Villa Aldobrandini non è tra le ville storiche di Roma quella più famose, ben altre sono quelle celebri, ma quanto a panorama non è seconda a nessuna, con la sua terrazza spalancata sull’eterna bellezza della Capitale.

VILLA ALDOBRANDINI A ROMA, LE ORIGINI

Al civico 11 di via Mazzarino si trova l’unico ingresso di Villa Aldobrandini, storica villa romana con un affaccio sulla città da togliere il fiato.

Compresa fra via Nazionale e via Panisperna, celebre per la presenza della facoltà di Fisica dove, nei primi anni del secolo scorso studiano geni come Marconi o Ettore Majorana, Villa Aldobrandini sorge sui resti di epoca romana, in parte ancora visibili.

Salendo lo scalone che dal piano strada porta ai giardini, ecco profilarsi le porzioni di mura in laterizio, probabilmente risalenti alla fine del primo secolo d.C., mute testimonianze di una plurimillenaria presenza.

Scorci di Villa Aldobrandini a Roma

Scorci di Villa Aldobrandini a Roma

Per diversi secoli l’area rimane disabitata, permettendo alla natura di riprendersi il suo naturale spazio, celando in parte le impronte del passato. Ma nel XV secolo la zona, divenuta proprietà dei genovesi Luca e Giovanni Battista Grimaldi, cambia radicalmente aspetto.

Su resti romani sorgono vigne, orti e persino un palazzo. Quella villa, posta sull’estremità meridionale del colle del Quirinale, in una posizione decisamente privilegiata, inizia a fare gola a molti e non solo per la magnifica vista sulle vestigia imperiali della Roma dei Cesari, tra cui la misteriosa Torre delle Milizie.

LA FAMIGLIA VITELLI E L’ACQUISIZIONE DELLA VILLA

Tra i fan della futura Villa Aldobrandini c’è soprattutto monsignor Giulio Vitelli. Non si tratta di un modesto ecclesiastico ma di uno degli uomini più in vista della Città dei papi, discendente di una delle famiglie più antiche e potenti di Roma: quella dei Vitelli.

Nativi di Città di Castello in Umbria, i Vitelli, di origine contadine come ben tradisce lo stemma familiare su cui campeggia un vitello, si impongono nella prima metà del XV secolo, quando Niccolò Vitelli approfitta del fondamentale appoggio di papa Eugenio IV.

È grazie al pontefice che Niccolò ottiene importanti cariche politiche, tra cui quella di governatore a Todi e di podestà a Firenze.

A Roma i Vitelli lasciano la loro personalissima firma in diverse chiese, in particolare in San Marcello al Corso, i cui ricchi restauri, affidati a Giovan Battista Ricci, sono commissionati proprio da quel Giulio Vitelli che metterà gli occhi sulla villa dei Grimaldi, acquistandola nel 1566.

Vitelli, che prima di morire nel 1603 ricopre la carica di cardinal decano, è affascinato dalla villa, impreziosita da un giardino segreto e da un parco che si estende fino al palazzo del cardinale Scipione Borghese, in seguito divenuto palazzo Pallavicini Rospigliosi.

Largo Magnanapoli

Largo Magnanapoli

Il nuovo proprietario pensa in grande e affida i lavori Carlo Lambardi, il cui nome si lega anche a opere quali la facciata di Santa Francesca Romana ma anche a un libro sulle alluvioni del Tevere.

L’architetto aretino, sua anche la facciata di Santa Prisca, realizza nella villa di Monte Magnanapoli diversi lavori, tra cui l’ampliamento del portone principale del palazzo, sormontato da una elegante loggia.

Ma per la villa si avvicina un nuovo cambio di proprietà, ancora più autorevole.

GLI ALDOBRANDINI, I NUOVI ILLUSTRI PROPRIETARI DI VILLA ALDOBRANDINI

Nel 1600 il figlio di Giulio Vitelli, Clemente, decide di vendere la villa. A comprarla non è proprio uno qualunque ma, addirittura, un papa, Clemente VIII, al secolo Ippolito Aldobrandini.

Ma quell’acquisto è passeggero. L’anno dopo Clemente VIII dona la villa al nipote Pietro e sarà questi a conferire alla proprietà l’aspetto definitivo, foriero di tanta ammirazione.

