Vino e arte, un binomio antico quanto ideale celebrato in un’imperdibile conferenza, Il vino nell’arte, dalla dottoressa Valeria Danesi che, in modo originale, ha voluto salutare l’imminente arrivo dell’autunno, la stagione del vino e dell’eterno rito della vendemmia.
IL VINO NELLA STORIA DELL’ARTE
Lo scorso 10 settembre, nella sede romana dell’associazione Bell’Italia88, la storica dell’arte Valeria Danesi ha tenuto una bellissima lezione sul rapporto fra il vino e l’arte, conducendo il pubblico presente attraverso un percorso affascinante fra opere d’arte e la bevanda più amata da sempre.
La prima tappa di questo viaggio eno-artistico, ha visto protagonista la divinità “vinicola” per antonomasia: Dioniso, meglio conosciuto come Bacco.
Al dio, nato da una coscia di Zeus, ennesimo figlio di una delle tante relazioni adulterine del signore dell’Olimpo, l’arte, a partire dall’antichità, ha sempre dedicato una particolare attenzione, come testimoniato da infinite rappresentazioni, specie vascolari.
Fra gli innumerevoli vasi spicca, per bellezza e originalità, il Vaso François, dal nome dell’archeologo che lo scoprì a Chiusi nel 1845.
L’originalità di questo cratere, oggi esposto al Museo Archeologico di Firenze, sta proprio nell’insolita iconografia di Bacco, mostrato, non come un giovinetto glabro, efebico e dalla sessualità decisamente ambigua, ma nelle vesti di un uomo adulto, la cui virilità è contrassegnata da una folta barba scura.
IL VINO NELL’ARTE PITTORICA: MICHELANGELO E NON SOLO
Diego Velázquez, “Trionfo di Bacco”, 1628-1629, olio su tela, Museo del Prado.
Bacco ha ispirato decine di artisti, tra cui Michelangelo che, nel 1496, realizza un Bacco dai tratti apollinei e qui la descrizione di Valeria si fa poesia, sottolineando la bellezza della scultura e il valore simbolico della stessa. Michelangelo ci mostra un Bacco nella sua immagine classica, giovane e sensuale, barcollante per l’ebbrezza incipiente, dietro il quale fa capolino un satiro, che, approfittando dello stato di Bacco, spilucca furbescamente un gustoso grappolo d’uva.
Impossibile, parlando di Bacco, non fare riferimento a Caravaggio e allo splendido olio che il pittore lombardo dipinse nel 1596 su commissione del cardinale Francesco Maria Del Monte.
Pur essendo un’opera giovanile molti dei topoi caravaggeschi sono largamente presenti, a partire dalle celeberrime trasparenze che tanto caratterizzeranno altri futuri dipinti.
In questa straordinaria carrellata sul vino nell’arte le opere descritte dalla storica sono tante e differenti fra loro, come nel Trionfo di Bacco del Velazquez.
Nel dipinto del pittore spagnolo, realizzato a partire dal 1628 e oggi esposto al museo del Prado, a colpire non è tanto la figura in sé del dio ma i soggetti che lo circondano.
Agli immancabili satiri fanno da contraltare una serie di personaggi, espressione di uno strato sociale decisamente popolare.
VINO E CRISTIANESIMO: UN LEGAME SIMBOLICO
A sinistra Caravaggio, “Bacco” (1596-1597), Galleria degli Uffizi. A destra particolare del “Cenacolo di Ognissanti” (1480) di Domenico Ghirlandaio, Museo del Cenacolo di Ognissanti, Firenze
Non solo Bacco. Nella conferenza è stato affrontato anche il rapporto fra vino e cristianesimo, un legame fortissimo perché il vino, come la vite, sono elementi strettamente connessi a Cristo.
E qui la lezione entra davvero nel vivo, attraverso l’esposizione di tre fondamentali filoni legati alla bevanda cara agli dei: il vino e il rapporto con le sacre scritture; il vino e le allegorie e, infine, il vino e la natura morta.
Nel primo ambito, fra le diverse opere presentate, emerge con forza lo splendido affresco di Michelangelo raffigurante L’ebbrezza di Noè.
Michelangelo Buonarroti, “L’ebbrezza di Noè”, 1508-10, affresco, Cappella Sistina, Musei Vaticani
Si tratta di una vicenda meno nota del patriarca, legata ai momenti immediatamente successivi al diluvio universale. Noè, scampato al terribile castigo divino, si lascia prendere dai piaceri del vino, appena scoperto, fino all’inevitabile ebbrezza. Soggiogato dalla nettarina bevanda, Noè si addormenta scandalosamente nudo e, in quella condizione viene trovato dai tre figli, Cam, Sem e Iafet.
Dall’Antico Testamento al Nuovo, dai racconti della Genesi a quelli dei Vangeli in cui il vino, a partire dal miracolo delle Nozze di Cana, diviene assoluto protagonista, legandosi alle ultime ore terrene di Cristo e divenendone simbolo vivente.
Inevitabile l’esposizione del tema dell’Ultima Cena, un racconto che, nel corso dei secoli, è stato declinato in vari modi da una miriade di artisti.
Ecco allora la doppia interpretazione del Ghirlandaio e poi quella del Veronese ma anche l’Ultima cena del manierista Federico Barocci, con accenti decisamente singolari.
Non solo dipinti. Fra le opere mostrate nel corso dell’incontro ci sono anche celebri sculture, come quelle di Benedetto Antelami, che a cavallo fra il XII e XIII il secolo, realizzò a Parma, città dove si formò, il superbo Ciclo dei mesi.
“Ciclo dei mesi” di Benedetto Antelami, particolare.
Che sia un’artista particolarmente caro alla relatrice lo si intuisce dalla passione con la quale descrive Settembre, all’epoca il mese tradizionalmente legato all’antico rito della vendemmia.
Il significato allegorico di questa attività è evidente. Si tratta, sottolinea la Danesi, del «simbolo per eccellenza della salvezza», del mezzo attraverso il quale il peccato originale viene sconfitto.
Pur nella stilizzazione delle forme, tipiche della scultura medievale, Antelami, e qui sta la sua grandezza, offre agli occhi dello spettatore una tipicizzazione dei personaggi davvero straordinaria, specie se rapportata ai tempi. Suggestivo, in tale ottica, è il particolare della cuffia indossata sul capo dal vendemmiatore.
La sua conferenza sul vino nell’arte è come un buon bicchiere di rosso, un piacere che si apprezza lentamente, sfruttando ognuno dei nostri sensi, a partire dalla vista per giungere, alla fine del percorso sensoriale, al trionfo del gusto.
E ora, come direbbero gli antichi romani, nunc est bibendum!
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