Definire quella di Gardone Riviera semplicemente la villa di Gabriele D’Annunzio vuol dire non rendere giustizia all’imponenza della dimora che il Vate si era scelto per trascorrere gli ultimi anni della sua vita. Se vi capita di visitare la provincia di Brescia e di passare qualche giorno sulla costa occidentale del bellissimo lago di Garda non potete perdervi il complesso monumentale in cui il poeta pescarese ha trascorso la sua esistenza tra il 1921 ed il 1938. Non si tratta, infatti, di un edificio tout court ma di un insieme di vie, piazze, sculture, costruzioni per cui lo stesso D’Annunzio aveva coniato il nome di Vittoriale degli Italiani.
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IL VITTORIALE DEGLI ITALIANI: LA STORIA
Se la vita diventa un’opera d’arte, se l’esistenza è piacere, lusso, eccentricità ed eccesso allora anche la dimora del Poeta-Vate doveva contemplare queste caratteristiche della sua effervescente personalità. Nel febbraio del 1921 D’Annunzio, in visita a Gardone Riviera, si innamora della villa appartenuta allo studioso d’arte Henry Thode. “Rimarrò qui qualche mese, per licenziare finalmente il Notturno“, scrive a sua moglie.
In realtà non lascerà mai l’abitazione, acquistandola poco dopo ed affidando all’architetto Giancarlo Maroni i lavori di ristrutturazione della villa. Dopo l’amarezza per la fine dell’impresa fiumana da lui condotta e a seguito della delusione per la firma del Trattato di Rapallo, Gabriele D’Annunzio decide di ritirarsi in una villa isolata, lontano dal resto del mondo.
Vittoriale: vista sul lago di Garda
Questo spazio imponente di 9 ettari con i cimeli di guerra, le fotografie, i libri, gli oggetti però non poteva rimanere di proprietà del Vate ma piuttosto doveva essere partecipato e condiviso con gli altri italiani.
Così nel dicembre del 1923 D’Annunzio dona “al popolo italiano” la sua dimora, acquistata due anni prima per 130.000 lire, scrivendo nell’atto di donazione di “preservare il meglio della mia vita in questa offerta all’Italia amata”[1]. Vi rimarrà a vivere fino al 1938, anno in cui viene colto dalla morte mentre è seduto nella Stanza della Zambracca.
COSA VEDERE NEL COMPLESSO MONUMENTALE
Dalla piazza si accede al complesso monumentale Il Vittoriale degli Italiani attraverso un primo ed un secondo arco che introducono al parco con il laghetto, i portici, i cortili, le piazze, i tempietti, le esedre ed il teatro. Sulla piazzetta Dalmata si apre il Museo L’Automobile è Femmina dove sono esposti due veicoli appartenuti al poeta: la Fiat tipo 4 che usò nel 1919 per dare avvio all’impresa di Fiume e la mitica Torpedo Isotta Fraschini di un bellissimo azzurro carico. Gli occhiali, lo spolverino, il berretto da automobilista sono alcuni degli oggetti appartenuti a D’Annunzio e presenti nello spazio espositivo.
Cosa vedere al Vittoriale
Ma il suo vivere inimitabile è scandito anche dalla presenza di autentici cimeli: l’aereo S.V.A., un biposto condiviso con il capitano Natale Palli con il quale nell’agosto del 1918 sorvolò Vienna, lanciando 40.000 volantini. Poi il MAS 96, il motoscafo utilizzato durante la celebre Beffa di Buccari qualche mese prima, nel febbraio 1918, quando, unitamente ad altri 2 scafi, D’Annunzio silurò i piroscafi austro-ungarici senza che questi ultimi si fossero accorti della presenza nemica.
Ma c’è anche la nave Puglia, rivolta verso l’Adriatico, mare in cui venne impiegata durante la Prima Guerra Mondiale e donata al poeta dalla Marina Militare nel 1923.
