: la tomba di un fornaio nel cuore di Roma
È proprio immediatamente fuori da Porta Maggiore che si si trova uno dei monumenti funerari più singolari e curiosi di Roma: il sepolcro di Eurisace, ovvero la tomba di un fornaio e di sua moglie, risalente al I sec. a.C., che riproduce in travertino un forno per l’epoca tecnologicamente avanzato ed esalta il lavoro del panettiere.
La via Prenestina prosegue poi costeggiando il quartiere Pigneto, definendone il confine settentrionale. Se ci infilassimo in una delle stradine che dalla nostra destra affluiscono sulla Prenestina, con i loro inconfondibili nomi dedicati a condottieri e capitani di ventura (Fortebraccio da Montone, Fanfulla da Lodi, Brancaleone etc.), ci perderemmo tra le contemporanee suggestioni della Città giovane e multietnica, fucina di movida e arte di strada, con la sensazione di carpire le atmosfere superstiti della Roma pasoliniana. Sono i luoghi di Accattone e del Bar Necci, che Pier Paolo Pasolini frequentava assiduamente.
Come tutte le strade romane, anche la via Prenestina ospitava tombe importanti sul percorso, che esaltavano l’importanza del defunto facendo mostra del suo sepolcro. Una funzione molto simile a quella che oggi hanno i grandi pannelli pubblicitari.
Dopo la tomba del fornaio a Porta Maggiore, la prima che troviamo a circa un chilometro, è il Torrione Prenestino, a sinistra rispetto alla nostra direzione di marcia, il cui committente non è però noto.
Percorriamo ancora un chilometro e all’incrocio con via di Portonaccio si sviluppa il Parco delle Energie, uno spazio verde e creativo recuperato grazie alla mobilitazione popolare, che si sviluppa nella vasta area in cui insisteva il complesso industriale dell’ex SNIA Viscosa. Oggi il Parco comprende un laghetto alimentato da acque sorgive emerse accidentalmente negli anni novanta durante dei lavori di sbancamento.
Grazie ai volontari e all’impegno di molti artisti e attivisti, ora il Parco delle Energie rappresenta un’oasi di discrete dimensioni nel cuore della Città, annoverando una notevole biodiversità floristica e faunistica.
Superato il quartiere Pigneto, si incontra il Parco archeologico di Villa Gordiani, leggermente in collina. Nell’area sono presenti i resti della grandiosa villa della famiglia dei Gordiani e del Mausoleo di Tor de’ Schiavi ed in quel tratto la via è fiancheggiata da diversi sepolcri.
Mausoleo di Tor de’ Schiavi e un tratto di basolato all’altezza della “Bretella”
Oggi le vestigia delle imponenti strutture romane, fanno da scenario ad un’area verde che convoglia podisti, nonni, passeggini e giovani amanti, confluiti dai popolosi quartieri circostanti del Prenestino, Collatino e Centocelle.
Da qui il Grande Raccordo Anulare, che tanto fa pensare ad una cinta muraria postmoderna, non è lontano. Nel tratto percorso, il camminatore difficilmente soffrirà la sete: l’abbondanza di “nasoni”, le tipiche fontanelle di Roma, è garanzia di acqua fresca e gratuita lungo il percorso.
Purtroppo è invece impossibile scorgere il tracciato arcaico della via, l’affascinante basolato che caratterizza la pavimentazione stradale romana. Per scorgere le tracce dell’antica Praenestina, bisogna pazientare ed attendere ancora per alcuni chilometri. In compenso però intercettiamo un’area urbana molto eclettica, che comprende il Quarticciolo, Tor Tre Teste e Torre Spaccata.
Il Quarticciolo, dall’urbanistica formale e razionalista, nasce al tramonto dell’epoca fascista come quartiere da destinare alla residenza popolare. Ma le vie della borgata diverranno qualche anno dopo tra le più temute dall’occupante tedesco, un “vespaio” di partigiani che da queste parti tanto contribuirono alla Resistenza romana (celebre la Banda del Gobbo).
Parco di Tor Tre Teste, sullo sfondo l’Acquedotto Alessandrino
Da qui è consigliabile allontanarsi leggermente dalla nuova Prenestina e muovere in direzione Tor Tre Teste, intercettando le arcate dell’Acquedotto Alessandrino, immerse in un parco ben curato.
Lo stupore però stavolta non arriva dall’antica Roma, bensì da un’opera ultra moderna che ruba la scena persino all’acquedotto. Un bianco accecante che si staglia tra i palazzi: è la Chiesa di Dio Padre Misericordioso, un capolavoro, seppur controverso, dell’architetto statunitense Richard Meier (lo stesso autore della teca dell’Ara Pacis). All’interno della Chiesa, sembra di fluttuare nei volume indefiniti, tra le grandi vetrate da cui penetrano raggi di sole e brandelli di cielo, assorbiti dal cemento bianco tanto caro all’autore: sembra si dissotterri l’ansia immotivata che si cela in ognuno.
La Chiesa di Dio Padre Misericordioso
Riprendendo la direzione per la via Prenestina, attraversiamo la Tenuta della Mistica, una vasta area agricola che ospita, tra l’altro, una realtà molto particolare, la casa famiglia dei Volontari del Capitano Ultimo: un struttura socio-educativa fondata dal celebre Capitano Ultimo, in cui, tramite il lavoro nell’azienda agricola, viene offerta un possibilità di recupero ai minori che hanno commesso reati o vivono situazioni di particolare disagio.