Incarica per i lavori uno degli architetti più rinomati del momento, quel Giacomo della Porta, progettista di diverse chiese, sua quella del Gesù ma anche di numerose fontane, come quella del Moro, in piazza Navona o la curiosa Terrina, un tempo in Campo dei Fiori, oggi collocata in Corso Vittorio, davanti alla Chiesa Nuova.

I lavori, grazie anche alla munificenza dell’Aldobrandini, vanno avanti spediti e a un anno dal loro inizio sono terminati.

Villa Aldobrandini Roma, visite

I giardini di Villa Aldobrandini

Ma Pietro non solo ingrandisce la villa ma la impreziosisce con opere d’arte meravigliose che implementano la già ricca collezione di famiglia, arricchita dai lasciti della duchessa d’Urbino, Lucrezia d’Este.

Nelle diverse sale di palazzo Aldobrandini fanno bella mostra decine di tele, il meglio della pittura italiana. Bellini, Tiziano, Giorgione, Tintoretto, Veronese, Guercino ma anche Mantegna, Parmigianino, Antonello da Messina, Raffaello, Domenichino, sono solo alcuni dei nomi di grandi artisti che impreziosiscono Villa Aldobrandini.

Ma gli interventi promossi dal cardinale riguardano anche i giardini, abbelliti con statue romane e numerose reperti classici.

Ma, ancora una volta, si prospetta un nuovo passaggio di proprietà.

DAI PAMPHILJ AI LAVORI PER VIA NAZIONALE

La morte, il 10 febbraio 1621, di Pietro Aldobrandini segna profondamente il destino dell’amata villa che, non avendo il cardinale figli, dopo alcuni passaggi, finisce nelle mani di Olimpia Aldobrandini, figlia di un nipote di Pietro.

Olimpia è l’ultima discendente a potersi fregiare di quel cognome e quando muore, il 18 dicembre 1681 (ironia della sorte lo stesso giorno in cui decenni prima il futuro Clemente VIII era divenuto cardinale per mano di papa Sisto V) la villa passa nuovamente di mano.

A ereditarla sono i due figli di Olimpia che nati da mariti diversi, fanno di cognome Pamphili e Borghese. I nuovi padroni di Villa Aldobrandini iniziano una sistematica opera di spoliazione delle principali opere d’arte che vanno a impreziosire le proprietà di famiglia.

Per Villa Aldobrandini comincia un lento declino, segnato da nuovi avvicendamenti. Per un brevissimo periodo, dal 1811 al 1814, è sede del governatore francese de Miollis, passato alla storia per aver intimato a papa Pio VII di cedere le proprietà pontificie, ricevendo un netto rifiuto, plasticamente reso dal celebre, “non possiamo, non dobbiamo, non vogliamo”.

Con la partenza dei francesi, all’indomani della caduta di Napoleone, la villa torna agli Aldobrandini, il cui cognome è tornato in auge nel 1839, dopo la rinuncia di Camillo Borghese all’appellativo di famiglia in cambio di quello non meno celebre degli Aldobrandini.

Ma il ritorno sulla scena dei legittimi possessori non mette al sicuro la villa su cui si abbatte nefasta la mannaia della febbre edilizia, evento che sconvolge la neonata Capitale sul finire del XIX secolo.

A pagare il prezzo peggiore della frenesia costruttrice che interessa specialmente le aree a ridosso della Stazione Termini, tra cui la leggendaria Villa Ludovisi, cancellata per far posto alla nuova, fagocitante città.

Villa Aldobrandini non scompare ma è notevolmente ridimensionata, specie per i lavori per la creazione di via Nazionale. A farne le spese è la parte posta a nord, eliminata per fare spazio all’imponente muro di contenimento.

L’ultimo atto della plurisecolare storia della villa viene scritto nel 1926 quando diviene proprietà demaniale.

Negli anni Trenta, l’architetto Marcello Piacentini, uno dei protagonisti dell’Eur42, mette mano all’antica villa e, in particolar modo al palazzo che si affaccia su via Panisperna, oggi sede dell’Istituto Internazionale per l’Unificazione del Diritto Privato, aggiungendo un corpo in stile rinascimentale.

La villa è aperta tutti i giorni dalle 7.00 fino al tramonto, anche se è visitabile solo il parco al quale si accede dalla scenografica scalinata, opera dell’architetto Cesare Valle nel corso del secolo scorso.

 

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