LA VILLA-MUSEO DI GABRIELE D’ANNUNZIO SULLE RIVE DEL GARDA
La casa vera e propria, la Prioria, è una casa-museo piena com’è di oggetti, cimeli, pezzi d’arte collocati esattamente come D’Annunzio aveva voluto. Spazi riempiti per sconfiggere quella paura del vuoto che ha percorso la vita artistica e personale del poeta. Diecimila pezzi e trentatremila libri mescolati alle frasi, ai motti, alle figure allegoriche presenti nelle stanze, sulle porte, sugli stipiti. Tutto è un “modo di rivelazione spirituale […]. Il mio amore d’Italia, il mio culto delle memorie, la mia aspirazione all’eroismo, il mio presentimento della Patria futura si manifestano qui in ogni ricerca di linee, in ogni accordo o disaccordo di colori’ [1].
Due sono le anticamere riservate agli ospiti, una per le persone gradite ed una riservata ai visitatori sgraditi del Vittoriale. E proprio in quest’ultima denominata la Stanza del Mascheraio il Vate fece apporre dei versi nel 1925 che recitano così:
Al visitatore / Teco porti lo specchio di Narciso? / Questo è piombato vetro, o mascheraio. / Aggiusta le tue maschere al tuo viso / ma pensa che sei vetro contro acciaio.
Ma per chi aveva composto quelle parole al vetriolo? Non ad un visitatore qualunque ma a Benito Mussolini che il 25 maggio del 1925 dovette aspettare D’Annunzio per parecchio tempo proprio in quell’anticamera, magari meditando sul significato neanche tanto recondito di quelle parole. Il Vate, d’altronde, non gli aveva perdonato il suo appoggio nel 1920 al Trattato di Rapallo con il quale veniva posta una pietra tombale sull’impresa fiumana. Mussolini, infatti, dalle pagine del Popolo d’Italia aveva definito “l’unica soluzione possibile” la firma per fare della città di Fiume un territorio libero.
Quello che colpisce della Prioria sono gli ambienti bui, le stoffe pesanti, le vetrate coperte per proteggere la vista del poeta che era rimasto gravemente ferito ad un occhio nel 1916 durante la Prima Guerra Mondiale.
LE STANZE DEL VITTORIALE
In ogni camera della villa è presente soltanto una luce soffusa che illumina a malapena le stanze, spazi scelti accuratamente per scandire i momenti quotidiani di vita del poeta. E così all’interno del Vittoriale degli Italiani si incontra la Stanza della Musica con i due pianoforti suonati dalla sua ultima compagna di vita, Luisa Bàccara, pianista ed insegnante di musica, la Stanza del Mappamondo con la libreria piena di volumi, la camera da letto denominata la Stanza della Leda, il bagno blu con a terra i tappeti persiani e pieno zeppo di oggetti collocati sulle mensole e sui ripiani.
Alcune delle stanze del Vittoriale
Si continua con la Stanza del Lebbroso, luogo in cui D’Annunzio era solito ritirarsi per meditare sulla morte durante gli anniversari della perdita della madre e della sua amante Eleonora Duse e poi la Stanza della Zambracca (anticamera della camera da letto) dove morì nel 1938 e lo studio ribattezzato l’Officina, l’unica stanza in cui entra la luce. Qui si accede attraverso un architrave così basso che è impossibile non chinare la testa, un omaggio doveroso all’Arte, al Genio ed alla Poesia. La scritta virgiliana hoc opus hic labor est (“qui sta l’impresa, qui è la fatica”) introduce a questo ambiente in cui si trova la testa velata della Duse, ex compagna e musa del poeta.
Infine si entra nella sala da pranzo denominata Stanza della Cheli per la presenza della tartaruga (in greco chelis) morta di indigestione nei giardini della villa. Un monito per gli ospiti che sedevano a quel tavolo osservando il carapace (autentico) del famelico rettile.
[1] Atto di donazione del 22 dicembre 1923SCOPRI I TOUR E LE VISITE GUIDATE AL VITTORIALE, GUARDA QUI!
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