Si ritorna sulla Prenestina all’altezza del GRA e ci sia appresta a varcare questo confine contemporaneo e surrealista per immergersi nell’indefinito hinterland.
DAL GRA AL PONTE AMATO
L’incrocio sopraelevato in cui la Prenestina si innesta al GRA, è un incubo per gli automobilisti. Non solo il traffico sostenuto che circonda la Capitale rende viscoso il flusso di auto, ma anche l’uscita da Roma verso Palestrina è lenta, lentissima. Almeno negli orari di punta transitare è molto faticoso. A piedi però la sensazione è quasi opposta. Pare che il concerto dei clacson, le imprecazioni, il retrogusto dei tubi di scappamento, siano un’inezia che al camminatore pare non riguardare. Anche se si cammina ai margini della strada asfaltata, sono la minore densità abitativa, gli spazi verdi extraurbani, la rarefazione di pedoni a sostanziare la mutazione del paesaggio.
Sfilano così le prime borgate romane oltre il Raccordo, Colle Prenestino, Colle Monfortani, Prato Fiorito, Valle Martella (i toponimi danno l’idea dell’ondulata orografia della campagna romana).
Ponte di Nona
Se non fosse per un cartello quasi anonimo, neanche ci si accorgerebbe di attraversare il Ponte di Nona. Il ponte dà il nome a tutta l’area circostante, molto nota per i suoi complessi residenziali ed il grande Centro Commerciale Roma Est. Eppure le centinaia di automobilisti che ogni giorno percorrono la Prenestina in entrambi i sensi di marcia, ignorano di transitare, proprio al nono miglio della via, su un capolavoro dell’ingegneria romana la cui conservazione è quasi intatta.
Il Ponte di Nona, infatti, realizzato tra il I e il II secolo a.C., è un manufatto a sei arcate in pietra gabina (simile al tufo ma più scura e reperibile nelle vicinanze), con chiavi di volta in travertino. Tutta la struttura però è stata edificata su un ponte più antico. Un gioiello condannato alla solitudine dalla spietata urbanizzazione dell’agro romano e dai ritmi fagocitanti della vita metropolitana.
Ancora qualche passo dal ponte monumentale e all’incrocio tra la via Prenestina e via Ponte di Nona, è il mondo del cinema a regalarci una nuova suggestione. Un casolare come tanti se ne vedono nell’agro romano, forse risulterà familiare agli amanti della commedia anni cinquanta. Infatti è proprio la casa del mezzadro Mezzacapa del film “Totò, Peppino e la malafemmina”.
Per intercettare il tracciato originario dell’antica via Praenestina bisogna aspettare ancora per un paio di chilometri e mezzo, quando dall’Osteria dell’Osa, si imbocca uno sterrato in cui emergono più o meno timidamente tracce di basole che diventano sempre più fitte fino prendere piena forma di lastricato stradale nei pressi dell’area archeologica di Gabii.
È questa un’area di straordinario interesse archeologico. La città di Gabii, più antica di Roma, era un centro importantissimo, posto nei pressi di un lago vulcanico e, tra l’altro, ricco di una materia prima tufacea di cui i Romani fecero largo uso: la pietra gabina, appunto. Ma ad attestare le radici arcaiche della città, è di notevole interesse anche la necropoli dell’Osteria dell’Osa, risalente all’età del ferro.
Rientrati sulla nuova Prenestina, a Valle Martella, seguendo le indicazioni per la via Francigena, si percorre un sentiero che attraversa il ponte ferroviario dell’Alta Velocità e poi l’Autostrada del Sole. Proprio sotto quest’ultimo ponte, tra i pilastri, emerge un tratto di basolato stradale “restaurato” nell’ambito dei lavori di edificazione della “Bretella”.
Il sentiero prosegue costeggiando la Prenestina Nuova fino al Bar La Gara, in territorio di Gallicano nel Lazio. Da questo punto in poi l’antico tracciato romano è sorprendentemente completo e costante per lunghi tratti correndo parallelo alla via moderna.
Ponte Amato a Gallicano nel Lazio
Poi l’antico tracciato si perde tra le proprietà private e le stradine per palesarsi di nuovo, seguendo fedelmente le indicazioni per la Francigena, dopo l’incrocio che conduce a Gallicano nel Lazio; qui attraverso una “tagliata” il lastricato arriva fino al Ponte Amato. Proprio quest’ultimo Ponte, è un’altra “chicca” d’ingegneria edile romana anche se deve il nome ad Amato dei Conti di Segni, che nel Medioevo ne curò il restauro.
L’ultimo tratto è quello che giunge finalmente a Praeneste attraverso la via che oggi è chiamata Pedemontana ma che, in molti tratti è costeggiata dal lastricato antico, in particolare nelle ultime miglia del suo percorso. E come ogni strada romana, ha origine e termine con una porta: la Porta del Sole a Palestrina, che con il suo orientamento a Mezzogiorno, è posta alla soglia di una cittadina tutta da scoprire, dalla storia millenaria, con i suoi ricchi complessi archeologici (come il Santuario della Fortuna Primigenia), le chiese, i palazzi e le curiosità, tante e tali da richiedere una trattazione a parte.
Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi (Marcel Proust).
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